Davor Ciglar – Scappa Bambi!… Scappa!

Informazioni Evento

Luogo
MAGAZZINI DELLA LUPA
Via Della Lupa 10, Tuscania, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

ven. sab. 16.00-19.00 dom. 11.00-13.00

Vernissage
12/05/2012

ore 17

Artisti
Davor Ciglar
Generi
arte contemporanea, personale

Scappa, Bambi!… Scappa! è una frase molto più forte dell’incitamento che, in una magnifica pellicola degli anni ’90, la piccola Jeannie rivolgeva al coetaneo Forrest Gump vessato da bulletti, tenace velocista negli itinerari di un dolore già divenuto norma, meccanica meno assurda nel produrre ferite non meno lancinanti, peraltro. Di questa certezza si nutre il percorso di sculture in ceramica, dipinti, installazioni architettato da Davor Ciglar, nel quale Bambi è l’uomo in bilico tra forza creatrice e distruttrice.

Comunicato stampa

Sabato 12 maggio ai Magazzini della Lupa di Tuscania alle ore 17.00 vernissage della mostra di arte contemporanea Scappa, Bambi!... Scappa! di Davor Ciglar.

Scappa, Bambi!... Scappa! è una frase molto più forte dell’incitamento che, in una magnifica pellicola degli anni ’90, la piccola Jeannie rivolgeva al coetaneo Forrest Gump vessato da bulletti, tenace velocista negli itinerari di un dolore già divenuto norma, meccanica meno assurda nel produrre ferite non meno lancinanti, peraltro. Tratta dalla più intrinsecamente violenta storia partorita dalla cinica pedagogia disneyana, fa affiorare dalla memoria di quasi ciascuno di noi il ricordo di drammatiche sequenze, di contrasti brutali fra la tenerezza del cucciolo e la gratuita violenza di una natura perturbata dall’uomo, di sottintesi imperiosi quali la fatalità di un mondo univocamente al maschile, in cui sopravvivono eroi solitari. Terrore e abbandono sono gli incubi di ogni piccola vita – e piccola non dipende solamente dall’età – e soprattutto sono i motori dell’infinito strazio che divora energia, preclude storie, nega un tempo, dissolve sostanza: e che lo strazio abbia la forma delle stragi senza fine rovesciate sulla superficie liquida dei nostri schermi, la voce urlante del macello, l’occhio impotente e rassegnato della vittima ancora palpitante, e triste d’indicibile tristezza, ecco, questa è la nostra certezza. Perché la meccanica del dolore non genera cognizione, non spiega, non specifica, non norma.
Di questa certezza si nutre il percorso di sculture in ceramica, dipinti, installazioni architettato da Davor Ciglar, nel quale Bambi è l’uomo in bilico tra forza creatrice e distruttrice, tra la pulsione e il battito da un lato, dall’altro la ragione e lo spirito. L’introduzione è affidata a due pannelli in plexiglas recanti l’uno l’ectoplasmatica contorsione del protagonista-simbolo della mostra, Bambi, tale da generare una percezione acuta del dolore; l’altro la silhouette graffita di un uccello nello stile di Mirò, onirico cantore di un tempo senza dolore. Forme sospese in una no man’s land attendono quindi i viaggiatori: l’itinerario è nel dolore, dunque, e le stazioni del viaggio sono materia sfatta, carne slabbrata, brani che possono essere viscere, sessi, epidermidi lacerati da coltelli e punteruoli dall’artista, ispirato ed apparentemente irretito dalla ritualità (una meccanica, ancora!) del pulp che rasenta il fetish, fra i colori allucinati dei peggiori incubi di Francis Bacon; oppure il contorcersi di un corpo alla ricerca del piacere, e il com-piacersi ed il guardare altrove, una volta ritrovata/conquistata la purezza – e quell’argento sulla gamba di Bambi-Atteone è metamorfosi avvenuta (lecito chiedersi se la salvezza stia nel sé). In mezzo stanno evocazioni di vittime e carnefici, intense citazioni e fuorvianti riferimenti: come altrimenti prendere un mutilo Marat assasiné nella vasca, pupazzo demitizzato e denudato nel suo essere carnefice di sé (no, la salvezza non può stare nel sé!), simbolo dell’intransigenza macellaia in nome di idee fatte visioni allucinate? Dall’altra parte stanno le macerie: avanzi brulicanti di materia sconvolta; un divano altrimenti rassicurante e avvolgente, teatro però di uno stupro, fra tende-imeni sfilacciate e sangue; ed una sconvolgente, fulminante evocazione, a distanza di 37 anni, del poeta-cerbiatto Pierpaolo Pasolini: brandelli, pneumatici corrosi, l’urlo strozzato da una violenza sorda, colori pastello di un’anima innocente e consapevole sono il viatico verso le sue parole immortali. (Furio Durando)