Andrea Marcoccia – Sometime and Somewhere
Mostra personale del giovane artista Andrea Marcoccia, tra i 20 vincitori della prima edizione del Premio ORA. La galleria di Roma, esporrà una selezione significativa dei lavori dell’artista e della sua ricerca sul concetto di spazio e luogo.
Comunicato stampa
Contemporanea presenta la mostra Sometime and Somewhere, personale del giovane artista Andrea Marcoccia, tra i 20 vincitori della prima edizione del Premio ORA. La galleria di Roma, esporrà una selezione significativa dei lavori dell'artista e della sua ricerca sul concetto di spazio e luogo.
Le sue tele e disegni si concentrano sulla rappresentazione di scenari reali decontestualizzati e deprivati di ogni tratto caratteristico, estremamente particolareggiati e curati oppure – al contrario - stilizzati in forme quasi geometriche, ma sempre e comunque resi stereotipo di un'idea generale del "luogo". La domanda fondamentale è: in un'epoca in cui lo spazio, con le sue caratteristiche di continuità e di temporalità ha preso il sopravvento nel nostro immaginario, siamo ancora capaci di vivere il luogo? Nei suoi paesaggi portati al di fuori dalla realtà e dalla quotidianità, Andrea Marcoccia ci propone un'indagine di noi stessi al di fuori dalla situazioni e ci chiede: che cosa succederebbe se venissimo trasportati in un dove indefinito e indefinibile che potrebbe essere "sometime" e "somewhere"? Senza le certezze dello spazio e del tempo, quali altre certezze resterebbero?
Fa notare il curatore Carolina Lio, nel testo che accompagna la mostra: “E' importante notare che nei lavori di Marcoccia non ci sono esseri umani, non ci sono riferimenti, non ci sono indicazioni né temporali né spaziali. Possono esseri luoghi immaginari, luoghi interiori, dove niente interferisce nel dialogo che siamo chiamati a creare con noi stessi”.
NOTE BIOGRAFICHE:
Andrea Marcoccia è nato nel 1974 a Roma, dove vive e lavora. Tra le principali mostre personali ricordiamo quelle tenute presso: Loft Gallery di Cosenza (2011 - 2009), Galleria Il Sole Arte Contemporanea di Roma (2011 – 2009 – 2008) e Monocromo Artgallery di Roma (2007). Ha inoltre esposto presso: Galleria Previtali di Milano, Museo della Permanente di Milano, Galleria S. Lorenzo di Milano e Chiostro del Bramante di Roma. Tra i vincitori del Premio ORA 2011, è stato inoltre nello stesso anno vincitore del Premio giuria popolare del Premio Combat.
ANDREA MARCOCCIA
SOMETIME AND SOMEWHERE
di Carolina Lio
Somewhere over the rainbow,
skies are blue
And the dreams that you dare to dream
really do come true.
(da Over the rainbow)
“Toto, ho l'impressione che non siamo più nel Kansas", dice la giovane Judy Garland al suo cagnolino dopo che un tornado li aveva trasportati via dalla loro fattoria. Il film è ovviamente Il Mago di Oz, che a differenza del libro omonimo di Lyman Frank Baum si concentra in modo predominante sull'idea del viaggio, della ricerca del luogo (la Città di Smeraldo) e del ritorno a casa. La storia descrive bene un concetto che filosofi, geografi e pensatori vari si sono sforzati di definire in modo esauriente: la differenza tra spazio e luogo. Se la fattoria degli zii di Dorothy, il posto dove lei atterra dopo il tornado e il Regno di Oz sono i tre luoghi del romanzo e del film, il resto del viaggio si svolge in uno spazio continuo di avventure “on the road” dove un flusso, un percorso indistinto da attraversare, crea un collegamento tra i luoghi particolari.
Lo spazio è standard e si misura, il luogo è particolare e si vive, secondo anche il geografo di fama internazionale Franco Farinelli che si spinge a spiegare come la razionalità sia propria dello spazio, che ha ovunque le stesse regole, mentre la follia, come quella descritta da Erasmo da Rotterdam, è la contrapposizione del luogo, ovvero della diversità. Si legge in Elogio della follia di Erasmo: “Ci sono tante grammatiche quanti sono i grammatici, e anche di più”. Secondo Erasmo la saggezza sta proprio in questo, nelle variazioni che creano piacere, ed è prerogativa in realtà dei folli e non dei sapienti, perchè solo i folli sfidano la paura e il ritegno e fanno esperienza delle cose. L'esperienza è quello che viene consumato nel luogo, che ha sempre una grammatica diversa e che ci permette di scoprire noi stessi perchè ci mette alla prova.
Dorothy de Il Mago di Oz, nel momento in cui il tornado la sposta in un luogo sconosciuto, è costretta a rivedere le proprie regole di vita e a iniziare un percorso di conoscenza di sé. Allo stesso modo, come fosse essa stessa un tornado, la pittura di Andrea Marcoccia ci cattura e ci porta nei suoi luoghi in coordinate X e Y – spazio e tempo – indefinibili, dove la nostra follia può avere sfogo, perchè ci siamo persi al di fuori dallo spazio che siamo abituati a percorrere e siamo messi di fronte a una domanda principale: dove sono? L'uomo contemporaneo si è abituato a identificarsi con lo spazio che abita, con le regole standard e, una volta sconvolte queste, il passo dal “dove sono?” al “chi sono?” è breve. Siamo quindi chiamati a fare un'esperienza, come direbbe Erasmo, rimettendo tutto in gioco e riscrivendo tutto. Il modello Aristotelico del mondo non fu messo in crisi dagli studiosi e dagli uomini di cultura, ma dai marinai e dagli esploratori, che scoprirono che l'Universo non era un sistema chiuso attorno alla Terra e che la Terra non aveva un punto di fine e di inizio. L'America era il luogo incidentale di Cristoforo Colombo e del suo seguito, per esempio. Una terra con cui ci si viene a scontrare casualmente e che niente ha a che vedere con l'Europa da cui erano partiti, né con niente che si aspettassero di trovare.
Esploratori senza attese e quindi senza preparazione, sono così anche gli spettatori della mostra, che si ritrovano in tele dove delle strade non bene identificate si aprono a squarcio in contorni irregolari oltre il quale si intravede il vuoto. Luoghi senza soluzione di continuità, luoghi estranei e, negli ultimi lavori, resi quasi astratti in forme geometriche che ci chiudono completamente ogni modo di riconoscere qualcosa di già vissuto, ci costringono a perderci in una pittura onirica, irreale, come fossimo nella Lost Highway di David Lynch dove l'io e l'es diventano attori reali con cui confrontarci. E' importante notare che nei lavori di Marcoccia non ci sono esseri umani, non ci sono riferimenti, non ci sono indicazioni né temporali né spaziali. Possono esseri scenari del Sometime and Somewhere, luoghi immaginari, luoghi interiori, dove niente interferisce nel dialogo che siamo chiamati a creare con noi stessi. Un deserto urbano dove ”tuttavia qualche cosa risplende in silenzio”, direbbe Antoine de Saint-Exupéry.