La Macchina Imperfetta

Informazioni Evento

Luogo
CAPODILUCCA
Via Capo Di Lucca 12A, Bologna, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

sabato 28 gennaio 2012, ore 11.00 – 24.00

domenica 29 gennaio 2012, ore 11.00 – 20.00

Vernissage
27/01/2012

ore 19

Contatti
Email: info@segnoperenne.it
Sito web: http://www.segnoperenne.it
Curatori
Gaetano Salerno
Generi
arte contemporanea, collettiva

Apparente apologia dell’incompletezza e della finitezza del gesto artistico, la mostra vuole invece sottolineare il passaggio della figura umana da realtà iconica, delineata nei secoli da spunti di aulica poesia visiva, a realtà aniconica, documentando, attraverso le grammatiche e i linguaggi propri dei quattro artisti presenti, la caduta della bellezza come conseguenza della perdita di innocenza e al tempo l’attitudine del fare arte come rivendicazione – lontani ormai i tempi dei canoni certi ed inviolabili di bellezza ed equilibrio – di onestà indagativa.

Comunicato stampa

La Macchina Imperfetta

Emanuele Convento | Dosaka Maike
Andrea Tagliapietra | Fabrizio Vatta

a cura di
Gaetano Salerno
Si inaugura venerdì 27 gennaio 2012, alle ore 19.00, presso lo Spazio Espositivo CapodiLucca di Bologna (Via Capo di Lucca 12/a) la collettiva di arte contemporanea La Macchina Imperfetta, a cura di Gaetano Salerno, organizzata e promossa da Segnoperenne nell’ambito di Arte Fiera OFF 2012.

Il progetto espositivo rinnova la collaborazione, nata in occasione delle due precedenti edizioni di Arte Fiera Bologna, tra Segnoperenne, agenzia veneziana di organizzazione e promozione eventi culturali e CapodiLucca, con l'intento di far conoscere, attraverso la partecipazione all’importante manifestazione bolognese, il lavoro svolto dalle due realtà culturali nelle rispettive aree di produzione e promozione artistica.

Invitati alla collettiva (pittura, incisione, fotografia, video) Emanuele Convento, Dosaka Maike, Andrea Tagliapietra e Fabrizio Vatta; i quattro artisti, di area veneziana, saranno presenti con lavori recenti ed in parte inediti, chiamati a confrontarsi dal curatore della mostra sul tema del corpo umano nella sua condizione di “macchina imperfetta”, dettata dalla presa di coscienza della realtà esistenziale odierna e del nuovo ruolo da questo assunto all’interno delle dinamiche sociali attuali.

Apparente apologia dell’incompletezza e della finitezza del gesto artistico, la mostra vuole invece sottolineare il passaggio della figura umana da realtà iconica, delineata nei secoli da spunti di aulica poesia visiva, a realtà aniconica, documentando, attraverso le grammatiche e i linguaggi propri dei quattro artisti presenti, la caduta della bellezza come conseguenza della perdita di innocenza e al tempo l’attitudine del fare arte come rivendicazione – lontani ormai i tempi dei canoni certi ed inviolabili di bellezza ed equilibrio – di onestà indagativa.
Il corpo umano, macchina biologica perfetta ed adattiva alle condizioni imposte dai principi genetici dell’esistenza e della salvaguardia della specie, si ritrova oggi invece ricondotto al ruolo di oggetto, vittima degli eventi della storia, schiavo del disagio psicologico e della malattia psicosomatica, del dubbio e dell’incertezza, umiliato e offeso, ferito e deriso all’interno di strutture sociali governate dalla violenza e ignoranti delle sue potenzialità.
L’uomo depotenziato dunque della carica entropica originaria, figlio del pensiero debole e privo ormai di punti di riferimento, attraversa il proprio tempo come zattera alla deriva, sbiadendo i propri confini di umanità in canovacci esistenziali che ne hanno inevitabilmente minato le certezze e ridiscusso la forza: La Macchina Imperfetta affronta molteplici spaccati della medesima questione, l’io in rapporto allo spazio, l’interspazio in cui materia e antimateria, vuoti e pieni, degno e indegno si riscoprono ripetute variabili dello stesso progetto, eliminando il contrasto ideologico tra finito e non-finito, tra perfetto e fallace, riconducendo il tutto ad un’idea unica e superiore di creazione.
Archiviato definitivamente il valore individualistico dello status portrait, la ritrattistica diventa così esperienza sociale condivisa e partecipata, il mostrare azione eticamente richiesta, il comprendere dovere morale.
Uno spaccato di letteratura verista: i monotipi e le tempere di Emanuele Convento, in cui la traccia pittorica o calcografica, prescindendo dai livelli di sacralità o purezza affrontati, sfuma i contorni delle figure fino ad inverare le loro essenze nel nulla degli sfondi, dove tutto si amalgama e si disperde nell’imponderabilità dell’infinito; le membra disarticolate di Dosaka Maike, macchinari inermi e compressi da vincoli esterni in cui la bellezza si riscopre solo un inutile e tragico dettaglio oggettivo (video Dosaka Maike: interprete-ballerina Serenella Maluta); l’incrocio di sguardi attoniti e vuoti dei volti di Andrea Tagliapietra, increduli nel loro ossessivo guardare il mondo come noi il nostro, entrambi accomunati dalla consapevole e dolorosa incomprensibilità dell’esistere; le corruzioni della carne e della mente e il loro manifestarsi nelle solitudini e nei rimpianti di stati felici della ragione perduti per sempre, nelle figure di Fabrizio Vatta.
La Macchina Imperfetta sancisce la fine della sudditanza dello sguardo selettivo rendendo evidente l’ombra che offusca il mondo delle immagini fino a modificarne irrimediabilmente i toni retorici e gli esiti visivi; definitivamente superato l’edonismo estetico, mutuata da esperienze artistiche proto-realiste e realiste l’adesione al vero, l’operazione artistica stabilisce la nuova e giusta distanza emotiva ed empatica dagli oggetti (siano essi corpi oggettizzati), demitizzati e reinseriti in un contesto umano in cui le soavi reminescenze del benessere arcadico e mitologico cedono il posto alla cruda realtà della tragica ed insensata défaillance umana, non più dato accidentale ma diretta espressione dell’incapacità di ribellione al processo di distruzione intellettuale dell’individuo da tempo in atto.
Se lo Streben romantico ci obbligherebbe ad estroflessioni e aneliti di alta spiritualità, l’inaspettata banalità della vita che relativizza ogni spinta liberatoria e limita la magnificenza del pensiero riporta l’idea all’interno dei confini fisici della carne, ancorata alle forze attrattive ma limitanti della nostra quotidianità; come l’angelo decaduto e ferito di Hugo Simberg (ben rappresentativo dello spirito di questa collettiva) l’artista ritrae il disagio e le ferite, avendole esperite sulla propria pelle, avendone assaporato attraverso esse la realtà dolorosamente umana che non sconfigge le apparenze.
L’arte dunque, forma assoluta di utopie esistenziali apparentemente ottimali e soddisfacenti, testimonia impietosa gli straniamenti e le distorsioni del corpo, le contorsioni del fisico e dell’animo, a causa della svalutazione della nostra carica umana all’interno di un’osmosi speculativa in cui bene e male – natura divina e natura terrena – si avvicinano e compenetrano, alienandoci e relegandoci al ruolo di macchine biologiche pensanti ed agenti ma viziate e rese inefficienti da azioni ripetitive e inutili, delle quali non intuiamo gli scopi.
La bellezza ricercata dai ritrattisti nella sicumera di volti tronfi e nella prestanza di corpi torniti, specifica di questo particolare genere artistico in quanto attestazione di presenza e celebrazione del palcoscenico delle umanità, viene invece ridiscussa (passando dunque in secondo piano, oltre la menzogna superficiale) nei lavori di questa collettiva le cui opere delineano impietosamente corpi in disfacimento, intrappolati sul limitare del concretismo-astratto, calcando iperbolicamente le sfumature e le imperfezioni per rivendicare l’essere oggi e sottolineando le micro-mutazioni da macchinari perfetti (creati ad immagine e somiglianza del pensiero creatore) a macchine imperfette, contenitori di pensieri disillusi e fallaci, come un inevitabile passaggio di adattamento della specie.
Il gesto artistico dunque erode i confini delle coscienze, supera il perimetro del corpo fisico per astrarsi in un magma cromatico nel quale sia l’apparizione che la dissolvenza annunciano una perdita, laddove ogni metamorfosi materica sottende radicali mutazioni dell’animo.
Gli artisti de La Macchina Imperfetta si allontanano gradualmente dal Mito, emancipando il loro discorso verso un sentirsi e percepirsi anti-teorico che accomuna nella sfera dell’Umano sia la divinità sia la disumanità, individuando un livello unico di espressione in cui ogni icona vive di autoreferenzialità e si staglia solitaria e sicura, come gli antichi Eroi.
Aver accettato l’imperfezione umana, averne compreso, svelato e rivelato le regole funzionali e comportamentali ha sancito, in questi lavori, la nascita di un mondo-altro speculare a quello esterno alla tela ma non per questo meno reale: l’arte non edulcora la verità, se ne fa portatrice fino al parossismo linguistico, immune dal giudizio perché pura ed alta come sempre dovrebbe porsi nei confronti del pubblico.
Nell’era della bellezza superficiale e dell’immediatezza di opinione che pianifica i propri punti di fuga e allontana aprioristicamente l’imperfezione dagli angoli visivi, La Macchina Imperfetta ci ricorda perciò che tutto è perfettibile e che la rappresentazione artistica, percorrendo la strada segnata dai ritratti di personaggi-oggetto minori - ma non per questo indegni di conquistare lo status di soggetto attraverso l’attenzione concessa dall’artista – come hanno decretato alcune esperienze di scuola ellenistica, la pittura di genere carica di oneste contraddizioni o, in epoca più recente, l’illuminante ciclo di ritratti di monomaniaci di Théodore Géricault, è tanto più vera quanto più capace di porre al centro del proprio agire il concetto di esistenza, svincolato da fuorvianti e stereotipati giudizi.
La stessa fotografia che impietosamente eppure caparbiamente attesta la nostra contingenza e il video che infonde energia creatrice e introduce il concetto di dinamismo come soluzione alla staticità intellettuale, ci ricordano di essere ancora – talvolta – vivi.
Nella cultura che ancora ci condanna all’ inaccettabilità dell’imperfezione, stimolandoci ad un continuo e progressivo miglioramento (pur nel divieto, per l’uomo, di lambire il concetto di perfezione), l’arte è ancora lo strumento di analisi e di catarsi, il balzo verso lente ma inesorabili conquiste di conoscenze superiori, il paradigma di un sapere che deve emanciparsi dalle oligarchie del pensiero per esprimersi libero, ben oltre le effimere sicurezze dell’inganno pregiudiziale.

Il progetto artistico verrà presentato dal curatore e critico Gaetano Salerno, direttore di Segnoperenne.it, venerdì 27 gennaio 2012 alle ore 19.00, presso lo Spazio Espositivo CapodiLucca di Bologna.
Gli artisti e il curatore saranno presenti in galleria durante i tre giorni di Arte Fiera Bologna 2012 (27 – 29 gennaio 2012) e contattabili all’indirizzo [email protected].

artisti

Emanuele Convento

Nasce a Dolo (VE) nel 1977.
Consegue la maturità artistica presso il Liceo Artistico Amedeo Modigliani (sez. accademia) di Padova e si laurea in Filosofia e Scienze Umane presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Padova.
Impara le tecniche calcografiche ed approfondisce alcune tecniche pittoriche frequentando lo studio (Accademia libera del nudo) del Prof. Luciano Zarotti, docente dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Vive e lavora tra Dolo e Venezia.

Dosaka Maike

Nasce a Venezia nel 1972.
Artista multimediale e poliedrico, si dedica alla video arte, alla musica, alla fotografia, al fotoritocco, ai multimedia e al digipaint.
Diplomato in Pianoforte al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, prosegue gli studi musicali al Conservatorio Pollini di Padova dove si specializza in musica elettronica e dove segue corsi di sound-designer.
Attento all’immagine ed alla sua fruizione attraverso vari linguaggi artistici, collabora con artisti di fama nazionale ed internazionale, si occupa di sistemi multimediali, dirige live e spettacoli, realizza cortometraggi e video musicali.

Andrea Tagliapietra

Nasce a Venezia nel 1976.
Si forma presso la Scuola Internazionale di Grafica sotto la guida del maestro Silvestro Lodi, di cui tutt’ora frequenta lo Studio13 a Mestre.
Vive e lavora a Burano (Ve).

Fabrizio Vatta

Nasce a Mestre nel 1956.
Frequenta dal 1974 al 1976 la Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia con il maestro Luigi Tito.
Nel 1979 si è diplomato in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova.
Vive e lavora a Mestre (Ve).