Claudia Wieser – Furniture
Per questa mostra l’artista ha realizzato alcune sculture, due fotografie, alcuni disegni, un grande lavoro su carta d’argento e un’installazione che occupa buona parte della lunghezza della galleria.
Comunicato stampa
Mercoledì 4 Aprile 2012 alle ore 19.00 la Galleria S.A.L.E.S. è lieta di inaugurare la prima personale di Claudia Wieser Furniture.
Per questa mostra l’artista ha realizzato alcune sculture, due fotografie, alcuni disegni, un grande lavoro su carta d’argento e un’installazione che occupa buona parte della lunghezza della galleria. Le geometrie, la ricerca cromatica, la relazione con lo spazio sono le caratteristiche principali del lavoro di Claudia Wieser, elementi distintivi che si ripetono in modo trasversale anche nelle opere qui presentate.
Il titolo della mostra Furniture, allude alla natura degli oggetti intesi come “personaggi dello spazio” capaci di entrare in relazione reciproca o con lo spettatore. Partendo da questa indagine l’artista instaura un dialogo con le proprie opere (cui da rappresentazione medianti i due lavori fotografici) intesa che si svolge interamente su un piano fisico e che non impone alcuna antropomorfizzazione all’oggetto d’arte.
I dipinti astratti presentati nello spazio in fondo alla galleria e i book drawings alle pareti della sala principale richiamano il retaggio astrattista cui l’artista attinge a piene mani e in particolare agli insegnamenti di composizione visiva tenuti da Kandinsky e Klee presso la scuola del Bauhaus. I secondi invece sono pagine di libri raffiguranti architetture, interni di edifici o paesaggi fiabeschi su cui l’artista realizza degli interventi di disegno e di colore minimali, ma capaci di spostare il centro focale della visione e di alterare la percezione dell’immagine nello spettatore, rispetto all’originale.
Gli esiti di questa ricerca formale vengono ripresi e ampliati nelle opere precedenti. Esse sono sculture a forma di “tavolo” costruite come assemblaggio di forme elementari: il quadrato, il cerchio e delle colonne. Richiamando anche qui i motivi dell’astrattismo esse realizzano a livello scultoreo ciò che l’artista ha già espresso a livello pittorico, ma nel passaggio dalla superficie al volume, crea uno spazio per riflessioni ulteriori: in primo luogo apre la propria pratica artistica al figurativismo, in secondo luogo essa si interroga sul confine esistente tra arte e design e dunque sulla natura dell’opera d’arte in quanto oggetto.
Infine, con la grande installazione e l’opera su carta d’argento, Claudia Wieser si confronta apertamente con gli spazi della galleria ed esplicita la ricerca che essa conduce sulle modalità con cui l’opera d’arte viene recepita. Questa operazione è ricca di implicazioni: da un lato il lavoro di Claudia Wieser presuppone il “White Cube” così come è stato teorizzato da Brian O’ Doherty nel celebre articolo del 1976, inserendo nel dialogo artista-spettatore anche l’istituzione della galleria. Dall’altro si instaura un parallelismo tra opera grafiche e installazioni, nel senso che, come il tratto disegnato era intervenuto sugli sfondi pre-stampati dei bookdrawings, così queste opere intervengono nell’ambiente che le ospita, alterandone la vibrazione complessiva e condizionando i movimenti in esso consentiti.
Qui l’ artista rievoca i costrutti teorici dell’Espressionismo tedesco da una parte e dall’altra le sue estreme implicazioni, declinate nel linguaggio di rottura della Minimal Art.
Se in ambito espressionista tutta la ricerca ruotava attorno alla sensibilità dell’individuo (artista o spettatore) e allo stato d’animo suscitato in lui dall’esperienza estetica, diverso è l’approccio degli artisti minimalisti. In un’intervista del 1968 Robert Morris sostiene “...le dimensioni delle mie sculture sono concepite il più delle volte sulla scala del corpo umano, ma ritengo che lo spettatore non possa identificarsi con loro. Il rapporto che si crea tra i miei oggetti e lo spettatore si effettua unicamente a livello della percezione, ed è un rapporto critico.”
Tratto peculiare della ricerca di Claudia Wieser è il legare in un’unica riflessione le questioni del rapporto forma-concetto-materia, del rapporto tra reale e astratto, tra arte e arti applicate, e infine l’indagine estetica pura. Con la personale Furniture l’artista propone una ricerca condotta su due livelli paralleli, entrambi concorrenti alla definizione dell’oggetto artistico. Ad un primo livello l’artista si interroga sulle possibilità di contestualizzazione delle sue opere, realizzando lavori che condizionano lo spazio in cui si muove lo spettatore e che attivano un rapporto di senso giocato sulla corporalità e la dimensione. Ad un secondo livello essa indaga l’opera d’arte in senso proprio, sottolineandone il carattere oggettuale di manufatto artistico. Questa impostazione, lontana da qualsiasi tentazione simbolista, riposa sul rifiuto della dicotomia che oppone forma e materia e ispira l’intero ciclo di lavori presentati in mostra.
Con Furniture Claudia Wieser attraversa questa contrapposizione, traghettando la sua pittura dal carattere propriamente astratto in un universo in cui iI dato materico, i volumi e la percezione sensoriale collaborano tutti alla definizione di una poetica del vedere.
Claudia Wieser è nata a Freilassing, Germania, nel 1973. Dal 1993 fino al 1997 ha svolto la mansione di apprendista presso un fabbro. Nel 1997 ha intrapreso il suo percorso di studi nel campo dell’arte presso l’Akademie der Bildenden Künst München nella classe di Axel Kasseböhmer e Markus Oehlen. Sue mostre personali sono state ospitate al Drawing Center di New York (2010), all’ Oldenburg Kunstverein (2009), ad Art Cologne a Colonia (2005) e ha partecipato a numerose collettive in importanti istituzioni: Georg Kolbe Museum di Berlino e al Kunstmuseum Stuttgart (2011), al Museé d’Art Contemporain de Bordeaux e all’ Institut Français de Berlin (2010), al Contemporary Art Museum, St. Louis, al Kunsthaus Baselland di Muttenz/Basilea e al Kunstverein Wolfsburg (2008), al Kunstbau München di Monaco (2007, 2005), al Pinakothek der Moderne di Monaco (2002). Attualmente l’artista vive e lavora a Berlino.
Nei suoi lavori Claudia Wieser riprende l’estetica delle opere primi modernisti in particolare di Klimt e di Paul Klee. Le sue composizioni sono ricalcate sulle regole formali sviluppate da questi due artisti nell’ambito di una teorizzazione che legava disegno, colore e stile ai caratteri di un mondo trascendente e ideale. La giovane artista tedesca si appropria di questo linguaggio fatto di linee e cromatismi e ne sviluppa uno personale, con cui compie due operazioni: da un lato torna sui temi sviluppati dalla scuola del Bauhaus indagando lo spazio architettonico e il modo in cui viene decorato, definito e riempito, dall’altro approfondisce questa ricerca interrogandosi sulla differenza che intercorre tra talento artistico e creatività. La definizione di un oggetto artistico scaturisce dalla vocazione dell’artista, dal contributo interpretativo dello spettatore ed è sempre un misto di sentimento e concettualizzazione. Penetrando il confine tra arti pure e arti applicate, i lavori di Claudia Wieser vogliono rappresentatre la sublimazione nel tratto artistico di queste quattro componenti insostituibili e irriducibili di ogni opera
On Wednesday, April 4th, at 7.00 p.m., Galleria S.A.L.E.S. is proud to present the first italian solo show by Claudia Wieser Furniture.
For this exhibition the artist has realized sculptures, photographs, drawings, a large wallpaper work and an installation that occupies a great portion of the overall lenght of the gallery space. Geometrical shaping, chromatic research, relationships aroused in a defined space, are main features of Claudia Wieser’s work and all these distinctive elements are proposed once again here across the different artworks.
The title of the exhibition, Furniture, hints at the inner nature of objects, intended as “characters of space”, capable of establishing relationships within each others or with the viewers. From this first point of investigation, the artist interweaves a dialogue with her own artworks (represented in the photographic works), an entente entirely developed on a physical level and that doesn’t require anthropomorphization of the artistic object.
The abstract paintings presented in the backspace of the gallery and the bookdrawings on the wall of the main hall, recall the heritage of Abstract Art and more specifically the lessons of visual composition held by Kandinsky and Klee at the School of Bauhaus. The second ones are book pages representing architectures, building interiors or fairy landscapes on which the artist intervenes with minimal drawings or coulourings, but capable of shifting the focal center of the overall vision and of altering the perception of the viewer’s image in respect to the original..
The works at the entrance retrieve and expand the results of previous formal resarch. They are “table-shaped” sculptures, built up by the assemblage of other elementary forms: circle, square, columns. Recalling once again the main patterns of Abstract Art, they realize on sculptural level what Claudia has already expressed on the pictorical one; but, in the passage from surface to volume, she creates a space for further reflection: first, she opens her artistic practice to a figurative approach, secondly she raises questions about the borders between art and design and therefore about the nature of artworks taken as objects.
Finally, with the large ceramic installation, and the silver paper work, Claudia Wieser overtly confronts herself with the gallery spaces and develops more explicitly the research about the ways an artwork can be understood. This operation is full of rich implications: on one hand Claudia Wieser’s work implies the “White Cube” as it has been described by Brian O’ Doherty in his famous article (B. O’ Doherty, 1976), thus including the gallery institution in the dialogue between the artist and the viewers. On the other hand she establishes a parallelism between graphic works and installations, in the sense that, as drawn strokes have modified the pre-printed backgrounds in the bookdrawings, these other works have modified the environment around them, once again altering the overall vibration that this transmits and influencing the possible movements allowed in it.
The artist evokes here the theorical constructs of German Expressionism on one hand and on the other, its extreme implications as they were declined by Minimal artists in their groundbreaking language.
Whereas Expressionist artists centered their research around individual sensibility (either that of the artist or of the viewer) and around the personal mood inspired by the aesthetic experience, the minimalist approach was completely different. In an interview held in 1968 Robert Morris said “..the dimensions of my sculptures usually are scaled on the human body, but I think that the viewer cannot identify himself with them. the relationship arising between my objects and the viewer is made only at a perceptive level and it’s a critical intercourse.”
The peculiar trait in Claudia Wieser research is the willing to bind in one discourse the following questions: the relationship among matter, form and concept; between realism and abstraction; between art and applied arts and finally, the pure artistic research. In this personal exhibition Furniture, the artist follows a branched off pathway, that leads to two different types of considerations, concurring together in the definiton of the artistic object. At first level the artist questions herself about the possible contextualization her own works, realizing objects that activate a meaning relationship through physicality and dimensionality.
At a second level she explores the artwork in the strict sense, underlying the object-like feature that all artifacts contain. This layout, far from being symbolistic, rests on the refusal of the dichotomy that opposes matter to form and inspires all works presented in the exhibition. With Furniture Claudia Wieser goes through this opposition, moving from her abstract painting practice to a universe in which the material datum, volumes and sensorial perception, all cooperate to the definition of a poetic of the seeing.
Claudia Wieser was born in Freilassing, Germany, in 1973. From 1993 to 1997 she was apprenticed to a blacksmith. In 1997 she began her studies in the art field at the Akademie der Bildenden Künst, Munich, with Axel Kasseböhmer and Markus Oehlen. She has held solo shows at the Drawing Center of New York (2010), the Oldenburg Kunstverein (2009) and Art Cologne (2005) and has taken part in numerous collective exhibitions at important venues: Georg Kolbe Museum, Berlin, the Kunstmuseum, Stuttgart (2011), the Museé d’Art Contemporain, Bordeaux, the Institut Français de Berlin (2010), the Contemporary Art Museum, St. Louis, the Kunsthaus Baselland in Muttenz/Basel, the Kunstverein, Wolfsburg (2008), the Kunstbau, Munich (2007, 2005) and the Pinakothek der Moderne, Munich (2002). The artist currently lives and works in Berlin. In her oeuvre Claudia Wieser reprises the aesthetics of early modernist works, in particular Klimt and Paul Klee. Her compositions follow the formal rules developed by those two artists in the context of a theorization that linked drawing, colour and style to the characteristics of a transcendent and ideal world. This young German artist has appropriated that language made up of lines and colourings and has developed a personal one of her own in which she carries out two operations: on the one hand she returns to themes developed by the Bauhaus school, investigating architectonic space and the way in which it is decorated, defined and filled; while on the other hand she proceeds with in-depth research, questioning herself on the difference between artistic talent and creativity. Definition of an artistic object is triggered by the artist’s vocation, by the spectator’s interpretive contribution, and it is always a mixture of feeling and conceptualisation. Penetrating the frontier between pure and applied arts, Claudia Wieser’s oeuvre aims to represent sublimation into the artistic region of these four irreplaceable and irreducible components of each work.