Alberto Gálvez – Volti senza titolo
Per la presente esposizione personale, intitolata Volti senza titolo, la concentrazione narrativa, diversamente dai precedenti appuntamenti, è tutta focalizzata sul ritratto ravvicinato – il volto che primeggia senza necessità di ulteriore racconto, quindi senza necessità di titolo.
Comunicato stampa
Anni di frequentazione, e numerose mostre hanno reso ormai indissolubile il sodalizio tra Il Polittico e il pittore valenciano Alberto Gálvez.
Nato a Orihuela nel 1963, Alberto Gálvez vive e lavora a Valencia, dove è anche Professore titolare di Pittura alla Facoltà di Belle Arti. Ha incominciato a esporre dal 1989. La sua pittura nasce da una piena coscienza della validità della tradizione, immessa narrativamente nel proprio immaginario sino alla determinazione di un concerto armonico, senza soluzione di continuità, tra presente e passato. Sarebbe molto difficile stabilire l’effettivo confine, la sottilissima linea di demarcazione, tra elementi di origine storica e altri del tutto autonomi: l’impresa, ancorché inutile, rischierebbe di smontare il «giocattolo» che, in questo caso, è un perfetto mondo creativo situato tra Arcadia e Parnaso.
Per la presente esposizione personale, intitolata Volti senza titolo, la concentrazione narrativa, diversamente dai precedenti appuntamenti, è tutta focalizzata sul ritratto ravvicinato – il volto che primeggia senza necessità di ulteriore racconto, quindi senza necessità di titolo. Sono ritratti struggenti, principalmente femminili, ma anche maschili, che inviano il loro sguardo su chi li osserva e anche oltre. Mettendo in atto, come sostiene Lola Mascarell nel suo bellissimo testo in catalogo, «il magico risultato dell’incerta combinazione fra il provvisorio e l’eterno, fra quello che fugge e quello che resta, fra quello che si muove e quello che resta immobile. Un solo sguardo che al contempo contiene tutti gli sguardi».
La mostra è accompagnata dal centosessantanovesimo catalogo delle Edizioni Il Polittico, il numero centodiciotto della collana «Gli allegri inventori».