Franco Rognoni – Piccoli mondi

Informazioni Evento

Luogo
SALA SANT'IGNAZIO
Via Carducci 6, Arezzo, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

mart - ven 10.30-13.00 / 14.30-17.00;
sab, dom, festivi 10.30 - 13.00 / 14.30-19.00;
25 dic e 1 gen chiuso mattino

Vernissage
17/12/2011

ore 18.30

Contatti
Email: ufficiocultura@comune.arezzo.it
Biglietti

ingresso libero

Artisti
Franco Rognoni
Curatori
Fabio Migliorati
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra dell’opera di Franco Rognoni, Piccoli mondi (da quel “Piccolo mondo antico” evocato da De Amicis).

Comunicato stampa

La Sala S.Ignazio di Arezzo riscopre il livello dell'arte contemporanea a cui era abituata ai tempi del suo più illustre Direttore Artistico: il Prof. Enrico Crispolti. Erano gli anni Ottanta-Novanta, e la Galleria Comunale della città non era solo un luogo fisico, ma si presentava distribuita in più ambienti espositivi, tra Palazzi storici ed ex alberghi più o meno adibiti e forse non ancora pronti a ospitare l'arte contemporanea. Oggi, l'occasione di quel confronto si presenta con una mostra dell'opera di Franco Rognoni, nome che avrebbe dovuto ricevere molto di più di ciò che ha saputo pretendere, e che non scomparirà come ha fatto l'artista che lo portava. Forse proprio da qui s'inizierà a invocare il dovuto: in una condizione estetica figlia di epoche distratte, tese alla fretta, ma da ora anche alla speranza, nella regola di un destino più amico. Arezzo accoglie quindi l'arte storicizzata, per un Natale di cultura - la cultura delle immagini; la cultura del bello; la cultura dell'espressività. E da qui si parte per una stagione di eventi che la città vivrà attraverso le scelte oculate di Assessorato alla Cultura presente, preparato, intenzionato a promuovere il volto civico dell'esperienza pubblica quotidiana, in senso creativo e divulgativo. Tre mostre si susseguiranno a questo scopo: la prima, dell'opera di Franco Rognoni, Piccoli mondi (da quel "Piccolo mondo antico" evocato da De Amicis, rimarrà per quasi due mesi nel cuore di Arezzo...

Scriveva Raffaele De Grada, come Franco Rognoni (Milano, 1913-1999) fosse un artista slegato da correnti o movimenti del Novecento, probabilmente per la sua natura un po’ schiva. Era necessario allora inventarsi una definizione, trovare una collocazione per questo pittore così particolare. Ma senza che questo succeda qui e ora, basti invece un percorso emozionante, che si snoda tra le diverse suggestioni colte dall’artista: realismo e surrealismo, astrazione, lirismo ed espressionismo, grafica e ironia. I temi? I più cari al maestro: la città di Milano con i suoi passanti, i paesaggi, gli scorci notturni, i musicisti e i ballerini, senza dimenticare le immagini della Serenissima e i graffianti ritratti. Franco Rognoni nasce a Milano il 20 settembre 1913 da Giuseppe e Giuseppina Carabelli in una famiglia della piccola borghesia. Giovanissimo inizia a interessarsi del disegno e della pittura e, adolescente, frequenta le scuole tecniche di tessitura e quindi la Scuola superiore d’Arte applicata del Castello Sforzesco. Il critico Raffaello Giolli è il suo primo sostenitore, un importante riferimento culturale che consente a Rognoni di aprire nuovi orizzonti. Fin dal 1934 collabora come disegnatore a importanti riviste e quotidiani mentre nel ’38 espone per la prima volta. La sua formazione è influenzata da artisti come Sironi, de Pisis, Modigliani mentre la passione per i libri lo avvicina alle soluzioni grafiche e pittoriche dell’Espressionismo tedesco. Luino, sul Lago Maggiore, lo accoglie durante la guerra e qui si concentra sulla sua produzione che si arricchisce di incisioni, illustrazioni, mantenendo così un’importante collaborazione con molti periodici e dei contatti fondamentali con gli editori e i collezionisti. Nel primo dopoguerra torna a Milano e nel 1946 sposa Mariuccia Noè, con la quale condividerà per tutta la vita significativi interessi culturali. Nello studio di Lambrate nascono nuovi disegni e dipinti che hanno già in sé le tematiche fondamentali dell’artista. In particolare egli sviluppa un personalissimo linguaggio antiaccademico. Guido Ballo lo presenta a Milano nel 1953, in una personale che apre nuovi interessi nella critica. Quattro anni dopo la Rai gli propone un progetto di scenografo-costumista e la stessa attività viene svolta per la Piccola Scala e La Fenice di Venezia. Il pubblico e la critica apprezzano l’originalità di interpretazione degli spazi teatrali, aspetti che confluiscono nella pittura tramite l’utilizzo di una commistione tra decorazione, illustrazione, grafica e scenografia. Una contaminazione che si riflette anche nella mescolanza di ironia e dramma, con un gusto che non è azzardato definire musicale. Anche le amicizie dell’artista abbracciano soprattutto l’ambito letterario e musicale: Riccardo Malipiero, Vittorio Sereni, Piero Chiara, Dante Isella. Gli anni Cinquanta sono contraddistinti dal legame in esclusiva con la Galleria dell’Annunciata di Milano e con le mostre organizzate in tutta Europa. Il decennio successivo lo vede impegnato in numerose esposizioni e nell’attività editoriale mentre quattro grandi teleri dedicati ad Ulisse sono realizzati per la turbonave Michelangelo. Tra gli anni Settanta e Ottanta la sua attenzione si sposta sulla figura umana, vista con connotazioni critiche e scettiche, e la città, rappresentata sempre più come contesto straniante. Accanto a questa connotazione appare un aspetto sognante, legato alla memoria. Il lago, altro luogo privilegiato della sua rappresentazione e della sua esistenza che si alterna tra Milano e Luino, esalta questa dimensione pittorica che fissa dei protagonisti sospesi tra realtà e immaginazione. L’ultimo decennio, gli anni Novanta, vedono l’artista impegnato nella rappresentazione della vitalità. Ampio spazio è quindi dedicato alla cromia, in una direzione pittorica che diventa sempre più mitteleuropea, nel segno del Simbolismo e dell’Espressionismo. L’artista è scomparso a Milano l’11 marzo 1999, e anche così se ne celebra lo stile; in tre parole: con quel non solo suo "piccolo mondo".