Anzola al tempo delle Terramare
Una mostra e un museo per raccontare la storia della terramara di Anzola, un villaggio del Bronzo Recente del XIII secolo a.C.
Comunicato stampa
Tra il XVI e il XII secolo a.C. (Bronzo Medio e Recente) il territorio emiliano era uno dei più densamente popolati d’Europa. L’insediamento tipico era la cosiddetta “terramara”, un villaggio di forma quadrangolare, circondato da un profondo fossato, presente in maniera massiccia (oltre 250 siti) nella pianura padana centrale. La terramara di Anzola dell’Emilia rientra a pieno titolo in questa categoria.
E tuttavia ha caratteristiche di assoluta eccezionalità, soprattutto per l’area compresa fra Reno e Panaro: la notevole estensione (oltre 13 ettari), la breve vita (circoscrivibile al XIII sec. a.C., prima fase del Bronzo Recente), la complessità della sua attività produttiva che, oltre alla ceramica e alla lavorazione di corno e osso, registra una diversificata industria metallurgica e la più antica attestazione di lavorazione in loco della pasta vitrea.
La mostra “Anzola al tempo delle Terramare”, allestita nella nuova sede espositiva del Museo Archeologico Ambientale di Anzola dell’Emilia (Via Emilia 87), illustra i materiali rinvenuti nella terramara durante le numerose ricerche condotte nel territorio a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. I corposi e interessanti dati emersi dalle indagini archeologiche e ambientali hanno permesso di ricostruire vicende e caratteristiche di un nucleo insediativo che aveva raggiunto una certa prosperità grazie alla fertilità del suolo e a una nuova forma di organizzazione sociale ed economica che rappresenta una peculiarità di queste popolazioni.
Le indagini archeologiche restituiscono l’immagine di una comunità di 3300 anni fa molto ben organizzata, aperta a traffici e commerci, un villaggio terramaricolo con svariate produzioni di una certa raffinatezza. All’interno dell’area circoscritta dal fossato sono state trovate tracce sia delle basi che degli alzati di strutture abitative (capanne su terra), diversi pozzi per l’approvvigionamento idrico, canalette per il drenaggio e la distribuzione dell’acqua e buche di discarica.
L’artigianato aveva grande importanza: è stata recuperata molta ceramica prodotta in loco, di buona qualità e soprattutto ben conservata, mentre la lavorazione del bronzo è attestata dal ritrovamento di una matrice di fusione. E se appare modesta la produzione tessile e la lavorazione di osso e corno, è assolutamente eccezionale il ritrovamento di uno strumento quasi certamente legato alla lavorazione delle perle di vetro che costituisce la più antica attestazione di lavorazione in loco dell’Italia settentrionale e del Nord Europa.
Gli studi archeobotanici confermano l’ipotesi che il villaggio fosse circondato da un’ampia area deforestata destinata a pascoli e coltivazioni, mentre l’analisi di circa 5mila frammenti faunistici attesta la presenza di molti animali domestici, tra cui pecore (presenti in numero triplo rispetto alle capre), maiali, cavalli e bovini.
L’insediamento anzolese è una finestra privilegiata per studiare le dinamiche del popolamento terramaricolo nella sua fase di massima espansione, cui seguirà, nel secolo successivo (XII a.C.), un repentino abbandono.
Quasi trentacinque secoli ci separano dai resti del più antico insediamento umano rinvenuto nel territorio di Anzola dell’Emilia, all’immediata periferia occidentale del centro attuale. Gli scavi in profondità effettuati a partire dal 1992 in seguito alla massiccia urbanizzazione di un’area fino ad allora agricola, hanno aperto una serie di finestre su un lontano passato, svelando via via le testimonianze di un villaggio dell’età del Bronzo celato da una spessa coltre di fango generata dalle alluvioni dei torrenti Lavino, Ghironda e Martignone.
Gli scavi archeologici degli ultimi 18 anni, pur se eseguiti in emergenza piuttosto che sulle logiche della ricerca, hanno comunque acquisito una mole di dati che si compone nella visione unitaria di quel particolare tipo di insediamento che è la terramara.
E non è certo un caso se questo grande villaggio, la cui sussistenza doveva essere legata alle risorse agricole e all’allevamento su un vasto entourage territoriale, mostra segni di apertura verso l’esterno, come dimostrano in modo evidente e suggestivo le perle d’ambra di provenienza baltica rinvenute nel sito.
Né si può trascurare un altro elemento fondamentale nella fortunata vicenda dell’indagine di questo villaggio: l’eccezionale interesse con cui questi sprazzi della più antica storia locale sono stati accolti dalla sensibilità degli amministratori locali e della popolazione di Anzola, che ha appoggiato nel tempo il progetto di studio e valorizzazione per rendere visibili le testimonianze della vita operosa, fra Ghironda e Martignone di 140 generazioni fa.