L’intimità dell’immagine come luogo in comune
Una collettiva degli studenti dell’Accademia di Brera.
Comunicato stampa
“Da qualche tempo nella riflessione sul mio lavoro, e poi in dialogo con i miei studenti a Brera, si presenta la necessità di sollevare la questione dell’immagine. Una questione che nella considerazione postmoderna è stata stilizzata come oggetto bidimensionale destinato al consumo populistico. Secondo l’avvento di una nuova sensibilità, e quindi di una nuova coscienza, occorre rimettere l’immagine in una luce in cui essa potrà apparire come causa germogliante. Quale potrebbe essere una ridefinizione dell’immagine, dopo la sua riduzione a semplice veicolo di contenuti, a oggetto di analisi semiotica o a illustrazione dello spettacolare? Pare proprio che la natura dell’immagine escluda ogni definizione circostanziale. Avvicinarsi alla natura dell’immagine è un atto di essenzialità (vedi Gianni Caravaggio, Immagine seme, in Arte Essenziale, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2010).
Nella riflessione in Aula tale atto di essenzialità si è manifestato nell’osservare insieme i lavori, non con la pretesa di una significazione forzata, né d’altro canto come strategia d’impatto visivo per impressionare il pubblico. Piuttosto l’osservazione ha costituito un atto in cui ogni particolarità fisica e cromatica diventava protagonista sensibile della nostra immaginazione. Facendo così, stavamo esplorando la natura dell’immagine. Natura dell’immagine che nella nostra riflessione abbiamo definito come immagine-immaginazione, e che esige un dialogo intimo con l’osservatore. L’“intimità” in questione non è da equivocare con “privato”, perché qui per “intimo” si intende un’esperienza particolare in cui le immagini che affiorano in realtà sono quelle che profondamente ci costituiscono. In questo senso, tali immagini affiorano dall’abisso della psiche umana, che si immerge nella concretezza della materia. Tale esperienza costituisce una “intersoggetività” di visione, o in altre parole, emerge in me qualcosa che è naturalmente condiviso anche da un’altra persona. Ogni persona intimamente percepisce, sente e immagina qualcosa di misteriosamente condivisibile. Ci è stato fin subito chiaro che questa dimensione di condivisione nuota in una dimensione intuitiva ed è molto poco affine alla ragione informativa in cui oggi di solito è rilegata la definizione di “pubblico”. Ma tale dimensione intuitiva, una volta percepita, ci si presentava come un’esperienza irriducibile e basilare. Il dialogo intimo della fruizione in cui si genera l'immagine-immaginazione sembra d’altronde poter costituire una possibilità di narrazione, non una narrazione epica e precostituita ma evocata e aperta. In questa definizione di “intimo” un’energia sembra voler risollevare la vecchia questione dell’universalismo. Con la differenza che, al giorno d’oggi, un possibile “nuovo universalismo” sarebbe radicato nella particolarità della sensibilità e si presenterebbe solo come epilogo dell’esperienza. Tutte queste nostre osservazioni e riflessioni sollevano e sono state dall'inizio sollevate da una questione essenziale: il mistero che costituisce l’opera d’arte”.
Gianni Caravaggio, aprile 2012