Manlio Sacco – Sul segno degli artisti#9
Dodici artisti presentati, nell’arco di un anno, con 12 lavori ciascuno e raccolti in un catalogo annuale. Lo zodiaco costituirà ciclicamente per 12 anni l’imprevedibile percorso di una lunga mostra sul segno astrale di 144 artisti prescelti, per un ammontare cabalistico di 1728 opere da esporre.
Comunicato stampa
Dodici artisti da presentare nell'arco di un anno con 12 lavori ciascuno. Alla fine dell'anno sarà pubblicato un catalogo edito dalla Salarchi Immagini, nel segno degli (astri) artisti prescelti, con 144 opere: esso costituirà ciclicamente per dodici anni il corpo ideale di una sinestesia simbolica da deporre nella collana editoriale "Sul segno degli artisti" in dodici volumi, per un ammontare cabalistico di 1728 opere d'arte esposte, prodotte da 144 artisti.
Sabato 3 dicembre, alle ore 19, alla Galleria degli Archi di Comiso, ci sarà il nono appuntamento con “Sul segno degli artisti”: saranno visibili i lavori di Manlio Sacco che ci presenta la sua ultima ricerca correlata all’urgenza di volere rappresentare la realtà come qualcosa di flebile, di estremamente incerta e transitoria, così come emerge pure dall’uso dispotico dei linguaggi dell’arte contemporanea, bloccata dentro la categoria interpretativa dell’assoluto presente, dell’essere per forza sincrono… Si finisce, quasi sempre, tra scandali orditi e fughe in avanti, paradossalmente, con il rivendicare la propria inattualità, se si vuole veramente influire sul proprio tempo. È quello che fa Manlio Sacco quando dichiara «la mia ricerca in questo momento si dedica spessissimo alla rappresentazione di rami, trovati qua e là durante attive passeggiate; molti sono stati recuperati nei boschi dell’Etna». E poi continua ad esplicitare la sua poetica inattuale come l’unica via necessaria per ottenere la consapevolezza del potere essere, nell’arte e nell’assoluto continuo battito dell’eterno, l’artefice della successione atemporale di passato, presente e futuro:
«Attorno al lago di Nemi, nel Lazio, si estende un bosco che ha lo stesso nome. Secondo la mitologia in quel bosco c'è un albero che possiede un ramo d'oro. Il sacerdote del tempio di Diana, cui il bosco è dedicato, protegge il ramo sino alla morte; il giovane schiavo, infatti, che vuole succedergli nell'incarico di sacerdote deve fare suo il meraviglioso ramo, sconfiggendo e uccidendo il sacerdote stesso. Apprendo questa storia da Il ramo d'oro dell'antropologo James Frazer […] Credo che la storia del ramo d'oro, cui accennavo prima, sia simbolica del periodo storico/sociale che la mia generazione malvive. La possibilità di farsi carico di un presente e quindi di un futuro dignitoso, si scontra con l'errore di chi ci ha preceduto. L'acquisizione del futuro e la presa di coscienza di un sé possibile perde di continuità fra il passato e il presente/futuro. Chi ha avuto in mano il ramo lo difende fino a morire; chi ora lo vuole, sa che solo tramite un atto macabro e violento può conquistarlo. In questa azione violenta può realizzarsi l'incrinatura che vive fra le generazioni passate e quelle odierne. […] Nei miei lavori compaiono spesso dei rami appesi o comunque evidenziati su un muro/fondo. Ipotizzo di avere acquisito il ramo, e messo in bella mostra. Nel gioco tra reale e virtuale, nasce la volontà di possedere veramente quel ramo e la difficoltà di sentirsi capaci a possederlo. Il ramo e il tronco in generale, in altra analisi sono la rappresentazione dell'artista a dirla alla Klee, mette in relazione la parte nascosta, la radice scura che affonda e la parte aerea e delle foglie che rivuole aria e vita. Il ramo è comunque braccio e materialmente simile ad un pennello, è la forza attiva. Queste sono alcune delle spiegazioni che mi do rispetto alla mia scelta di rappresentarli, tuttavia il piacere primo è quello del ritrovamento di una vita che fu e di cui non bisogna perdere le tracce, voglia di comunione di custodia, esperienza che è stata e nuova luce che la rimette agli occhi. […] La voglia di custodire tutto ciò che è fragile, e che da vita anche ad una farfalla, ad una piuma appesa al muro che mi guarda come in un autoritratto, per me diventa la compagna d'avventura».
Il giovane pittore palermitano ritorna dopo sette anni a Comiso (nella città di Diana, per l’appunto, dove ha debuttato con una personale nel 2004) con dei lavori delicati, dal forte richiamo simbolico, contemporanei e arcaici, magici e matematici, fatti di una materia/antimateria che trova il suo specifico frattale nell’accenno di un reperto senza tempo composto di particelle di luce, di fotoni esclusivi, di colore e, ancora una volta, ricreati da un gesto sottile della mente che dipingendone la forma e la sostanza ci rilascia, nella sua finitezza, il futuro nel battito vibratile delle ali di Mariposa.
Biografia
Manlio Sacco nato a Palermo il 02/04/1978.
Nell’anno accademico 2006/07 ha conseguito il diploma di laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, con la specializzazione in Grafica. Attualmente è docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo cattedra di Disegno per l’Incisione per il Triennio.