Gianni Maffi – Vedute alpine
…Con questo lavoro, che ha voluto intitolare Vedute alpine – in considerazione proprio di uno dei generi classici dell’arte figurativa: la veduta –, Maffi presenta nel consueto bianco e nero che risulta a lui più congeniale tre diversi aspetti di alcuni paesaggi dell’area dolomitica, definiti con altrettanti significativi titoli: Nuvole basse, Segnavia, Capricci.
Comunicato stampa
Dal testo di presentazione di Pio Tarantini
…Con questo lavoro, che ha voluto intitolare Vedute alpine – in considerazione proprio di uno dei generi classici dell’arte figurativa: la veduta –, Maffi presenta nel consueto bianco e nero che risulta a lui più congeniale tre diversi aspetti di alcuni paesaggi dell’area dolomitica, definiti con altrettanti significativi titoli: Nuvole basse, Segnavia, Capricci.
Per ognuna di queste sequenze l’autore illustra chiaramente gli intendimenti che lo hanno spinto a toccare questi aspetti: in scenari sempre molto severi, quasi desertici, tipici delle alte quote dove la vegetazione è assente, le nuvole gravano basse cancellando appunto parte del paesaggio creando un senso di smarrimento ancora più acuto rispetto a quello che normalmente si prova nei grandi spazi naturali. Di segno inverso invece la sequenza dedicata ai segnavia – cumuli di sassi spesso creati dal contributo di chi passando lascia una piccola pietra e che sui terreni accidentati di montagna indicano la giusta direzione – dove l’oggetto in primo piano, il segnavia appunto, funge da indicatore, non solo della strada giusta ma anche della presenza dell’uomo, in questi casi discreta e molto integrata con la natura. Antropizzazione che invece, nell’ultimo gruppo del lavoro, Capricci, diventa documentazione rigorosa e suggestiva dei tanti piccoli e grandi interventi dell’uomo attraverso manufatti artificiali: costruzioni, tralicci, residui vari di strutture.
Ne viene fuori una sorta di percorso indagatore che parte dalla veduta naturale e incontaminata, lontana però dalle suggestioni cartolinesche e incline più a una visione inquietante della montagna, per giungere ai segni e relitti della civiltà umana passando attraverso la via di mezzo del segno naturale, i segnavia come inconsapevoli e spontanee installazioni artistiche frutto di una necessità pragmatica e non di una elucubrazione intellettuale. Maffi ha saputo cogliere questi aspetti con rigore figurativo e una non comune serietà progettuale, necessaria forse, oggi più che mai, di fronte al dilagare dell’approssimazione e della furbizia nel concepimento dei lavori fotografici.