Sebastiano Mortellaro – Agorà
Proprio la “galleria” come luogo fisico, di più – come spazio di relazione, spesso negato come tale, e edulcorato da un sistema dell’arte sempre più autoreferenziale, è al centro di Agorà, la personale concepita appositamente per lo spazio espositivo catanese BOCS.
Comunicato stampa
Era il 1968 quando Walter De Maria (1935, Albany California) occupava lo spazio espositivo della galleria Heiner Friederich di Monaco di Baviera, con 50 metri cubi di terra, dando origine alla prima delle sue Earth Room; tanta acqua è passata da allora sotto i ponti dell'arte, ma l'urgenza critica di quell'ultimo scorcio degli anni '60, quel bisogno profondo di cambiare le regole e di mettere in crisi i modelli, posizione che in Italia venne assunta da alcuni protagonisti dell'Arte Povera – un esempio su tutti: la mostra di Jannis Kounellis (Pireo 1936) presso la galleria romana l'Attico di Fabio Sargentini, con l'"esposizione" di dodici cavalli vivi (1969) - si ripresenta in questo 2012 appena iniziato, nel lavoro recente di Sebastiano Mortellaro (Siracusa 1974).
Proprio la "galleria" come luogo fisico, di più - come spazio di relazione, spesso negato come tale, e edulcorato da un sistema dell'arte sempre più autoreferenziale, è al centro di Agorà, la personale concepita appositamente per lo spazio espositivo catanese BOCS. Una serra di dimensioni ambientali, progettata e costruita al suo interno dall'artista, lo occupa interamente, in tutti i suoi 16 metri di lunghezza, occludendo parzialmente lo spazio alla percezione sensoriale e denunciando così la crisi di un modello di fruizione passiva dell'arte, da parte di un pubblico sempre più escluso da scelte linguistiche e espositive. L'idea di una valenza pubblica, collettiva del linguaggio artistico a discapito di una sua eccessiva personalizzazione si pone criticamente nei confronti di certi modelli dell'arte estetizzanti e decadenti, oppure inutilmente diluiti in una vacua spettacolarità, in una facile ironia, priva del carattere problematico che l'arte, come coscienza critica del tempo in cui opera, dovrebbe mantenere. L'assunzione all'interno dell'opera di Mortellaro del lavoro di un altro artista, Aldo Taranto, diventa fulcro tematico di quel processo di condivisione basato sulla relazione umana, oltre che artistica, che fa del rifiuto dell'individualismo, un vero e proprio manifesto programmatico.
Giusi Diana