Massimo Melloni – Le vibrazioni delle trasparenze
Inaugura ad Artificio un’esposizione di opere di Massimo Melloni che ci trascina nel suo mondo di vibrazioni minime e di trasparenze ineffabili.
Comunicato stampa
LE VIBRAZIONI DELLE TRASPARENZE
Inaugura ad Artificio un’esposizione di opere di Massimo Melloni che ci trascina nel suo mondo di vibrazioni minime e di trasparenze ineffabili. Opere cariche del mistero di una pittura che non si concede allo spettatore ma che interviene nelle sue facoltà percettive per guidarlo nei territori del piacere
Costretto, quasi suo malgrado, a rendere pubblico il risultato degli ultimi anni del suo lavoro, in occasione della recentissima pubblicazione di un catalogo delle sue opere dal 2007 a oggi, Massimo Melloni espone questi suoi lavori ad Artificio.
Dice Massimo Riposati - curatore della mostra - nella presentazione del catalogo “Quando la ragione si separa dal cuore, può essere anche il risveglio della ragione a generare mostri.
Dal cuore come organo capace di dare spazio alle emozioni, di divenire teatro per le osservazioni delle variazioni minime, intuibili più che comprensibili.
La ragione senza cuore non è più intelletto ma speculazione, non è conoscenza ma informazione, è un improbabile Galileo senza dignità, è un Cartesio senza il fascino dell’errore e del dubbio, nel cui esercizio l’uomo riscopre la propria esistenza.
Nell’opera di Massimo Melloni c’è un invito a condividere le sue emozioni, a renderci partecipi del suo lavoro sottile alla ricerca di vibrazioni minime, di trasparenze ineffabili, di sottigliezze derivate dal pudore mite con cui si lascia trasportare dal colore.
Per accentuare al massimo queste sensazioni Melloni opera una foderatura delle superfici dei suoi lavori, tele o tavole, con garze esilissime, capaci di assorbire il colore e di rendere le trasparenze sensibili e dalla evidenza filtrata, quasi un rito di passaggio da una pittura descrittiva ed analitica ad una evocativa e sensoriale.
I suoi colori si incontrano senza scontrarsi, si corteggiano e si posseggono con discrezione e la quantità emozionale domina sulla pura intensità cromatica.
Della lezione dell’informale Melloni assume le campiture che nascondono l’immagine sottesa, sottraggono l’evidente e lo ripropongono modificato e rileggibile alla luce della nostra interpretazione: per osservare il suo lavoro occorre partecipare affidandoci all’emozione ed intervenendo in aiuto agli occhi autori della prima lettura. Un’arte informale dove il rifiuto della forma si afferma come una negazione del principio della ragione. Non assenti le eco lontane di un surrealismo che aveva dato spazio al paesaggio onirico ed alla spontaneità del gesto automatico.
Più evidenti appaiono i riferimenti alla poetica dell’astrazione lirica, come Georges Mathieu nell’immediato dopoguerra chiamò quella corrente dell’arte che recuperava il calore pittorico attraverso i valori dell’emozione e delle inquietudini, soprattutto alla visione minimale di Paul Klee ed all’immaginario di Kandinskij.
In Melloni comunque il colore predominerà sempre sulle forme, di cui sono avvertibili le tracce sedimentate nella sua memoria, e quando un velame nero o bianco ne smorza i colori ci si accorge che usa queste campiture agli antipodi del monocromo per rivelare le immagini nascoste nell’ombra attraverso i riflessi colorati della luce discreta.
Sotto al nero, dietro al nero, sotto o dietro al bianco emergono le immagini che si collocano tra noi ed il quadro, abitanti di un mondo che si evidenzia o si dissolve in un processo permanente, evidenziando dettagli disposti di lì a poco a farsi da parte per farne emergere altri.
Spesso lampi di luce violenta squarciano l’opera, ed allora si avverte la sensazione della vetrata, immagini /luce folgoranti, albe improvvise che emergono nella notte del nero.
Un nero che suona con accenti diversi, accogliente a volte, respingente in alcuni casi, ma sempre carico del mistero di una pittura che non si concede allo spettatore ma che interviene nelle sue facoltà percettive per guidarlo nei territori del piacere.”
La sera dell’inaugurazione alle ore 20
Massimo Di Leo, Evelina Nazzari e Gaia Riposati con la regia di Riposati e Bancale, porteranno in scena una mise en espace originale ispirata al pensiero dei poeti e gli artisti che abitano il mondo di Melloni, da Goethe a Kandinskij.
Massimo Melloni nasce a Roma nel 1955.
Vive e lavora a Bracciano.
Cenni autobiografici di Massimo Melloni:
“12 anni: stupore per Guernica, copiato e ricopiato, stupore per l'entusiasmo dell'insegnante di disegno.
Viaggio di famiglia a Parigi: commosso di fronte a Rouault e in fuga con Gauguin.
Poi Matisse, Klee, un catalogo completo in regalo, un miracolo. E Wols e Kandinskij.
I giganti di Moore a Firenze, l'ultima luce di Morandi, le traballanti geometrie di Licini.
Poi Rothko...” .
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