Giuseppe Cannistraro / Gianfranco Ferlazzo
Mostra doppia personale
Comunicato stampa
Cannistraro
All'inizio c'è il viaggio:però bisognerebbe intendersi su questa affermazione perchè Giuseppe Cannistraro è un viaggiatore,ma non un turista;egli pratica il viaggio come scoperta,lontana quindi dalle mete "commerciali",dalle coordinate fissate,dei tempi scanditi,dell'organizzazione programmata;egli è una sorta di viaggiatore goetheiano,che si lascia sedurre là dove una "piega" del percorso lo richiede:come quando "scopre" un rudimentale autogrill nel deserto del Marocco ,stridente cortocircuito ,dove un mix eterogeneo di occidente e realtà autoctone si miscelano, creando un ibrido particolarmente suggestivo. In questo tipo di viaggio non ci sono mete:il "perdersi" è da mettare in conto ,il "tempo" non è monetizzato,non scandisce tappe. Dilatare un tempo, lì dove è richiesto, è una prerogativa del "puro" viaggiatore,il turista non se lo può permettere.E come fermare il baluginare di una immagine,di una seduzione visiva se non con la macchina fotografica?Questa serie di scatti sono gli "appunti" visivi che serviranno alla realizzazione dei dipinti:in fondo è anche una sorta di memoria esperenziale,di taccuino da viaggio contemporaneo.E in realtà tutto il lavoro dell'artista è legato sul doppio registro della memoria esperenziale del viaggiatore, connessa allla memoria storica,sociale e direi antropologica dei luoghi;come una sedimentazione pittorica che si lascia sedurre dagli anfratti della storia o della società là dove più si accumula in contraddizioni,in cortocircuiti linguistici,,in significanti ideologici ormai polverosi.Su quest'ultima istanza la serie "Il museo del comunismo" rende perfettamente il senso di luoghi della memoria che sono pure, dal punto di vista semiotico, significanti senza più presa sociale e quindi sul linguaggio,nomadi fluttuanti:una volta segno dell'ideologia,ora destrutturati in puro significante,oppure convertiti in significato,ma legato alla categoria della memoria,della storia.Le stanze della "Stasi"o quelle degli interrogatori a Budapest e Praga sono l'esempio più evidente di questo:appaiono luoghi depontenziati,ma sappiamo quanto terribile dovesse esser stato esser "ospitati" in tali strutture .Oppure nella serie di automobili che raccontano altrettanto bene la "scomparsa" di una ideologia attraverso i suoi "segni":le marche di macchine del blocco orientale, ormai fuori commercio,che sono una sorta di "bare ideologiche" del potere . Per concludere c'è una postilla dell'artista stesso ,una nota in calce alla serie del "Museo del comunismo" che fà:"per non dimenticare,nel bene o nel male" .
Ferlazzo
Il mio è un ludico e estremo tentativo in mezzo a una dicotomia: la pulsione manuale e la "macchina". Consapevole del fallimento non faccio altro che appiccare e spegnere fuochi:il nocciolo termico si fa fusione e il raffreddamento non è che un mero tentativo;torna la materia e la sensualità della pittura che è odore,consistenza,fiamma,pulsione.In effetti il mio lavoro è un pò una puttana tutta chittata che ammicca al simulacro(negandosi) e al contempo al godereccio della materia.E' la lezione di Jean Baudrillard imparata male.L'idea base è che tutto è oramai simulato:la simulazione investe ogni categoria umana contemporanea:dov'è il "reale",è sempre "altrove" .,dall'informazione,alla guerra,all'economia..E l'arte ?"..Tutti i miei lavori sono Plotter su tela ripresi ad acrilico e vernici ad acqua.Parto da un bozzetto in cartoncino di formato molto piccolo (formato cartolina postale) che realizzo manualmente con l'utilizzo di strumentazioni spurie(pantoni,uni- posca,pennarelli acrilici).Cerco però di rendere la pennellata(inganno su inganno)Da qui la simulazione:la pittura è,come semiotica insegna, un linguaggio, e come tale può essere decodificato imitato e destrutturato.Quello che viene fuori lo scannerizzo e lo sparo su tela,l'ultima fase è quella dei pennelli,la fase calda, che realizzo ad acrilici e vernici ad acqua :perchè alla fine il fallimento è su due effettivi registri;quello della simulazione che non è totale (perchè alla fine torna "Il sacro fuoco " della pittura,il godimento della materia) e quella del "Simulacro".Il prodotto finale è una sorta di "Ibrido " pittorico dove pixel e pigmento condividono lo stesso campo d'azione,dove la "scomparsa" è forse solo annunciata ma non è definitiva.
(Gianfranco Ferlazzo)