Strutto Piacentini – Carnibali

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA GALLERATI
Via Apuania 55, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal lunedì al venerdì: ore 17.00-19.00 / sabato, domenica e fuori orario: su appuntamento

Vernissage
05/06/2012

ore 19-22

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Strutto Piacentini
Curatori
Geoffrey Di Giacomo
Generi
arte contemporanea, personale

“Con la mostra Carnibali – Per farla finita con i tagliatori di carne l’artista Strutto Piacentini denuncia gli effetti devastanti dell’industria della carne e della mercificazione della vita animale, che finisce per trasformare l’uomo stesso in un prodotto di macelleria.

Comunicato stampa

Carlo Gallerati è lieto di presentare Carnibali – Per farla finita con i tagliatori di carne, una mostra personale di Strutto Piacentini a cura di Geoffrey Di Giacomo.

“Con la mostra Carnibali – Per farla finita con i tagliatori di carne l’artista Strutto Piacentini denuncia gli effetti devastanti dell’industria della carne e della mercificazione della vita animale, che finisce per trasformare l’uomo stesso in un prodotto di macelleria.

In continuità coi suoi lavori in cui aveva già affrontato il problema dell’estetica dei bisogni (Pasticcerie umbre, Progetto Iubris e le Insegne di Farmacia, queste ultime presentate alla Galleria Gallerati nel 2010), Piacentini mette oggi in mostra gli ultimi residui, apparentemente innocenti, di questo commercio: i vari tipi di carta usata per confezionare i tagli di carne nelle botteghe, veli che vogliono nascondere il sangue e il dolore, e per questo stampati frequentemente con un tono sbiadito di rosso, quasi a voler mischiare fra loro marchi logori e ferite recenti. Su queste carte resistenti, ma pensate per durare poco, l’impronta del macellaio – confusa tra segni e disegni – rappresenta la firma più inquietante di questa indifferenza esibita verso il mondo della vita, verso la famiglia animale da cui discendiamo e a cui, in fondo, noi stessi apparteniamo. Come non pensare che questa indifferenza non finisca per inquinare anche i rapporti tra gli uomini?

Gli animali non sono oggi solo destinati al macello; essi vi si trovano fin dall’inizio, in un certo senso vi nascono. Allevati in batteria come prodotti di una catena automatizzata, razionalizzata per evitare sprechi e costi inutili, veri e propri ingranaggi di una catena di smontaggio che finisce per ridurli in anonime e sterilizzate porzioni, essi costituiscono davvero la cifra ultima della nostra alienazione di umani immobili e a loro volta resi anonimi della meccanica del consumo.

Il carnibale, a cui si riferisce Piacentini, è tout court un dominatore indifferente che attua un assoggettamento rapace, indiscriminato, un vero apparato tritacarne, che come tale agisce ben oltre la dimensione dell’alimentazione; Piacentini proietta questa “macchina da sangue” che uccide, taglia ed esibisce muscoli e vene appena recise, anche nel sistema dell’arte, in cui si obbedisce alle medesime regole. E’ il trionfo dell’estetica della crudeltà, rispondente a una strategia dell’attenzione forzata. Le stesse opere d’arte sono ormai brandelli e frammenti pensati per soddisfare un mercato ingordo, bulimico e anoressico, creato da un’arte diventata violenta, aggressiva, proterva e opportunista.

Piacentini insiste su un punto preciso: porre termine all’ipertrofica e irrefrenabile catena alimentare del bestiame disumanizzato per eccesso di tagliatori. E – nella stessa prospettiva – farla finita con un’industria culturale necrofila e orientata sempre più verso la spettacolarizzazione dell’orrore. Dunque Piacentini adotta gli involucri cartacei trasformandoli in una barriera di fronte all’estetica glaciale della camera frigorifera, a protezione di una coscienza che vorrebbe risvegliarsi e ribellarsi al dominio della merce e dell’industria onnivora e cannibale.

La mostra di Piacentini si declina in un tempo assai critico verso il “consumo” di arte, e tra le poche cose in esposizione include, oltre ad alcune serie di fogli di macellerie, dei verisimili realizzati dall’autore, delle confezioni di macelleria (pacchetti dal contenuto ignoto) e, appeso a un gancio di acciaio da mattatoio, un impressionante groviglio di stoffe di color rosso, vivido segno che rinvia all'umanità sanguinante e alle sue cose e parole: quelle stesse che necessariamente usano, come le opere in mostra, le forme della assai parlata lingua dell'arte contemporanea.” (Geoffrey Di Giacomo)

Ha scritto in proposito l’autore:

Rifiuto i nostri squartatori di vita

E, come della vita, non di meno dell’arte.

Mi atterrisce e mi resta un silenzio seguente

Di carta da imballo

Che impacchetta crudeltà di valore frazionate.

Qualcuno ritiene queste

Sue proprie fortune.

Il ghiaccio le conserva. Non le migliora.

Si maciullano da se stessi i Carnibali stracci

E lasciano impronte visibili: un pubblico decoro.

________________

Strutto Piacentini, all’anagrafe Giovanni (Sacrofano, 1962)