Firouz Galdo
Le sculture in mostra da Marte sono delle casette di dimensioni e materiali diversi: legno, ceramica, gomma, cera. Sono rappresentazioni palpabili delle riflessioni del libro e, come afferma l’autore, che è un affermato architetto, “per anni sono state sotterranee fondamenta dei miei progetti e del modo di affrontare la lettura dello spazio architettonico.”
Comunicato stampa
Firouz Galdo nasce a Teheran nel 1960.
Architettura e teatro: un binomio che ha trasformato un giovane scenografo in architetto. Un amore nato a 13 anni, coltivato dopo la scuola. Svolge infatti attività di scenografo dal 1976, realizzando con successo più di 40 spettacoli su scala internazionale, dall’inaugurazione del Teatro del Mondo di Aldo Rossi in occasione della Biennale Teatro del 1980, a spettacoli lirici al Teatro san Carlo di Napoli, alla direzione tecnica del Festival delle Ville Vesuviane, fino a disegnare le scenografie per Vittorio Gassmann al Festival di Spoleto del 1994. Questa esperienza lo porterà anche con il proprio studio di architettura, aperto nel 1987, ad essere particolarmente attivo nel campo della progettazione di spazi dedicati allo spettacolo ed agli allestimenti.
Dall’esperienza multidisciplinare maturata sul campo nasce pertanto la competenza specifica nella progettazione di spazi dedicati all’arte e allo spettacolo.
Grazie a questa attenzione, nel 1999 vince il concorso per il restauro e l'ampliamento del teatro lirico di Campi Bisenzio (Fi), inaugurato nel 2007. Suoi i progetti per il Palazzo delle Esposizioni, per la sede romana di Gagosian, per la Fondazione Giuliani, per la Collezione Cerasi Barillari, per il Bookstore di Palaexpo.
Un libro, qualche scultura.
La riflessione recente di Firouz Galdo si concentra sul concetto di soglia, attraverso gli appunti del libro Attese, Luca Sossella editore, e attraverso i disegni e gli oggetti che, in maniera visiva e tridimensionale, accompagnano e supportano i suoi pensieri e le sue suggestioni.
Il libro verrà presentato il 28 marzo al MAXXI B.A.S.E. e la mostra di sculture e disegni inaugurerà il 4 aprile alla galleria MARTE.
Già dal titolo del libro, un chiaro tributo alle Attese di Lucio Fontana, a quei tagli che come soglie si domandano cosa sia l’arte oltre la tela, l’indagine di Galdo si palesa come un viaggio nella complessità dell’ ”imago del passaggio”, esplorando quello spazio dove si prepara la transizione verso la conoscenza.
La ricerca di Galdo oltre-passa l’architettura. lo spazio-soglia, fisico e misurabile, si carica qui anche di valenze filosofiche, poetiche e psichiche che si fondono in un'unica esperienza percettiva, quella delle soglie interiori.
Dal primo passaggio dalla placenta all’ossigeno, “nocciolo portante dell’alfabeto psichico utilizzato per decodificare ogni passaggio che nella nostra vita compieremo attraverso gli infiniti varchi”, Galdo cita e richiama nelle sue riflessioni sulla soglia il lavoro di filosofi e artisti, poeti e psicoanalisti, architetti e musicisti, da Walter Benjamin a Bill Viola, da Rilke a Winnicott, da Joyce a Satie a Carlo Scarpa.
Scegliendo tra gli infiniti campi in cui ci si può imbattere nella descrizione di una soglia, in un’accezione di speculazione umanistica, Galdo definisce questo spazio di passaggio come il luogo dove si incontra l’Altro. E questo può essere l’ingresso del labirinto del Minotauro, ma anche lo specchio d’acqua in cui si riflette Narciso.
Galdo descrive l’esperienza umana dell’attraversamento di questo luogo di transito, dove si indugia spesso inconsapevoli, restituendo a questo stato dello “stare sulla soglia” una coscienza. Facendo comprendere la grande dimensione di questa esperienza della mutazione, di questo cambiamento sostanziale di stato che è nascita e scoperta. E questo avviene con il testo scritto e con le sculture che ne diventano una emanazione tridimensionale.
Le sculture in mostra da MARTE sono delle casette di dimensioni e materiali diversi: legno, ceramica, gomma, cera.
Sono rappresentazioni palpabili delle riflessioni del libro e, come afferma l’autore, che è un affermato architetto, “per anni sono state sotterranee fondamenta dei miei progetti e del modo di affrontare la lettura dello spazio architettonico.”
“Non ho mai creato uno spazio innovativo. Non ho mai cercato lo spazio innovativo, convinto in realtà che lo spazio innovativo non esista” prosegue “piuttosto la ricerca l’ho indirizzata sul modo innovativo di vivere, percepire lo spazio. In questo devo, dove qualcuno possa leggerne le tracce, a Borges prima e a Calvino dopo, un’impostazione basata sulla riscrittura del testo, e quindi inevitabilmente sulla riscrittura dello spazio, magari attraverso la semplice modifica del punto di vista.”
E infatti in queste casette l’elemento centrale è proprio la ricerca di assialità diverse, che consente di spostare sempre il punto di vista e generare così percezioni e riflessioni da una sempre possibile diversa angolazione.
Sono luoghi dove ci si confronta con la propria identità e si scopre l’ignoto.
Non ci sono porte, solo varchi, e la concentrazione è tutta diretta sulla loro posizione e sulla regolazione della transizione.
Sono luoghi che si snodano. La loro interezza viene continuamente frammentata dal susseguirsi incessante di aperture e linee che suggeriscono l’infinito. La dimensione è quella dello spazio certamente, ma è anche e soprattutto quella del tempo, l’infinitesima frazione che trascorre nell’attraversamento della soglia e che consente l’acquisizione di una conoscenza.
In base al posizionamento di un accesso, alla scelta di centralità, lateralità od obliquità del passaggio tra un luogo e l’altro, si modifica radicalmente la percezione, la sensazione , la lettura dello spazio stesso.
La comprensione di questi oggetti si chiarisce con la lettura delle riflessioni che nel libro riguardano i varchi simbolici, come l’attraversamento delle steli trilitiche di Stonehenge o l’accesso al tempio, al sacro, come nella Mezquita di Cordoba. Qui le soglie diventano un mantra, una frammentazione continua dello spazio che consente un livello di astrazione, di perdita del senso di luogo che diventa percorso di meditazione e preghiera. E questo è ciò che interessa a Galdo, quello lo spazio transazionale, quella porzione di mondo tra la conoscenza e la proiezione di quanto precedentemente introiettato, quel flusso dinamico tra le informazioni immagazzinate e la preparazione, l’attesa che evoca future modifiche emozionali.