Hubert Duprat

Informazioni Evento

Luogo
CATERINA TOGNON
Corte Barozzi - San Marco 2158 30124 , Venezia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

(chiuso in agosto)
da martedì a sabato 10-13 / 15-19

Vernissage
05/05/2012

ore 18

Contatti
Email: info@caterinatognon.com
Artisti
Hubert Duprat
Generi
arte contemporanea, personale

Hubert Duprat viene a Venezia nel febbraio del 2011, su invito della galleria e grazie al generoso suggerimento di Simone Menegoi. E’ una visita dedicata a Murano e alle sue fornaci, per conoscere le antiche lavorazioni del vetro soffiato. Tra i vari artigiani incontra l’ottantacinquenne Mario dei Rossi, ultimo maestro vetraio in grado di realizzare, con il figlio Antonio, le “murrine a freddo”. Sarà questa tecnica ad intrigare maggiormente l’artista.

Comunicato stampa

Hubert Duprat viene a Venezia nel febbraio del 2011, su invito della galleria e grazie al generoso suggerimento di Simone Menegoi. E’ una visita dedicata a Murano e alle sue fornaci, per conoscere le antiche lavorazioni del vetro soffiato. Tra i vari artigiani incontra l’ottantacinquenne Mario dei Rossi, ultimo maestro vetraio in grado di realizzare, con il figlio Antonio, le “murrine a freddo”. Sarà questa tecnica ad intrigare maggiormente l’artista.

Quasi un anno dopo, Duprat ricava da una vecchia enciclopedia due disegni tecnici, fronte e retro, che rappresentano la punta di una lancia in selce del paleolitico, e chiede di realizzare con questi disegni due murrine. Inizia così il paziente lavoro dei Dei Rossi per comporre prima i micromosaici vitrei, poi per “tirarli” in fornace ottenenendo due canne che presentano i disegni originali, miniaturizzati, in tutta la lunghezza della canna.
Con quest’opera Hubert Duprat traspone, grazie alla sapiente opera dei due maestri, uno dei primi manufatti dell’uomo preistorico (la punta di una lancia in selce), in uno dei manufatti più complessi dell’artigianato veneziano: la Murrina.
La composizione chimica del vetro, che è per gran parte polvere di silice, chiude il cerchio.

“L'opera di Hubert Duprat è per molti versi l’esplorazione dei confini, stabiliti storicamente e culturalmente, tra l’Arte e le sue forme minori: siano esse artigianali, tradizionali o decorative.
Nella sua opera l'artista fa più volentieri riferimento alla storia delle arti applicate e delle tecniche, che non alla storia delle arti visive. Quando prende a prestito un modello o una tecnica - cui non saranno risparmiate molteplici metamorfosi – si rivolge all'affresco, all’arazzo, alle luminarie, all'oggetto decorativo, non già al dipinto o alla scultura. Così mette in gioco pratiche relative ai metodi di produzione delle cosiddette “Arti minori”, relegate fuori dei confini dell’Arte moderna e contemporanea […] Etimologicamente, l'artigiano è "colui che esercita un mestiere". Il modello di produzione artigianale sottintende delle abilità manuali collegate alla ripetizione di precisi esercizi. Sono spesso le competenze tecniche di questo tipo, con un alto grado di meticolosità, quelle che Duprat cerca per la produzione delle sue opere. L’artista, tuttavia, tende a mantenere la distinzione, in vigore dalla metà del XVI secolo (quando il termine “artigiano” fu introdotto), tra questa pratica e quella dell'artista. Egli affida il grosso della realizzazione di un’opera alle mani esperte di un artigiano, scelto a seconda delle difficoltà specifiche che il lavoro comporta. Uno dei maggiori ostacoli che incontra è proprio quello di trovare degli artigiani (o altre figure che ne possano fare le veci) disposti a mettere le loro competenze al servizio di lavori che appaiono assurdi. L'artista lascia un margine creativo ridottissimo ai suoi collaboratori […]. Attualizzando alcuni processi che furono abbandonati nel XX secolo _ e sotto questo profilo lo si può definire un artista della postmodernità_ Hubert Duprat riesce nell’intento di conciliare arte e artigianato. Con lui, la nuova creazione non si contrappone alla tradizione, né l’Arte si contrappone al mestiere. Grazie al contributo del suo lavoro, la questione del rapporto artista/artigiano viene ricondotta alla questione più ampia del rapporto tra ciò che si può definire artistico e ciò che si può definire artigianale.” Les métiers d’Hubert Duprat di Natacha Pugnet da Les Figures de l'art, n°7, 2004

L’esposizione in galleria presenta una seconda opera inedita, Senza Titolo, composta da un parallelepipedo di schiuma polimerica dove sono conficcate numerose schegge di selce, che l’artista si procura nell’area di Grand-Pressigny. Questa zona, nella Francia centrale, è nota per le vestigia e i manufatti ritrovati della fine dell’età della pietra.
L’opera combina un elemento minerale rigido, la selce, con un elemento sintetico estremamente cedevole, la spugna per composizioni floreali, e richiama nella sua semplice forma il “Tribulum” rudimentale attrezzo agricolo nei secoli utilizzato per la trebbiatura in tutta l’area del bacino del Mediterraneo.

Saranno in mostra anche “Larve Aquatique de Trichoptère avec son Etui”. Questa opera, con cui Hubert Duprat esordì negli anni Ottanta, continua ad avere grande risonanza per la sua complessità concettuale. Si tratta di un lavoro d’ispirazione entomologica dove la larva di un insetto acquatico, il tricottero, viene spostata dal suo habitat naturale in un habitat artificiale fatto di pagliuzze d’oro, piccole perle, pietre preziose. In questo modo, l’insetto, invece di costruirsi il proprio astuccio protettivo con i detriti raccolti dal letto del fiume, si vede costretto ad utilizzare i nuovi materiali preziosi di cui è circondato, e crea dei veri e propri gioielli, presentati da Duprat come sue opere.

Hubert Duprat,1957, vive nel sud della Francia.
Insegna all’Ecole des Beaux Arts de Nîmes.
Artista autodidatta è attivo già dalla metà degli anni Ottanta.
Si è da poco conclusa una sua personale alla galleria Art Concept di Parigi.
Espone, fino al 12 maggio, in “Micromania” presso la galleria Gagosian di Parigi: una mostra sulla scultura di piccole dimensioni con opere dei maggiori artisti del XX e XXI secolo.
Il 4 giugno, all’Ecole des Beaux Art di Ginevra, inaugura a cura di Christian Besson: “Le miroir du trichoptère” esposizione dedicata alla enorme collezione bibliografica e documentativa sui tricotteri raccolta dall’artista stesso. Di seguito le sue esposizioni personali dal 1985 ad oggi:

2012 Caterina Tognon, Venezia
GalerieArt Concept. Paris
HEAD – Genève, Le Miroir du Trichoptère.
2011 Norwich Museum.
V.r.a.c. Millau
2009 Frac Languedoc-Roussillon. Montpellier
2008 Centre International d’Art et du Paysage. Vassiviére
2005 Galerie Art Concept, Paris.
2002 Galerie du Cairn,Musée-promenade,Digne-les-Bains.
2001 Sale Arte Contemporaneo Luis Miro Quesada Garland ,Miraflores-Lima.
Zero, Piacenza.
2000 Monk Parakeet, Chicago.
Decimus Magnus Art, Bordeaux.
Galerie Annie Gentils, Antwerpen
1999 Mamco, Genève
Deutsche Gesellschaft für Christliche Kunst, Munich.
1998 Musée Picasso, Antibes.
Frac Limousin, Limoges.
1996 Le Parvis, Pau.
Villa Formose, Ecole d’Art et de Communication, Pau.
1995 La Chaufferie, galerie de l'Ecole des arts décoratifs, Strasbourg.
Neuerraachenerkunstverein, Aachen.
Galerie studio 20, Moscou.
Villa Arson, Centre national d’art contemporain, Nice.
1994 Le Creux de l’Enfer, Thiers.
Galerie du Collège Marcel Duchamp, Châteauroux.
1992 Hôtel Saint-Simon, Frac Poitou-Charentes, Angoulême.
Galerie Jean-François Dumont, Bordeaux.
Hôtel des arts - Fondation nationale des arts (avec Alain Séchas), Paris.
1990 La Criée, halle d’art contemporain, Rennes.
1989 Galerie de la villa, Villa Arson, Centre national d’art contemporain, Nice.
Galerie Jean-François Dumont, Bordeaux.
A.P.A.C., Centre d’art contemporain (avec Pascal Convert), Nevers.
1988 Galerie Jean-François Dumont, Bordeaux.
1986 Galerie Jean-François Dumont, Bordeaux.
1985 Réfectoire des Jacobins (préfiguration du Musée d’art moderne), Toulouse.

Mario Dei Rossi,1926, maestro vetraio, vive e lavora a Burano.
All’eta’ di 14 anni entra a lavorare in un’azienda muranese, parzialmente automatizzata, che produce cristallerie. A 19 anni affianca il padre in una officina meccanica: breve pausa dal vetro, utile per lo sviluppo di una manualità a tutto campo. A vent’anni, è di nuovo in fornace: questa volta in un’azienda artistica: la Aureliano Toso, dove si produce con le tecniche usate a Venezia a partire dall’XII secolo. A 24 anni è già “maestrino”. Dallà meta degli anni ’70 agli inizi degli anni ‘90, è “primo maestro” presso la famosa “Fucina degli Angeli” di Egidio Costantini: una fornace dove hanno lavorato grandi artisti del novecento. Uno degli episodi della sua carriera che ama ricordare, è la realizzazione di figurine di Arlecchino, perfettamente calibrate nel loro equilibrio di pesi e colori, realizzate su disegno di Dino Martens.
Il suo maggior vanto, a pieno titolo, è quello di avere sempre avuto la curiosità e la capacità di imparare tutte le tecniche artigiane muranesi, e di saper realizzare ogni tipo di opera: dalla scultura massiccia al bicchiere, dall’alzatina al lampadario. Salviati è la sua ultima fornace. Nel 1988, nel suo piccolo laboratorio di Burano, si dedica ad una tecnica vetraria a lui nuova: la murrina a freddo.

Antonio Dei Rossi, 1964, vive e lavora tra Treviso e Burano.
Si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1987.
Grafico, pittore, scultore, artista digitale, designer di oggetti e di abiti, Dei Rossi è un eclettico che ama sperimentare soluzioni tecniche ed espressive molto diverse tra loro.
Dopo un percorso artistico che lo porta ad utilizzare il vetro artistico sempre più frequentemente, Antonio Dei Rossi s’interessa alla preziosa arte vetraria della murrina figurativa, apprendendo la tecnica dal padre Mario. A partire dagli anni 2000 Antonio crea gioielli studiati per incastonare le miniature di vetro: proprio come si usava a Venezia tra il XIX e il XX secolo. Ancora oggi si incontrano eleganti signore veneziane che indossano orecchini, pendenti, anelli realizzati in oro e Murrina.

“Murrina” è un termine coniato nel 1878 dall'abate Vincenzo Zanetti, che tanto contribuì alla rinascita della vetraria muranese dopo un lungo periodo di crisi. Zanetti adottò questo termine per definire vasi e ciotole in vetro mosaico che i Romani facevano usando sezioni di canna che presentavano al loro interno, per tutta la lunghezza, disegni astratti o figurativi come volti, fiori e animali. Li chiamò così perché in qualche modo potevano ricordare gli oggetti che gli stessi Romani eseguivano usando la variopinta pietra murrina, che peraltro nessuno ha mai conosciuto. Da allora il termine murrino è rimasto e serve ad identificare le singole sezioni di canna.
Nel 1800 sono state realizzate delle murrine figurate che vengono considerate dei veri capolavori. Dapprima Giovanni e il figlio Giacomo Franchini realizzarono tra il 1830 e il 1860 delle figure molto complesse, che andavano dal Ponte di Rialto alla Gondola, dal ritratto di Angelina a quello del Conte di Cavour e molte altre. Franchini realizzava queste sue minuscole ma preziose opere non nella fornace, bensì “a lume” con dei procedimenti complessi che comprendevano numerose fasi di lavorazione. da Wikipidia