Fare lume

  • LATO

Informazioni Evento

Luogo
LATO
Piazza San Marco 13, Prato, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

lunedì/venerdì 9-13:00 - 15-19:00

Vernissage
13/12/2011

ore 19

Curatori
Fabrizia Bettazzi, Luca Gambacorti
Generi
arte contemporanea, collettiva

Una mostra di Quattro artisti. Pratesi di nascita o d’adozione. Si confrontano sul concetto, su un’esperienza di Luce.

Comunicato stampa

FARELUME/a cura di Fabrizia Bettazzi e Luca Gambacorti.

Installazioni degli artisti:

Virginia Zanetti http://www.virginia-zanetti.com/

Chiara Bettazzi http://www.chiarabettazzi.com/

Manuela Menici http://manuela-menici.tumblr.com/

Stefano Bruschi http://www.exibart.com/profilo/autoriv2/persona_view.asp?id=20061

Una mostra Quattro artisti. Pratesi di nascita o d’adozione.

Si confrontano sul concetto, su un’esperienza di Luce.

Per entrarci dentro, per camminarci attraverso, per sentirne il calore.

E’ un filo sottile da seguire, un percorso ininterrotto di elettricità, fuoco, immagine, che percorre gli spazi di Lato. E’ anche una risposta che ogni visitatore potrebbe ad un certo punto trovare.

CHIARA BETTAZZI.

Cosa sta dietro ad una consuetudine?

Cosa sta dentro al vestito? Non uno qualsiasi. Che sia da sposa.

Chiara Bettazzi indaga le pieghe di un’esistenza femminile intima, in sordina, timida perché custodita gelosamente dall’artista come da un guardiano di ricordi.

L’immagine è connessa al rapporto con il corpo che la abita, la rielabora, la rende accessibile.

I frammenti del vestito sono ricordi che affiorano dalla memoria di chi li ha scelti, sono resi organici da un liquido, un’acqua di consistenza quasi amniotica.

Ci viene spalancato un micro universo, un minuscolo ecosistema, in cui i suoni divengono edulcorati, ovattati perchè relazionati all’intimità della visione.

L’oggetto, sia esso vestito o apparato medico come nell’altra installazione realizzata, è “in funzione” del corpo che lo fruisce.

La luce lo attraversa rendendoci accessibile una visione privilegiata: senza di essa la creazione non sarebbe avvenuta, l’indagine nelle pieghe dei ricordi non avrebbe potuto svilupparsi.

STEFANO BRUSCHI.

In “Vivente” Stefano Bruschi si muove in una ricerca fra due polarità irrisolte la cui tensione è elemento di forza dell’opera stessa.

L’astratto tende all’organico, lo cerca e sulla sua strada lascia forme dal grande potere evocativo.

L’artista lavora con calchi di gesso ceramico plasmando il negativo da un originario positivo.

Il calco in negativo è funzionale alla ricerca di una materia in cui affondare le mani: è la parola che l’artista imprime, “vivente”, a renderlo organismo, ad innescare nuove possibilità di interpretazione.

Ci ritroviamo complici di un gioco di visioni molteplici di fronte al susseguirsi di particolari, forse parti di corpi, che la luce contribuisce ad indagare con maggiore scrupolosità: è quest’ultima che rende materia viva ciò che inizialmente non lo era.

MANUELA MENICI.

Salendo le scale c’è bisogno di fare lume.

Per non inciampare, per non smarrire la via.

Gli assemblaggi di Manuela Menici possiedono le caratteristiche delle più buffe figurine di un teatrino fantastico.

Manuela crea un oggetto dalla doppia identità, di giorno rivitalizzato dalla luce naturale che attraversa le cromie dei cristalli, di notte pervaso da una luce interna artificiale che dà vita a personaggi di fantasia.

Nel lavoro di Manuela queste presenze, reali, ingombranti, sono affiancate da altre, eteree, quasi fantasmatiche, che nel video trovano una dimensione ideale.

L’artista indaga due diverse tipologie di illuminazione, una giocosa intrecciata al design d’interni, l’altra evocativa, indefinita che custodisce gelosamente una fiamma: lo schermo è il recinto, la scintilla deve essere custodita per non perdere l’accesso al calore, alla pulsazione vitale.

VIRGINIA ZANETTI.

Virginia Zanetti si presenta con un video “il luminare”

Le interessa il luogo, lo spazio naturale nella relazione con l’uomo-spettatore. Le interessa la luce come spazio di confine.

Il divenire, il cambiamento, diventa lo spettacolo cui assistiamo. Esso è casuale, imprevisto ma dettato dall’impulso luminoso che disegna nuove possibilità di visione.

Al piano superiore, Virginia crea per Lato un ambiente site specific. Il visitatore diventa attore, viene coinvolto nell’interazione con l’opera da cui viene letteralmente inglobato.

È un passaggio, dal fuori al dentro. “Mind the gap between “ dà risposte, se interrogato, soddisfa il bisogno di conoscenza primario che anima chi vi si accosta.

Lo spazio della risposta è delimitato, crea una necessaria separatezza.

Dentro, una scoperta fatta di domanda, ascolto, risposta.

Virginia sfrutta l’oscuro, l’ignoto, che diventa tramite verso la scoperta di una luce sia fisica quanto interiore e che appaga un interrogativo: è la domanda che diventa risorsa per il processo creativo dell’artista.

Fabrizia Bettazzi