Ospiti al Museo
Un inusuale incontro tra patrimonio museale e mercato antiquario suggerisce una riflessione sul collezionismo e diventa occasione imperdibile per ammirare e confrontare lavori di grandi artisti veneti.
Comunicato stampa
Committenti, collezionisti e mercato dell’arte hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nel determinare gli sviluppi della produzione artistica,
stabilire le sorti dei suoi protagonisti, delineare i destini delle singole opere:
talvolta confluite in raccolte museali destinate alla pubblica conservazione e fruizione, talaltra riservate al godimento privato o fluttuanti di collezione in collezione,
di antiquario in antiquario, ancora alla ricerca di una collocazione definitiva. E tra queste ultime non mancano curiosità o novità, originali ritenuti perduti o
addirittura autentici capolavori, che il pubblico è ancora in attesa di poter ammirare.
Se dunque i depositi dei musei e le grandi collezioni private possono ancora svelare opere sconosciute ai più, è d’altra parte il
mercato una linfa vitale per la storia dell’arte e i suoi sviluppi futuri.
A sviscerare le suggestioni del tema sarà una mostra assolutamente nuova per impostazione, promossa dal Comune di Padova-Assessorato alla Cultura e dai Musei Civici -
con il contributo di Fondazione Antonveneta e R.W.S.srl -
curata da Davide Banzato ed Elisabetta Gastaldi, in cui le collezioni museali, per la prima volta, sono chiamate a dialogare e a confrontarsi con il “mercato dell’arte”
e in particolare con una serie sceltissima di opere - degli stessi autori e dello stesso contesto artistico - attualmente disponibili presso alcuni fra i più noti e importanti antiquari del panorama nazionale.
Ospiti al Museo. Maestri veneti dal XV al XVIII secolo tra conservazione pubblica e privata è il titolo dell’esposizione che dal 31 marzo al 17 giugno 2012, ai Musei Civici agli Eremitani,
proporrà una sessantina di opere tra dipinti, sculture e bronzetti di grandi artisti, fra i quali Jacopo da Montagnana, Andrea Briosco, Alessandro Vittoria, Paolo Veronese,
Palma il Giovane, Padovanino, i Liberi, Giulio Carpioni, Francesco Guardi e molti altri.
Accanto ai lavori che il Museo custodisce e tutela, tramandandoli ai posteri, evitando la dispersione e talvolta l’oblio e consentendo la formazione di un’identità collettiva,
ecco dunque esposte opere che, per destino o scelte differenti, si muovono in ambito privato, ma che permettono uno stimolante confronto e offrono nuove occasioni di riflessione e conoscenza.
In mostra vi sarà l’Ecce homo, che rappresenta, secondo Bernard Aikema, “un apice del tardissimo periodo di Paolo Veronese …, eccellente esempio della pietas della fase tarda del pittore”;
splendida è la statuetta in ottone raffigurante un Caprone attribuita al Riccio, che rimanda ai capolavori dell’artista presso la Basilica del Santo.
L’opera appare di grande importanza, trattandosi (come svelano le radiografie effettuate) di un originale creato autonomamente e non ottenuto con procedimenti di calco, tanto che - se l’invenzione fosse proprio del Riccio -
ci troveremmo di fronte al prototipo della altre varianti più famose (quelle di Vienna al Kunsthistorishes Museum e di Roma al Museo di Palazzo Venezia).
Di Francesco Guardi è la piccola tela devozionale con la Madonna orante, riferibile alla piena maturità del Maestro e caratterizzata da una pennellata ricca ed elaborata,
ma stesa con incredibile velocità.Potranno affascinare alcune rarità come il Profilo di figura femminile in marmo bianco di Antonio Minelli, in relazione con quell’ambiente erudito veneziano
che amava i ritratti classici, ideali (ricordiamo i lavori dello scultore per la cappella dell’Altare del Santo a Padova, in collaborazione con il padre, o il Mercurio del Victoria and Albert Museum di Londra,
eseguito per il celebre umanista veneziano Marcantonio Michiel) o come la placchetta in argento dorato, realizzata dal Moderno, raffigurante la Madonna con il Bambino e santi: unica altra redazione antica oggi nota di questo soggetto, oltre all’esemplare conservato al Kunsthistorishes Museum di Vienna.
E poi i ritratti: quello di Giuseppe Nogari raffigurante - secondo l’intuizione di Federico Zeri - Cristoforo Colombo e proveniente dalla collezione di Letizia Ramolino Bonaparte, madre di Napoleone I,
e quello interessantissimo di Marco Bembo attribuito al friulano Sebastiano Bombelli. Bombelli aveva ottenuto immediatamente uno straordinario successo nella ritrattistica e,
avendo già raffigurato il Bembo in un quadro ufficiale destinato a Palazzo Ducale nel 1667-78, non è improbabile che il nobiluomo abbia affidato a lui anche il ritratto privato.
“L’importanza dei pezzi presenti sul mercato” - ci ricorda Davide Banzato - “attira, oltre che l’interesse dei collezionisti, anche quelli del ricercatore e del conoscitore, per valutazioni e confronti.
Così anche la proprietà privata concorre alla ricostruzione di fisionomie artistiche o alla creazione di complessi tipologici.
L’accostamento fornisce elementi utili alla conoscenza delle opere e di chi le ha create, il raffronto permette di istituire una scala di valori, sulla scia aperta dall’attenzione dei curiosi”.
Così, se la presenza del ritratto di Bembo consente indirettamente di confermare l’attribuzione al Bombelli del Ritratto di giovane gentiluomo dei Civici Musei di Padova,
una bella tela del Padovanino, raffigurante Ecuba e Priamo - collocabile agli inizi del quarto decennio del Seicento, in una fase di libera rielaborazione dell’artista dei modi tizianeschi -
viene accostata in questa occasione alla Sacra Famiglia dei Musei Civici che si pone a conclusione di questa evoluzione stilistica del pittore.
E ancora, la Salomè con la testa del Battista di Pietro o Marco Liberi - sempre delle collezioni museali patavine - ha un riscontro interessante nell’Allegoria della Pittura degli stessi artisti,
attualmente sul mercato, per gli elementi di maniera e il gusto pittorico che sembra ormai volgere in entrambi verso il barocchetto del figlio Marco.
I processi secondo i quali musei e mercato pongono in essere le loro scelte possono correre lungo strade parallele, ma non esattamente sovrapponibili.
Il mercato spesso può agire in modo fortuito, ma lega principalmente il piacere del possesso di una determinata opera alla sua valenza economica, alla visibilità sociale e all’interesse individuale.
Nel Museo le opere sono inserite in un contesto totalmente diverso da quello per cui erano nate. Ordinate, studiate e sistematizzate, diventano portatrici di valori estetici e storici e concorrono alla formazione di quei grandi contenitori di memoria specificamente legata a un luogo, che sono i nostri musei.
Piacere personale e pubblica fruizione.
Mondi separati nel sentire quotidiano che in questa occasione collaborano alla costruzione di un patrimonio di valori e identità che appartiene a tutti noi.