Roberto Capucci e l’antico

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO DI SANTA GIULIA
Via Musei 81/b, Brescia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

tutti i giorni ore 9.30 – 17.30 . chiuso tutti i lunedì non festivi

Vernissage
17/11/2011

ore 19

Contatti
Email: santagiulia@bresciamusei.com
Sito web: http://www.robertocapuccielantico.com
Biglietti

intero € 8,00 . ridotto € 6,00 (per gruppi da 10 a 25 persone e convenzionati). Visitatori da 14 e 18 anni e oltre 65 anni € 4,00 - scuole € 3,00 (si concedono 2 gratuità insegnanti e/o accompagnatori per ogni scolaresca con l’aggiunta dell’eventuale insegnante di sostegno o assistente per lo studente disabile. Nel caso gli accompagnatori delle scolaresche siano più di due, si applicherà a questi l’ingresso ridotto a € 6,00). Ingresso + didattica € 4,50

Patrocini

promosso da:

Fondazione Giacomini Meo Fiorot Onlus – Musei Mazzucchelli

in collaborazione con: Fondazione Roberto Capucci; Fondazione Brescia Musei; Comune di Brescia

Editori
ALLEMANDI
Uffici stampa
ADICORBETTA
Generi
archeologia, design, arte contemporanea

Un incontro tra arte, archeologia e moda; le “sculture in tessuto” di Roberto Capucci vivranno all’interno del Museo di Santa Giulia raccontando il processo creativo ispirato al mondo antico di uno dei maestri della moda e del made in Italy.

Comunicato stampa

Comune di Brescia e Fondazione Giacomini Meo Fiorot-Musei Mazzucchelli,
in collaborazione con Fondazione Roberto Capucci e Fondazione Brescia Musei
presentano
ROBERTO CAPUCCI E L’ANTICO. OMAGGIO ALLA VITTORIA ALATA
presso il Museo di Santa Giulia a Brescia,
la prima grande mostra dedicata al rapporto tra alta moda e antico
a cura di Massimiliano Capella e Francesca Morandini
dal 19 novembre 2011 al 18 marzo 2012.
Un incontro tra arte, archeologia e moda; le “sculture in tessuto” di Roberto Capucci vivranno all’interno del Museo di
Santa Giulia raccontando il processo creativo ispirato al mondo antico di uno dei maestri della moda e del made in
Italy.
L’esposizione include 31 straordinari abiti-scultura e 10 inediti bozzetti e si distribuirà all’interno del Museo di Santa
Giulia, iscritto dal 25 giugno 2011 nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Questo incontro, reale e
affascinante, tra antico e moderno si dipana nelle sezioni dell’Età Romana, Alto Medievale, nelle suggestive Domus
dell’Ortaglia, nella Basilica longobarda di San Salvatore e nel Coro delle Monache, trionfo rinascimentale.
“Rivitalizzare i luoghi della cultura, attualizzarli con “performances” anche non convenzionali”, è secondo Francesca
Ghedini, docente di Archeologia Classica presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Padova, il valore
aggiunto di questo evento: “un’operazione che si qualifica subito per la forte impronta culturale: l’antico non è solo un
palcoscenico per il moderno. […] Qui antico e moderno si toccano e si compenetrano sotto l’egida dell’immortalità
della bellezza. L’esposizione delle creazioni di Capucci è pensata e proposta, all’interno di Santa Giulia Museo della
Città, perché fra ciascun abito e il contesto in cui è inserito si stabilisca un dialogo fitto e continuo, un dialogo che
possa suggerire associazioni e confronti non solo allo studioso o all’esperto di arte antica e moderna, ma anche, e
soprattutto, al visitatore.”
La mostra, curata da Massimiliano Capella e Francesca Morandini, sarà articolata in cinque sezioni:
L’Antico. Gli Ordini Architettonici. Le Stagioni. Fuoco, Terra, Aria e Acqua e Omaggio alla Vittoria Alata. Di
quest’ultima sezione è protagonista l’inedito abito-scultura che Roberto Capucci ha voluto dedicare alla Vittoria Alata,
bronzo del I secolo d. C., simbolo del Museo e della città di Brescia.
L’antico si profila come leitmotiv della produzione di Capucci e come scelta cruciale del suo processo creativo, è lo
stesso Capucci ad affermare: “i miei vestiti prendono a prestito dalla natura foglie, corolle, farfalle, insieme ai pepli
delle statue antiche […]”, gli echi dell’antico si ritrovano in opere come l’Abito dorico, in raso beige modellato come
una colonna con cinta di foglie (1978-1979), il Capitello corinzio, in charmeuse plissé beige con corpino ricoperto di
foglie verde-oro stile corinzio (1989) o come il Capitello a paniere (1989) in mikado bianco con corpino a ventaglio in
lamé a intarsi oro e argento, memore delle ornamentazioni a mosaico bizantini.
Massimiliano Capella, direttore dei Musei Mazzucchelli e ideatore del progetto, ripercorre il significato dell’Omaggio
alla Vittoria Alata da parte di Roberto Capucci:
“Nel marzo del 2011 l’incontro tra Roberto Capucci e la scultura simbolo della città di Brescia dà vita a 9 diverse
illustrazioni (matite colorate e grafite su carta Fabriano, 50x70 cm, in mostra), stese nell’arco di un'unica giornata,
sintesi delle diverse interpretazioni del panneggio antico, del chitóne e dell’himàtion. La linea tratteggiata è sempre
molto precisa, il disegno si fa più marcato quando Capucci deve rendere la materia più consistente di taffetas, crêpe,
sauvage o mikado, mentre si alleggerisce in uno sfumato per materiali più aerei quali georgette e organza. La scelta
di ritrarre il corpo immaginario quasi sempre di profilo consente di sviluppare al meglio sulla carta l’invenzione delle
ali, parte fondamentale della Vittoria bresciana.
Dal progetto all’opera: la veste drappeggiata, sottilissima e probabilmente bagnata della Vittoria viene interpretata
nell’abito-scultura con 25 metri di georgette di seta e 17 metri di mikado in tre diverse tonalità di verde, una di mauve
e una di bronzo. In georgette sono la gonna-manto, le maniche e l’ampia scollatura, unica citazione fedele del
chitóne della Vittoria, mentre per creare un contrasto cromatico e materico con la leggerezza della georgette Capucci
sceglie il mikado mauve per la sottogonna rigida, per l’alta cinta e per le ali. Quest’ultime, doppiate e riccamente
drappeggiate nei colori del mauve e del bronzo, si inseriscono nella scollatura posteriore sottolineandone il profondo
taglio a V, contrapposto al taglio piramidale conferito dalle due code, sempre in georgette, che partendo dalle
maniche si sviluppano fino a terra, amplificando il volume dell’abito-scultura”.
La statua dalla quale parte questo progetto esercita il suo fascino da diversi secoli; come spiega Francesca
Morandini, responsabile delle collezioni e delle aree archeologiche del Comune di Brescia: il bronzo “riproduce una
divinità femminile che, in origine e completa degli attributi oggi mancanti, ha appena inciso con uno stilo sullo scudo
[…], il nome di una vittoria militare o di un importante personaggio. […] Il corpo, formoso e sinuoso, è vestito da un
leggero chitone lungo sino ai piedi, trattenuto all'altezza delle spalle da due fermagli non più conservati, forse in
materiale differente dal bronzo; il gesto del braccio destro ha provocato la discesa del chitone e ha ampliato la
scollatura, lasciando intravvedere il seno. La veste aderisce al corpo come se fosse bagnata. I fianchi e le gambe
sono avvolti in un himation di maggiore consistenza tessile, che con profonde pieghe e drappeggi pesanti crea un
voluto contrasto, anche chiaroscurale, con il torso della divinità […] I capelli sono raccolti sulla nuca, divisi con una
scriminatura centrale, trattenuti superiormente da un diadema a fascia con inserite ad agemina foglie di ulivo in
argento e rame, sono più soffici e scomposti sulle orecchie e verso lo chignon. Caratterizzano l'insieme della figura le
due grandi ali piumate, fortuna di questa statua e nello stesso tempo motivo di grande discussione in merito alla sua
origine e alla sua storia. Sin dal momento della scoperta, avvenuta il 21 luglio 1826 presso l'antico tempio dedicato a
Vespasiano nel 73 d. C., in molti accorsero a ammirare la statua, eruditi locali e studiosi, anche dall'estero, dando
vita alle numerose interpretazioni che ancora oggi continuano ad alimentare il fascino di questa straordinario bronzo”.
Tra gli abiti in mostra figureranno:
. varie versioni del Peplo, ideato nel 1973 come abito in georgette ecru bordato di rosso scuro, dalle linee
tradizionali, emblema dell’ispirazione alla natura e all’antico, presentato nelle antiche stanze delle domus romane;
. l’abito da sera Farfallone, un arcobaleno di colori in taffetas plissé, presentato a New York nel 1985, ed esposto in
quest’occasione nel rinascimentale Coro delle monache;
. l’abito-scultura Vestale, personalissimo omaggio di Capucci a Maria Callas, in taffetas di seta con una coda di oltre
dieci metri, andato in scena nel 1986 all’Arena di Verona, esposto nel Coro delle monache.
Il catalogo, edito da Allemandi, conterrà testi e approfondimenti sui temi della moda e dell’archeologia di
Massimiliano Capella, Giusi Ferrè, Silvia Venturini Fendi, Francesca Morandini, Francesca Ghedini, Enrico Minio e
Raffaella Sgubin.
Roberto Capucci biografia:
Dopo aver frequentato il Liceo artistico, studia all'Accademia di Belle Arti di Roma, sua città natale. Nel 1950 fonda la
sua casa di moda e già nel 1956, a soli ventisette anni, il grande stilista francese Christian Dior lo definì
pubblicamente in un'intervista a Vogue "il miglior creatore della moda italiana", per l'assoluta originalità delle sue
creazioni che in seguito la critica, pressoché unanimemente, considererà vere e proprie "sculture in tessuto". Nel
1962 aprì un atelier a Parigi, dove venne accolto fra clamori ed entusiasmi, ricevendo critiche positive da parte della
stampa e l’onore di essere il primo artista italiano a cui sia stato chiesto di "firmare" un prodotto. Il 1968 vede il suo
definitivo rientro in Italia, a Roma, nell'atelier di via Gregoriana; nel 1970 Pier Paolo Pasolini gli chiese di realizzare
gli abiti di Silvana Mangano e di Terence Stamp per il film Teorema (film). Dal 1980 si separa dalle grandi istituzioni
della moda proponendosi di disegnare una sola collezione di "alta moda" (non si è mai dedicato al prêt-à-porter)
all’anno e di presentarla ogni volta in una città diversa. I suoi abiti sono stati indossati da moltissime celebrità e,
soprattutto nelle cerimonie, da tante donne dell'alta società italiana ed europea. Tra gli abiti più famosi c'è quello
indossato da Rita Levi-Montalcini in occasione del conferimento del Nobel per la medicina del 1986.