Summer & Wiese – Ceramica d’autore austriaca
Per l’annuale appuntamento di Settembre la Ab Ovo Gallery presenta Roland Summer e Christina Wiese, due artisti austriaci che sono riusciti a trovare nell’affollato e spesso caotico mondo dell’arte ceramica contemporanea una loro voce, unica ed internazionalmente riconosciuta.
Comunicato stampa
PRESENTAZIONE
Per l'annuale appuntamento di Settembre la Ab Ovo Gallery presenta Roland Summer e Christina Wiese, due artisti austriaci che sono riusciti a trovare nell'affollato e spesso caotico mondo dell'arte ceramica contemporanea una loro voce, unica ed internazionalmente riconosciuta.
ROLAND SUMMER
Il carattere che a nostro avviso meglio esprime l'opera di Roland Summer è quello della lentezza. La sua si potrebbe definire una “slow ceramic”, un lavoro nel quale la variabile tempo assume il significato di accumulatore di energia, di meditazione sulla qualità ed estetica dell'opera da creare e che una volta raggiunto il momento più propizio trasmette alle mani quelle informazioni necessarie a realizzare vasi di una perfezione stilistica e tecnica di valore assoluto.
Roland Summer nasce in Austria e dopo studi di architettura presso l'Università di Graz sterza improvvisamente la sua carriera professionale verso l'arte della ceramica riuscendo in breve tempo a farsi posto nel gotha europeo e mondiale di questa disciplina artistica (i suoi lavori sono esposti in importanti musei, ha vinto vari premi internazionali e tra i suoi collezionisti annovera personaggi del calibro di Norman Foster, Robert Wilson ed il Duca di Devonshire).
Il suo lavoro si fonda su una grande padronanza tecnica che spazia dal raku alla terra sigillata; questa tecnica però è supportata da un'approccio preliminare all'opera fatto di meditazione, di elaborazione interiore, nella quale è facilmente riconoscibile l'influenza che l'Oriente ha avuto sulla sua formazione umana e professionale.
La sua produzione artistica si è quasi esclusivamente focalizzata sulla forma “vaso” alla quale Summer ha dato una rilettura in termini di perfezione estetica e strutturale consegnandoci oggi una nuova idea di un oggetto che, nel corso degli ultimi anni, era stato molto svilito da artisti tesi alla creazione di stucchevoli riproduzioni di temi classici o a ricerche sperimentali esclusivamente provocatorie.
La forza dell'opera di Summer, invece, è tutta interiore e sembra nascere da un progressivo vuoto che l'artista crea lentamente dentro di sé prima di dare voce alle mani ed alla loro antica sapienza. In questo procedimento riecheggiano, quasi come un manifesto dell'intera sua produzione, le parole del saggio cinese Lao Tse quando, nel Tao tê Ching, afferma: “...Plasmiamo la creta per formare un recipiente, ma è il vuoto centrale che rende utile un recipiente......Perciò il pieno ha una sua funzione, ma l'utilità essenziale appartiene al vuoto...”
La “slow ceramic” di Roland Summer si manifesta anche attraverso un uso molto parsimonioso del tornio. La maggior parte dei suoi vasi è realizzata mediante la tecnica del “colombino” che richiede grande precisione e pazienza nella costruzione dell'opera. Le pareti del vaso acquistano così il significato metaforico di una piccola scalata verso una cima conquistata centimetro dopo centimetro e sulla quale l'artista si ferma a guardare, soddisfatto, il lavoro finito.
Roland Summer ha nel corso degli anni perfezionato, tra le altre, una tecnica di lavorazione da lui ribattezzata “lost glaze” (o della “vetrificazione perduta”). Si tratta di un innovativo uso di smalti che vengono applicati durante la lavorazione e che conferiscono alla superficie dei vasi una lucentezza vitrea che ne amplifica volumi e forme.
Un altro ingrediente non trascurabile che agisce potente nel percorso creativo di Roland Summer è la sua grande curiosità di viaggiatore. Roland gira il mondo con l'obiettivo di aprire la sua mente a nuovi stimoli e contaminazioni annotando, da provetto reporter, ogni più piccolo dettaglio. Da questa passione è nato il suo innamoramento per l'Africa (ed il Sudan in particolare) che ha prodotto nel corso degli ultimi anni dei lavori di grande suggestione visiva, nei quali a temi classici sono stati accostati simbologie e colori tipici della grande cultura di “mamma Africa”; continente questo nel quale la forma “vaso” ha radici e valenze simboliche profondissime e ricche di tante sfumature, così stimolanti per un artista della sua sensibilità.
Per chiudere questa breve presentazione di Roland Summer ci piace citare un breve aneddoto che a nostro avviso bene sintetizza le sue qualità artistiche, tratto dal Libro di Chuang-Tzu, un altro grande pensatore cinese del 300 a.c.:
“Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno di un granchio. Chuang-Tzu gli disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e di una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato. «Ho bisogno di altri cinque anni» disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto.”
CHRISTINA WIESE
Christina Wiese è un'artista la cui opera è caratterizzata da una notevole complessità espressiva e tecnica. Nasce in Germania e dopo studi di design e di architettura presso l'Università di Graz si appassiona alla ceramica cercando e trovando con grande determinazione una sua precisa e notevole identità artistica.
Una personalità che si esprime attraverso un'approccio che , a differenza di Roland Summer, si concretizza in un atto esecutivo di grande istintività dal quale è bandito ogni rigore formale. Tra le varie coordinate lungo le quali si muove la sua produzione due sono, a nostro avviso, quelle che meglio individuano la complessità del suo lavoro: il tema del tempo e quello del simbolo.
Il primo è ben rappresentato dalla serie di “navi” che esprimono un'idea di “tempo” nella quale l'artista assume il ruolo di taumaturgo, di stregone capace di dar vita a tracce inanimate che riemergono casualmente dal passato .
Questi lavori si compongono di due momenti artistici: inizialmente Christina Wiese interviene direttamente creando il corpo centrale di galeoni, vascelli, caravelle in una ceramica dai tratti forti, irregolari che riproduce, in maniera volutamente artificiale, l'usura del tempo. Ma la magìa si compie in un secondo gesto col quale, a completamento dell'opera, vengono utilizzate piccole pietre, oggetti di ferro arrugginito, sassi di tufo che l'artista raccoglie durante passeggiate meditative “en plein air” nello splendido contesto della Carinzia, dove abita. Si crea così un felice equilibrio tra passato e presente, tra artificio e natura che rende queste navi, così scarne all'aspetto, magicamente cariche di numerose suggestioni, facendoci tornare come d'incanto a ricordi d'infanzia quando anche una piccola barchetta di carta era una nave di pirati ed una pozzanghera d'acqua piovana il più burrascoso dei mari in tempesta.
L'artista si propone, quindi, nella duplice veste di creatore ed interprete di senso alla ricerca di un fragile quanto affascinante equilibrio, ben rappresentato anche visivamente dalla struttura definitiva di queste navi.
L'altro tema che innerva profondamente l'arte di Christina Wiese è rappresentato dalla sua marcata simbologia. Christina ha dedicato una parte di tutto il suo lavoro a delle opere che prendono, appunto, il nome di “Symbolon” ma si può dire che, come per il concetto di tempo, questa idea pervada un po' tutta la sua produzione.
La Wiese assume il simbolo nel suo significato primordiale di “accumulatore di senso” (nell'antica Grecia “symbolon” era ognuna delle due parti in cui veniva spezzato l'unico anello nuziale che gli sposi si dividevano, da cui l'idea del “syn-ballein” come qualcosa che unisce rispetto al “dia-ballein” del diavolo che divide). E così giocando su forme e volumi ci propone costruzioni in ceramica che trovano il loro senso attraverso la composizione di più parti staccate: torri, quadri che raccolgono sassi, piccoli reperti animali e vegetali, contenitori che racchiudono sfere trasparenti e pietra focaia per accendere un fuoco.
La sua è, insomma, un'opera de-strutturata nella quale il gioco della ricomposizione coinvolge lo spettatore in una reciprocità che costituisce una ricchezza semantica ulteriore di una ceramica che non smette di affascinarci continuamente.
In conclusione di questa breve presentazione dell'arte di Roland Summer e Christina Wiese ci piace ricorrere ad alcuni versi che illustrano con la grazia della parola poetica, il piacere della visione di queste opere:
“Lieve, lieve, molto lieve
Un vento molto lieve passa,
e se ne va, sempre molto lieve.
E io non so cosa penso
Né cerco di saperlo.”
(Da “Una sola moltitudine”. Alberto Caeiro, eteronimo di Fernando Pessoa)