Mario Ceroli 1962-1968
La mostra presenta un particolare interesse sotto vari profili. Intanto, va precisato, non si tratta solo di un grande artista, uno dei maggiori protagonisti della neoavanguardia italiana e non solo italiana, ma di un grande artista colto in uno dei suoi momenti storicamente e culturalmente più rappresentativi. Le opere esposte, infatti, appartengono tutte al mitico decennio degli anni sessanta.
Comunicato stampa
La mostra dedicata a Mario Ceroli, che la galleria de' Foscherari inaugurerà Sabato 21 aprile , presenta un particolare interesse sotto vari profili. Intanto, va precisato, non si tratta solo di un grande artista, uno dei maggiori protagonisti della neoavanguardia italiana e non solo italiana, ma di un grande artista colto in uno dei suoi momenti storicamente e culturalmente più rappresentativi. Le opere esposte, infatti, appartengono tutte al mitico decennio degli anni sessanta.
A tale proposito è giusto notare il rinnovato interesse che per quel decennio e per la neoavanguardia artistica in generale si è manifestato negli ultimi tempi. Ci limitiamo a ricordare due episodi assai significativi quali la riproposta dell' Arte povera, che aveva preso avvio proprio dalla galleria de' Foscherari nel 1968, in molte importanti città italiane, e la mostra del Guggenheim al Palazzo delle Esposizioni di Roma, dedicata sì alla nuova avanguardia americana, ma dove gli anni sessanta, per qualità e quantità, hanno un rilievo particolare. A questa sorta di rivisitazione dell'arte di quel periodo, rivisitazione della quale non si vedono ancora gli sbocchi, la De' Foscherari, che è stata fra le gallerie maggiormente coinvolte nella diffusione critica dell'arte innovativa di quel periodo, non poteva non portare un suo originale contributo. Ecco allora Ceroli, un artista sempre molto vicino alla galleria (gli sono state dedicate molte personali), rivisitato attraverso una serie considerevole e molto significativa , di opere degli anni sessanta , gli anni de La Cassa Sistina, La Cina, Il Piper e L'aria di Daria.
Una riproposta, quindi, che non ha nulla di nostalgico, ma si presenta come un contributo al ripensamento critico di un periodo cruciale per la storia dell' arte moderna.