Ritratto di una collezione
La mostra “Ritratto di una collezione” mette in evidenza lo splendore della grande arte. Alcune opere sono frutto di mirate acquisizioni sul mercato, finalizzate alla salvaguardia e alla tutela del patrimonio artistico del territorio. Le opere esposte, così come le altre non selezionate per la mostra, derivano anche dalle acquisizioni che la banca ha compiuto nei secoli scorsi, a seguito di insolvenze, di pegni non ritirati, vicende, spesso, di difficoltà economica di famiglie di prestigio, di nobili e di imprenditori.
Comunicato stampa
La Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo celebra i suoi primi vent'anni di attività presentando fra l'altro al pubblico, nella sede restaurata del cinquecentesco Palazzo del Monte, due grandi mostre. La prima documenta, attraverso 20 fotografie, ciò che l'ente ha realizzato in questi vent'anni, la seconda ricorda, attraverso un'accurata selezione di 60 opere d'arte della propria collezione, la storia antica di cui la Fondazione è l'ultima erede.
Le banche, come è noto, hanno custodito nel corso degli anni numerose opere d'arte. Così è stato anche per la Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, il cui patrimonio, oggi, è in parte proprietà della omonima Fondazione e che una grande mostra allestita nel restaurato Palazzo del Monte finalmente svela.
La mostra "Ritratto di una collezione" mette in evidenza lo splendore della grande arte. Alcune opere sono frutto di mirate acquisizioni sul mercato, finalizzate alla salvaguardia e alla tutela del patrimonio artistico del territorio. Le opere esposte, così come le altre non selezionate per la mostra, derivano anche dalle acquisizioni che la banca ha compiuto nei secoli scorsi, a seguito di insolvenze, di pegni non ritirati, vicende, spesso, di difficoltà economica di famiglie di prestigio, di nobili e di imprenditori.
Non stupisce quindi che la mostra allestita a Palazzo del Monte (storica sede di molte delle vicende sopra accennate) presenti alcune discontinuità, data l'origine naturalmente eterogenea della raccolta.
Eppure in qualche modo questa mostra è indicativa, se non altro come termometro, del gusto collezionistico e artistico della nobiltà e della borghesia del Veneto, in particolare di Padova e di Rovigo, negli ultimi secoli.
L'arco temporale coperto dalle sessanta opere scelte per questa prima presentazione è molto ampio: più di mezzo millennio di storia dell'arte.
Un elemento salta subito all'occhio scorrendo l'elenco, per altro di rilievo, degli artisti esposti: quello della presenza emiliana, accanto alla naturale e dominante presenza di artisti veneti.
La Serenissima certo è stata un forte attrattore di artisti provenienti da fuori dei suoi confini e gli emiliani furono tra i principali ma non unici. Il territorio di Padova e Rovigo poi è confinante con l'Emilia ed erano abbastanza comuni i matrimoni tra rampolli di casate venete ed emiliane, fattori che, uniti, spiegano la presenza di maestri d'Oltrepò nella collezione padovana. A partire dal grande telero raffigurante l'intercessione di San Domenico per porre fine alla peste che colpì Padova nella prima metà del Seicento dipinto da Luca da Reggio, alla drammatica raffigurazione di Assalonne che fa uccidere il fratello Amnon, mirabile opera di Guercino.
Ma il gusto per l'area emiliano toscana sembra continuare anche in epoca unitaria com'è confermato dalle opere di Silvestro Lega e Giovanni Fattori in collezione e in mostra.
A far la parte del leone, e non pareva essere altrimenti, è la pittura veneta con protagonisti e comprimari: tra i nomi citiamo Tintoretto, Strozzi, i Da Ponte, Marco Liberi, Pellegrini e Pagani, Marco Ricci, Giovan Battista Pittoni, Rosalba Carriera, Giambattista Piazzetta, Zais e Bison, Zanchi, e poi ancora Oreste Da Molin, Giovanni Manzoni, Cesare Laurenti e Mario Cavaglieri, gloria rodigina. Il Futurismo è ben rappresentato da Tullio Crali, mentre il secondo dopoguerra offre una sequenza di opere, a ricordare l'importanza del gruppo N e dell'optical, con Biasi, Castellani e gli altri protagonisti.
Da notare come l'allestimento di questa mostra apra per la prima volta tutti gli spazi di Palazzo del Monte, storica sede del Monte di Pietà. La scelta di allestimento ha privilegiato la dimensione "domestica", ambientando le opere anche in alcune sale che richiamano, per decori e arredi, le stanze di una dimora di classe, evocando in questo modo la loro primitiva collocazione.
"Ciò che presentiamo in questa mostra è solo una parte della nostra collezione" - chiarisce il Presidente della Fondazione Antonio Finotti. - "Complessivamente la Fondazione ha un patrimonio di quattrocento opere di pittura, insieme a diversi nuclei di sculture (solo in minima parte qui esposti) e a incisioni, disegni, manoscritti".
L'intero patrimonio della Fondazione è oggetto attualmente di un puntuale intervento di studio, documentazione e, naturalmente, restauro.
Un patrimonio che esce finalmente dai forzieri per farsi conoscere da tutti.