Carrera | Panozzo | Patarini

Informazioni Evento

Luogo
ZAMENHOF
Via Ludovico Lazzaro Zamenhof 11, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
26/05/2012

ore 21

Artisti
Valentina Carrera, Moreno Panozzo, Virgilio Patarini
Generi
arte contemporanea, collettiva

Tre Mostre personali presso la Galleria Zamenhof.

Comunicato stampa

Si aprono mercoledì 23 maggio 2012 e s'inaugurano Sabato 26 maggio, alle ore 21.00 con una performance dei Rain Dogs in the Fog presso la Galleria Zamenhof di Milano, via Zamenhof 11, le tre mostre personali di Valentina Carrera, Moreno Panozzo e Virgilio Patarini. Le mostre proseguiranno fino al 10 giugno.

VALENTINA CARRERA, Symbols. Sala Burri, a cura di Virgilio Patarini

MORENO PANOZZO, Impronte. Sala Rothko, a cura di Virgilio Patarini e Valentina Carrera

VIRGILIO PATARINI, Tempo sospeso. Sala Vedova, a cura di Valentina Carrera

VALENTINA CARRERA

(...) Seguendo la definizione di Jung, per cui “la macchina psicologica, che trasforma l'energia, è il simbolo”, il lavoro della Carrera consiste nell'utilizzare o creare una serie di simboli, tratto comune tra l'altro a molta arte contemporanea, rendendo evidente ciò che normalmente non lo è.

All'interno della sua produzione ci sono tematiche costanti, riprese in declinazioni sempre nuove: dall'amore alla morte, dal rispetto per la vita alla passione per la poesia, dal calore della Natura alla disperazione per ogni forma di meschinità.

Ogni opera sta per un'emozione oppure un'idea, ma contemporaneamente rimanda ad un universo complesso di relazioni tra sé e le altre opere.

Il percorso indicato da San Paolo “per visibilia ad invisibilia” arriva al suo traguardo finale, grazie al fatto che la materia, completamente sublimata dall'arte informale della Carrera, non rimane per questo persa in un magma indifferenziato. Il merito delle sue opere infatti è quello di essere in grado di segnalare e mostrare sempre un cuore pulsante, spesso appunto un simbolo, capace di magnetizzare e metabolizzare le energie cromatiche intorno a sé, per poi veicolarle verso l'esterno e quindi instaurare un silenzioso dialogo con l'osservatore.

È così che il simbolico, notoriamente contrapposto all'esistenziale, con questo si riconcilia. (...)

Alessandro Baito

MORENO PANOZZO

Lasciare traccia: non vi è dubbio che questo è il desiderio d’ogni artista. Lasciare traccia, memoria, affinché il pensiero e l’opera non vadano perduti e rimangano nel tempo. Per Moreno Panozzo questo desiderio va oltre: è affermazione che si colora di significati che strutturano l’intera sua opera d’artista di scultore pittore, designer. Della traccia e dell’impronta ne ha fatto il suo universo espressivo. Sappiamo che lasciare traccia ha in sé l’anelito all’immortalità, è aspirazione a quel 'per sempre' così impossibile, è l’effimero che si affaccia sulla scena del reale con tutta la sua problematicità d’assunto teorico, in un’epoca in cui, parlando di memoria, non si può prescindere dalla memoria internet planetaria, preambolo culturale della nuova civiltà. Moreno Panozzo desidera lasciare tracce, impronte, impronte vere, autentiche, vuole scriverle sul corpo della materia. E’ un processo creativo che procede in simbiosi con la vita, ne deposita solchi, interstizi, vuoti e pieni. L’opera d’arte è il risultato di un’azione spirituale che tende a trasmettere direttamente alla materia la sua carica, la sua ragione umana attraverso i modi dell’operare, del procedere a strati, dell’imprimersi […]

Stefania Carrozini

VIRGILIO PATARINI

Verso la fine dell’alfabeto greco emerge, come un frutto tardivo, l’inquieta eleganza della lettera c (chi). Simbolo algebrico, nome di Cristo, origine di figure retoriche e ritmo scultoreo che scioglie la rigidezza, la c, più che una lettera, è lo schiudersi di un mondo in movimento in cui «sopra e sotto» si confondono, «dentro e fuori» si contaminano e i punti di vista oscillano vertiginosamente.

L’arte di Patarini trattiene, nel suo gioco di rimandi letterari più o meno espliciti, un incrocio di mondi che si muovono in direzioni opposte, inconsuete e inattese: verticale e orizzontale, leggerezza e pesantezza, memoria e oblio, impalpabile presenza e insostenibile assenza. E non è detto che la leggerezza (la memoria, l’ascesa verticale e la presenza) si trovi laddove il nostro occhio è più abituato a vederla. Anzi: tutta la poetica concretezza di quest’opera di Patarini si incarna in quell’unico punto di contatto che genera il chiasmo, quando direttrici violentemente proiettate altrove, quasi per un fato ostinato, si toccano incrociandosi. [...] L’opera di Virgilio Patarini ripropone, con linguaggio artistico, quello che Merleau-Ponty espresse in concetti ovvero: l’enigma del corpo, l’enigma della visione. Ogni rigida distinzione tra soggetto e oggetto, interiore ed esteriore, vedente e visibile viene scardinata, e ogni elemento si fonde e si confonde col suo doppio e col suo opposto. Il fruitore dell’opera d’arte diviene così attore di una rappresentazione dai molteplici significati, decodificatore di un’emblematicità che racconta la trama dell’Essere nelle sue più sfumate accezioni. In ultima analisi, l’opera di Patarini è un frammento di quello specchio deformante e rivelatore che trasforma le cose in spettacoli e gli spettacoli in cose.

Valentina Calzia