Giovanni Frangi – Mappe
È la settecentesca sala degli stucchi di Villa Morosini ad ospitare Mappe, l’articolato progetto messo a punto da Giovanni Frangi per gli spazi della dimora dogale situata lungo le rive del Po. La mostra raccoglie tredici opere su tela realizzate dall’artista milanese nonché una serie di trentasei foto dipinte estratte dai documentari che raccontano la disastrosa alluvione del Polesine, avvenuta oltre sessant’anni fa.
Comunicato stampa
È la settecentesca sala degli stucchi di Villa Morosini ad ospitare Mappe, l’articolato progetto messo a punto da Giovanni Frangi per gli spazi della dimora dogale situata lungo le rive del Po. La mostra raccoglie tredici opere su tela realizzate dall’artista milanese nonché una serie di trentasei foto dipinte estratte dai documentari che raccontano la disastrosa alluvione del Polesine, avvenuta oltre sessant’anni fa.
Mappenasce come un complesso lavoro site specific sulla candida sala della villa, caratterizzata dalla presenza di una decina di cornici realizzate con decorazioni a stucco (dieci lungo i muri perimetrali e da tre sul soffitto) che nel passato ospitavano delle tele, andate però disperse negli oltre quattro secoli di storia della villa. Frangi ha pensato così di riempire quelle nicchie aperte riportando nella stanza il paesaggio del Polesine che costituisce il tessuto connettivo in cui la villa è inserita. Con un ritmo cromatico segnato dai rosa e dai viola, si susseguono così le viste dell’ambiente in cui la geometrie dei campi e dei canali sono innervate da linee spezzate trasversali. Terra e acqua si toccano e si intrecciano, spazio reale e immagine si susseguono senza soluzione di continuità, dissolvendo sulla tela i dettagli più realistici in zone di colore omogenee. Frangi infatti procede per sintesi, per concentrazione, per stadi di successiva sottrazione, poiché vedere, come scrive il curatore nel saggio, «è un’operazione che si fa anche ad occhi chiusi». Se il rapporto tra interno ed esterno delle pareti è caratterizzato da un ritmo serrato, alimentato anche dalla presenza delle finestre che alternano le tele, le tre opere sul soffitto parlano per la sola presenza del colore, senza alcuna ansia di rappresentare il cielo del Polesine, che è bello immaginare.
Alcuni tavoli, collocati nel centro della sala degli stucchi, raccolgono invece i lavori che Frangi ha realizzato lavorando sulle immagini dell’alluvione del 1951, che gli italiani hanno conosciuto grazie ai giornali e alla televisione. Sono foto in cui in cui il colore aggiunto dall’artista addolcisce il dolore del ricordo, e nello stesso tempo, rievocando quel tragico evento del passato, rende quella sensazione viva e presente. In questo modo Frangi riappacifica quello che sta alle nostre spalle con i tanti paesaggi, reali o immaginari, che stanno fronte al nostro sguardo.
Correda la mostra, realizzata con il sostegno di Dadadopo, un catalogo con testi di Paolo Serafini, Luciano Zerbinati, Brigida Mascitti e del curatore.