Anastasia Moro – I pensieri fanno rumore
Nei dipinti le ampie pennellate descrivono spazi indefiniti che creano forme plastiche vagamente antropomorfiche.
Comunicato stampa
La personale di pittura I pensieri fanno rumore rappresenta una buona occasione per accostarsi all’evoluzione artistica di Anastasia Moro, che allo Spazio Interiors propone una vasta gamma dei suoi lavori. Si comincia con Madre (2007) e Selene 2 (2007), opere ‘preziose’ che testimoniano di una fase artistica in cui a prevalere è ancora, come ha avuto modo di scrivere Gioia Nicoletti per la mostra Nuovi Segnali, “[…] la sperimentazione impulsiva, il bisogno di lasciarsi andare in modo che le forme si definissero quasi da sé, lasciandosi in un certo senso scegliere da loro […]”.
Dal lasciarsi scegliere allo scegliere: alle ampie ed energiche pennellate dal sapore quasi performativo che descrivono spazi indefiniti, subentrano ben presto atti più ponderati e consapevoli che si concretizzano in forme plastiche vagamente antropomorfiche, strutture simil-organiche che vanno ad imbrigliare gli spazi creati in precedenza: nascono così opere come Life (2008-2012) e Mondo Organico (2008-2012). Ma questa è solo una tappa in un processo in costante divenire, se è vero che da una parte il gusto per il materiale plastico lascia il quadro per diventare forma autonoma, dando origine a vere e proprie installazioni, e dall’altra il difficile rapporto spazio dipinto-forma plastica è oggetto di continui rimaneggiamenti da parte dell’artista, che mette mano a più riprese alle opere in questione.
Del resto, anche lo spazio dipinto tenta di prendere una sua strada autonoma inglobando al suo interno le strutture organiche a lui aliene, ma ciò non avviene se non al prezzo di una consistente mutazione: lo sfondo pittorico scompare, a tutto vantaggio di materiali resinosi le cui sgocciolature ‘pilotate’ regnano incontrastate su di uno spazio bianco, come accade in Metamorphosis Floating (2010), fatti salvi solo alcuni interventi a matita, in lavori come 0rh Positivo (2009). Pare allora evidente come gli elementi ibridi delle opere di Moro, forme che ricordano conglomerati cellulari, piuttosto che organismi molecolari o sembianze anatomiche in continua evoluzione, impongano il ritmo della trasformazione al fare stesso dell’artista. O si tratta forse del contrario? Resta infine da chiedersi qual è l’idea che sta dietro l’immagine, quale il significato di questo astratto quanto fantasioso mondo pseudo-scientifico. La risposta è fornita dall’opera outsider C’è cuore per pranzo (2011), una scultura-cuore sanguinante che provocatoriamente si richiama all’importanza di interrogarsi, al di là della quotidianità e dei luoghi comuni, sulla nostra realtà vera.