Vito Vaccaro
La Provincia Regionale di Palermo accoglie un’antologica di Vito Vaccaro nella sua città natale dove frequentò l’Accademia sotto la guida di Mario Rutelli e dove ricevette i primi riconoscimenti.
Comunicato stampa
La Provincia Regionale di Palermo accoglie un’antologica di Vito Vaccaro nella sua città natale dove frequentò l’Accademia sotto la guida di Mario Rutelli e dove ricevette i primi riconoscimenti.
Si trasferì a Milano nel 1920 entrando a far parte della cerchia degli artisti milanesi e vi operò fino al 1960, anno della sua scomparsa.
A Palazzo Sant’Elia vengono proposti disegni, bronzi di finezza plastica (”Bimba col cerchio” “L’offerta”) e opere pittoriche (ritratti, figure, nudi, paesaggi, nature morte) che, con pennellate decise e ricchezza di controluce, restituiscono il sentimento e l’atmosfera del momento.
Legato alla matrice meridionale del verismo di fine ottocento, Vaccaro ha esposto più volte alla Reale Accademia braidense, alla Biennale di Venezia, all’Esposizione Internazionale di Belle Arti di Roma , alle varie mostre Interprovinciali di Milano e ha realizzato molteplici personali.
VITO VACCARO (Palermo 1887 - Milano 1960) fu pittore e scultore. Studiò all’accademia di Belle Arti di Palermo e fu allievo di Marco Rutelli.
Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale si stabilì a Milano dove rivelò in pieno le sue capacità e dove entrò a far parte della cerchia degli artisti cittadini.
Partecipò all’Esposizione Nazionale della Reale Accademia di Brera 1923 - Milano, alla Seconda Biennale Romana 1924, alla Prima Mostra Marinara 1925 - Roma, alla XV Mostra Internazionale di Venezia 1926, alla Seconda Mostra del Sindacato Lombardo Fascista 1929 - Milano, alla II Biennale Romana 1928. Molteplici furono le personali a Milano. Galleria Vinciana, Galleria Geri, Galleria Bolzani e alle varie gallerie delle province lombarde.
I temi pittorici furono molteplici, nature morte, paesaggi, composizioni con figure. Spaziò dalla pittura ad olio all’acquerello e al pastello: ogni lavoro evidenzia l’accuratezza del disegno e la forza del colore che fanno vibrare ora la dolcezza di un bambino, ora l’intensità di un vecchio, ora le luci e le ombre di una natura morta.
Tra le opere pittoriche ricordiamo: Balilla - Sosta al porto di Genova - Piroscafo rosso.
Tra i pastelli: Ricordi - Mendicante - Vecchia contadina.
Tra le sculture: Maternità, Bimbo che ride- La portatrice di uva - Montanaro.
Molteplici i monumenti realizzati al cimitero Monumentale di Milano tra cui spicca una stupenda Pietà. Fra le mostre postume sono da ricordare a Bergamo, “I Mostra Artisti Scomparsi” 1963 - “Salone della Consulta”; a Milano 1974 Palazzo del Turismo.
Palermo, Palazzo Sant’Elia (via Maqueda, 81)
28 ottobre-27 novembre
Orario: da martedì a sabato 10.00/18.30 – domenica e festivi 9.30/13.00
Ingresso libero
Info: URP 091-6628290 / 091-6628450 – www.provincia.palermo.it
Catalogo Edizioni Gabriele Mazzotta (www.mazzotta.it)
pagine 120, illustrazioni 112, Euro 25,00
Il volume contiene, il saggio critico di Domenico Montalto (Fra verismo e classicismo. Accademia e modernità nell’opera di Vito Vaccaro), una testimonianza di Marcello Cesa-Bianchi (Vito Vaccaro, un artista che ha saputo assimilare ed esprimere i valori della cultura meridionale e di quella milanese.) e un ricordo della figlia Gioietta.
Nel volume sono pubblicate a colori e in bianco e nero 25 sculture, 80 dipinti e 60 disegni. Una selezione di queste opere sarà esposta a Palazzo Sant’Elia di Palermo dal 28 ottobre 2011.
Ufficio stampa Mazzotta Alessandra Pozzi
Tel. 3385965789, ufficio [email protected]
FRA VERISMO E CLASSICISMO:
ACCADEMIA E MODERNITA’
NELL’OPERA DI VITO VACCARO
Vaccaro è uno dei maestri del Verismo italiano del tardo Ottocento, nella sua versione meridionalista. L’opera di Vaccaro va infatti interpretata in relazione all’esperienza e alla lezione di artisti del Sud Italia come Filippo Palizzi, Giuseppe De Nittis, Francesco Paolo Michetti, Michele Cammarano, Vincenzo Gemito, che seppero intercettare le epocali novità del moderno tramite una poetica figurativa caratterizzata da un attento studio della realtà e da una ricerca del vero sentita come suggerimento di genere ma anche e soprattutto come scelta etica.
Scuola napoletana e Scuola palermitana sono perciò l’ambito ideale in cui Vito, ragazzo irrequieto dal talento chiarissimo (era nato il 15 aprile 1887), comincia la propria formazione intraprendendo quell’avventura artistica che, dopo la parentesi della Prima Guerra mondiale, lo porterà ad affermarsi a Milano, esattamente com’era accaduto alcuni anni prima a un suo illustre conterraneo, lo scrittore Giovanni Verga.
Inizialmente il suo interesse è tutto per la scultura: è principalmente l’arte plastica che lo fa subito apprezzare nel milieu artistico palermitano, come attestano fonti, cronache e documenti dell’epoca. Dopo il periodo della Grande guerra, che Vaccaro combatte col grado di tenente sul fronte italiano in Serbia, l’artista si trasferisce a Milano nel 1920, dove prosegue la carriera di scultore e di insegnante, prendendo studio in un ampio locale al piano terra di Via Solferino 28, nel vecchio quartiere di Brera.
Inizia qui per lui un lungo periodo critica e professionale. Gli anni Venti sono per lui fecondi di soddisfazioni. Vaccaro frequenta l’ambiente artistico cittadino, conosce i maestri del momento, partecipa a concorsi, espone più volte alla Reale Accademia braidense, alla Famiglia Artistica e in città capitali dell’arte come Venezia, Torino, Roma.
Gli Anni Venti e Trenta segnano l’apice di Vaccaro quale artista plastico. Nel 1922, la suddetta opera Bambino che ride, memore dei modi del realismo d’età classica romana, viene citata addirittura da la Revue Moderne Illustrée di Parigi.
Giudizio pienamente confermato da varie opere plastiche di quel periodo come Il ghiottone (bronzo, 1920), Innocenza (meraviglioso marmo del 1921), la Portatrice d’uva (bronzo, 1923), Bimba con cerchio (bronzo, 1925), Bambino al mare (gesso dello stesso anno), la dolente Seconda maternità (bronzo, 1926), L’offerta (bronzo, 1928): una ravvicinatissima suite di piccoli capolavori in cui Vaccaro dimostra di maneggiare da padrone – con immagini infantili di somma tenerezza e perfezione, con la cura del modellato e delle superfici – la scultura “di genere”, la lezione “minore” che dall’Ellenismo e dalla tarda antichità giunge fino alla scultura napoletana dell’Ottocento.
Notevole è un “trittico” bronzeo di tema zoomorfo (Pecora, Cavallo e Cane), dalle mirabili patine, eseguito fra il 1930 e il 1938, che documenta la predisposizione di Vaccaro per i soggetti “bassi”, non epici. Meno pittoricistiche e più levigate, ma sempre comunque vivide sono alcune figure che confermano Vaccaro quale maestro della fisiognomica e della rappresentazione dei sentimenti: il concentrato e piacente Volto di donna (bronzo del 1920), la Testa di vecchia (gesso del 1921, frontale come un’erma antica), il Pensiero lontano (gesso datato 1925, dove la giovane modella ci appare mesta e assorta), Civetteria (gesso 1930, magistrale e misurato nel ritrarre una ragazza nuda allo specchio).
A queste opere, tutt’ora visibili in loco, si affiancano negli anni a seguire varie realizzazioni scultoree di carattere cimiteriale, progettate per il camposanto Monumentale di Milano, vera e propria “città dei morti” che fu anche laboratorio della scultura italiana del XX secolo. Si tratta di opere in cui Vaccaro denota un’assimilazione libera e originale degli stilemi novecenteschi, dal simbolismo al classicismo Anni ’30, un complesso retaggio culturale evidente nel Cristo bronzeo, in una stupenda figura allegorica femminile (una fanciulla recante una lucerna e raffigurante presumibilmente la fede cristiana), dalla raffinatissima esecuzione, nella monumentale e solenne Pietà eseguita per il sepolcro della famiglia Dal Molin.
Il biennio 1925-26 segna presumibilmente l’esordio della stagione pittorica di Vaccaro, il quale – sospinto anche dall’attività didattica di docente – si dedica per tre decenni, praticamente sino alla fine della vita (l’ultima opera datata conosciuta è del 1957, La chiesa di Sant’Angelo a Milano) ai filoni tematici propri della tradizione da cavalletto: ritratti, figure, nudi, nature morte, paesaggi e vedute, in special modo di Milano.
La produzione di questo periodo a olio e acquerello di Vaccaro consta di quadri di medio o piccolo formato, connotati da una gestualità veloce, sommaria, fluida, vibrante, in una materia a volte magra a volte più corposa ma sempre mirando a restituire l’incanto, l’atmosfera, il sentimento intimo del momento.
Nel corso degli anni ’40 compaiono e ricorrono i temi da interno come quali la figura in posa e della natura morta, come in Bimba con fiocco, La lettura, Nudo (reso particolare da un trattamento a piccoli tocchi, quasi alla Seurat), L’arancia sbucciata, l’opulenta Natura morta con mele, Brocca e vaso rosso, Natura morta con fiori. Evidenti affinità d’ambientazione e d’atmosfera presentano Nonna e nipote e Bimba con brocca, entrambi del 1945, una virtuosistica esecuzione che traduce sentimenti di dolce intimità domestica.
Tutti soggetti, questi, che seguitano anche nel volgere degli Anni Cinquanta, in pratica nella fase della maturità ultima di Vaccaro, accompagnati però da una preponderante tematica paesaggistica. Innumerevoli sono i dipinti in cui l’artista ritrae la sua amata Milano, fornendo una documentazione che oggi si rivela indispensabile per respirare l’atmosfera meneghina ormai scomparsa, qual era prima della grande trasformazione urbanistica postbellica e degli anni del boom economico. Angoli di una Milano poetica e familiare, a volte brumosa come in Corso Vittorio Emanuele, dove la mole del Duomo, vista attraverso il vaporoso tremolio atmosferico, ricorda emblematicamente le gigantesche cattedrali di Monet e di Ensor.. Altrettanto partecipati sono soggetti quali Il Naviglio (1950), La Martesana all’inizio di Via Melchiorre Gioia (dello stesso anno) e Autunno a Villa Simonetta, tre quadretti caratterizzati dalla maniera rapida, dal mirabile virtuosismo.
L’eccezionale personalità di Vaccaro quale vedutista si apprezza in una serie di dipinti en plein air eseguiti sul posto durante le vacanze con la famiglia o le gite fuori porta. Flagrante trittico ligure è formato da quadri come Ombrelloni e vele, Il Porto di Santa Margherita Ligure e La spiaggia di Santa Margherita, realizzati fra il 1951 e il 1957.
In questi anni, Vaccaro è ormai un artista noto e affermato, e i suoi lavori sono costosi: nel maggio 1945, una sua opera intitolata La Vergine (un aggraziato profilo muliebre del 1935 fuso in bronzo) presentata in una mostra d’arte sacra all’Angelicum di Milano, viene valutata 4.000 lire, come si evince da una lettera dell’ufficio vendite all’artista.
Una militanza artistica e pittorica, quella di Vaccaro, conclamata in ambiente milanese da importanti esposizioni personali, come quella tenutasi nel 1951 presso la Galleria Balzani, fino al declino fisico cominciato nel 1953, quando l’autore (che si spegnerà nel 1960) chiude lo studio rompendo i gessi e distruggendo tutto il materiale inerente la sua storia, salvo i quadri e le opere conservate in famiglia, che formano ora il corpus di questa monografia.
A conclusione di questo excursus, possiamo a ragion veduta affermare che questa riscoperta postuma della figura di Vito Vaccaro – artista versatile, gran disegnatore, scultore di certificabili mezzi, squisito colorista – aggiunge una tessera ragguardevole, dovuta e attesa al mosaico dell’arte italiana del Novecento, svelando le qualità umane ed espressive di un protagonista che merita un proprio posto nella gerarchia valoriale del suo tempo.
Tratto dal testo in catalogo di Domenico Montalto