Shepard Fairey – Print and destroy
60 serigrafie in vendita, provenienti da collezioni private, esposte presso la galleria Federica Ghizzoni a Milano. È la prima volta che tanti soggetti firmati Shepard Fairey convivono in un unico spazio a Milano.
Comunicato stampa
Dal 15 maggio al 15 giugno 2012, Federica Ghizzoni e Heineken presentano la mostra “Print and Destroy”, la prima grande esposizione personale a Milano dell’artista americano, assurto alla fama assoluta quando una sua opera è stata utilizzata per la vittoriosa campagna elettorale di Barack Obama.
“Question everything”, discuti qualunque cosa, è il motto di Shepard Fairey, da tutti conosciuto e riconosciuto come Obey (“obbedire”, la parola inserita sotto il suo primo sticker, che ormai ha fatto storia, in cui l’artista di strada ha illustrato il wrestler the Giant). È con questo spirito che l’americano realizza le sue opere, dall’aspetto quasi ornamentale, ma dal contenuto fortemente denso: personaggi politici, come George W. Bush coi baffi da Hitler; paesaggi urbani falsamente romantici, perché rovinati da industrie, smog e ripetitori, come in These sunsets are to die for; simboli di diverse razze, culture e religioni riletti in maniera ironica; messaggi sociali e messaggi contro la guerra; o ancora personaggi riconoscibili come Cassius Clay, o una parodia dello zio Sam con in mano sei teschi a rappresentare sei diversi valori - diritti umani, democrazia, pace, giustizia, privacy, libertà civile – che l’artista considera morti, ma con una chiara indicazione: “fate come dice, non come agisce”.
Questi alcuni dei temi illustrati nelle 60 serigrafie esposte presso la galleria Federica Ghizzoni a Milano. È la prima volta che tanti soggetti firmati Shepard Fairey convivono in un unico spazio a Milano. Le opere di Obey, riconoscibili sia per il raffinato stile illustrativo che ha sempre utilizzato per le strade, che per i soggetti scelti con cruda ironia e intelligente polemica, raggiungono fama e mercato internazionale quando Obama vince le elezioni e diviene presidente degli Stati Uniti. Shepard Fairey infatti nel 2008 realizza un poster con un ritratto dell’allora deputato americano, dal titolo Hope, speranza. Obama vince e l’opera diviene un simbolo. Il suo autore non solo ottiene la consacrazione di writer tra i più famosi al mondo, di fianco a un nome come quello dell’inglese Banksy, ma raggiunge anche il suo scopo: diffondere un’intenzione, in questo caso quello di “avere speranza”. Dunque “il medium è il messaggio”, per parafrasare uno dei maestri di Obey, Marshall McLuhan, e senza dubbio inquadra lo scopo dell’opera, insieme alla reazione dell’utente per le strade. Dunque Obey come un Banksy, con una differenza: di lui si conoscono il nome e cognome e il volto.
Shepard Fairey, classe 1970, incomincia nel 1984 come illustratore e graphic designer su skateboards e magliette; nel 1989 si impadronisce dei muri delle sue strade con una campagna di stickers grazie alla quale è riconosciuto dalla gente; studia a Boston dove espone per la prima personale nel 2009 presso l’Institute of Contemporary Art, dunque consacrato all’interno di un Museo: è un traguardo particolare e prestigioso per un artista di strada che ha finalmente la possibilità di esporre all’interno del contenitore più tradizionale per l’arte opere come serigrafie, stencils, stickers, collages, e anche lavori su legno, metallo e tela. Da un pubblico di amici e studenti, al target elitario dell’arte e alle copertine del New York Times.
Dal 2008 a oggi si registrano 257 passaggi in asta con un venduto del 77%
Oggi l'artista vive e lavora a Los Angeles. Tra i graphic-designer e illustratori più celebri degli Stati Uniti, lascia opere nelle collezioni dello Smithsonian, del Los Angeles Country Museum of Art, del MoMA, del Museo di Arte Contemporanea di San Diego, della National Portrait Gallery di Washington e del Victoria & Albert Museum di Londra
Dopo lavori in strada, rincorse, arresti, mostre importanti, ecco le sue opere serigrafiche a Milano, in mostra con una numerazione da 1/300. Tutte le opere saranno in vendita presso la galleria e provengono da una collezione privata che ripercorre gli ultimi dieci anni di attività lavorativa dell’artista.