I Locatelli
Oltre 100 opere tra dipinti, sculture, disegni e studi per affresco, raccontano la vicenda della bottega artistica della famiglia Locatelli, che tra il XIX e il XX secolo ha regalato tre generazioni di artisti all’arte bergamasca e lombarda e, in filigrana, costituisce un caso esemplare del ruolo della bottega artistica come luogo di trasmissione del mestiere di padre in figlio.
Comunicato stampa
La mostra, curata da Flaminio Gualdoni, è ideata e coordinata da Daniela Locatelli, figlia del pittore Raffaello, ed è realizzata dall’Associazione Culturale Amici dei Locatelli Figli d’Arte.
L’itinerario espositivo, progettato dallo Studio di Architettura Marrucchi Locatelli, riunisce un centinaio di opere, tra dipinti, sculture, disegni e studi per affresco, presentando per ciascun autore opere selezionate perché rappresentative del suo linguaggio espressivo o perché si sono aggiudicate premi o riconoscimenti, ma anche lavori mai esposti al pubblico. Foto d’archivio, video, strumenti del “mestiere”, accompagneranno inoltre nel vivo del racconto del lavoro di ricerca e di studio della bottega.
Tra decoratori, pittori e scultori, la famiglia Locatelli, tra il XIX e il XX secolo, ha regalato all'arte bergamasca e lombarda ben tre generazioni di artisti che si formano nel "laboratorio" avviato da Giuseppe "Steenì" Locatelli alla fine del XIX secolo. Tutti e nove gli artisti, compresi quelli che arrivarono a farsi apprezzare anche lontano dalla terra d’origine, appresero il mestiere collaborando alle opere commissionate alla bottega, per poi differenziarsi nelle scelte delle esperienze, nell'operosità e nel destino. Un articolato albero genealogico, quello dei Locatelli, che trova il suo elemento di continuità nella cultura di bottega.
I Locatelli son stirpe, in pittura, e per un tempo non breve bottega. In cui non solo è il mestiere a tramandarsi, ma primariamente una sapienza, e un amore. Che lungo l’arco di tempo teso tra i due secoli passati una famiglia d’artisti abbia proliferato, dando al mondo personalità diverse e assai individuate, ma accomunate a un tempo da una trama indissolubile di rapporti fabrili e stilistici oltre che di sangue, è fatto unico nella modernità, evocante piuttosto la memoria dell’antico artista artifex, tra Medioevo e Rinascimento. Ognuno dei Locatelli è autore dotato d’una sua specifica, fragrante qualità: ma tutti insieme danno vita a una vicenda esemplare, che consente di leggere in filigrana il corso dei grandi passaggi generazionali, e culturali, tra Otto e Novecento (Flaminio Gualdoni, curatore della mostra).
Il primo a fare dell’arte il proprio mestiere è Giuseppe Locatelli detto Steenì (?-1917), capostipite di due famiglie: quella di Luigi, detto Steenì II (1883-1928), affrescatore di chiese e pittore, padre di Romualdo, Raffaello e Stefano, e quella di Giovanni Battista (1884-1923), che decorava con motivi liberty le case private bergamasche, padre di Luigi detto Bigì, Ferruccio e Orfeo.
Romualdo (1905 - 1943) è forse l’artista più conosciuto della stirpe dei Locatelli nel panorama nazionale e internazionale. Debutta assai precocemente sia sui ponteggi dei cantieri decorativi paterni, sia nelle mostre cittadine, quindi trasferisce il suo atelier prima a Milano e poi a Roma, dove si afferma soprattutto come autore di temi esotici e come ritrattista. Dipinge per il Vaticano ed esegue ritratti ufficiali per casa Savoia prima di partire per l’Estremo Oriente, prima a Java a poi a Bali, dove acquisisce rapidamente una prestigiosa committenza internazionale. Alla scoppio della guerra mondiale raggiunge Manila dove, nel 1943, scompare senza lasciar traccia durante una partita di caccia.
Raffaello (1915-1984), di dieci anni più giovane del fratello Romualdo, amante del colore dolce e malinconico, assimila l’insegnamento di Cézanne con freschezza moderna; pittore eminentemente da cavalletto, è uno dei protagonisti della grande stagione italiana dei premi degli anni ’50, in cui si distingue come paesaggista e ritrattista.
Stefano (1920-1989), unico scultore della famiglia, dà vita a imponenti monumenti come la statua di Papa Giovanni XXIII, gli viene affidata la cattedra di ornato e modellato presso il Liceo Artistico Statale di Brera - sezione di Bergamo, che terrà per dodici anni.
Luigi detto Bigì (1904-1983) dipinge per pochi anni, lasciando opere degne di nota tra Bergamo e Parigi.
Ferruccio (1906-1966), grande amico di Giacomo Manzù con il quale condivide un soggiorno a Parigi, sperimenta diversi linguaggi artistici, sino a realizzare una serie di prove in chiave astratto-lirica.
Orfeo (1919 - 2000), infine, senza abbandonare il figurativo, esprime una pittura istintiva ridotta all’essenziale, conquistando numerosi riconoscimenti nella stagione dei premi nazionali degli anni ’50. E’ docente prima alla Scuola Fantoni, poi al Liceo Artistico cittadino fino al 1977.
La mostra è accompagnata dalla pubblicazione del volume monografico “I Locatelli”, a cura di Flaminio Gualdoni (Ed. Bandecchi & Vivaldi) , che raccoglie testimonianze di Fernando Noris, Fernando Rea, Lino Lazzari, Amanzio Possenti e indaga anche il periodo di decorazione parietale, “a fresco” o “a tempera”, principale attività della bottega ai tempi di Luigi Steenì II, oltre a presentare per la prima volta opere mai riprodotte, come le opere provenienti dalle collezioni orientali.