Ugo Attardi – Il viaggio di Ulisse
In mostra 65 opere tra dipinti, sculture e disegni, tutte provenienti dall’Archivio Storico Ugo Attardi di Roma.
Comunicato stampa
UGO ATTARDI
Il viaggio di Ulisse
a cura di Silvia Pegoraro e Carlo Ciccarelli
Sabato 16 giugno 2012 alle ore 18, inaugura presso l’Ex Garage Ruspi a Latina la mostra UGO ATTARDI. IL VIAGGIO DI ULISSE ( a cura di Silvia Pegoraro e Carlo Ciccarelli), che sarà visitabile sino al 29 luglio 2012: 65 opere tra dipinti, sculture e disegni, tutte provenienti dall’Archivio Storico Ugo Attardi di Roma.
Alquanto interessante la sede espositiva: una grande e luminosissima autorimessa per autobus degli anni Trenta, recentemente restaurata e riqualificata dal Comune di Latina.
L’evento – che rientra nelle Manifestazioni per l’80° Anniversario della Fondazione della città di Latina - è promosso dal Consiglio Regionale del Lazio, dal Comune di Latina e dallo stesso Archivio Storico Ugo Attardi (di cui è procuratore Carlo Ciccarelli e del cui consiglio direttivo fa parte Andrea Attardi, figlio dell’artista). L’organizzazione è affidata a Ulisse Gallery Contemporary Art e all’Associazione Orizzonti Culturali di Roma.
Catalogo SILVANA EDITORIALE, con testi, oltre che dei curatori, di Andrea Attardi e dello stesso Ugo Attardi .
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Ugo Attardi (1923-2006), pittore e scultore di fama internazionale, è stato uno dei più validi e poliedrici artisti italiani del Novecento, legato a un concetto di arte come “viaggio” e ricerca interminabile . Di qui anche la sua passione per il mito, e in particolare per il mito di Ulisse, personaggio animato da un’inestinguibile sete di conoscenza e di scoperta, inquieto e tormentato come fu lo stesso Attardi.
Come scrive Carlo Ciccarelli, procuratore dell’Archivio Storico Ugo Attardi e co-curatore della mostra: “L’aspetto più importante del lascito umano ed artistico di Ugo Attardi, per chi l’abbia conosciuto, è la solida voglia di vivere che ha animato la sua vita e che traspira dalle sue opere; una voglia inevitabilmente percorsa da angosce, frutto, molto spesso, del desiderio di vincere la volgarità dei soprusi”.
Ugo Attardi è fra gli artisti contemporanei che meglio hanno saputo appropriarsi del mito attraverso le immagini, creando un eccezionale trait-d’union tra il mito stesso, il mondo dell’ignoto, del sogno e della magia, della grandezza e dell’orrore, e la realtà cruda e prosaica, spesso misera, altrettanto piena di orrore, ma non di grandezza, della contemporaneità. In essa Attardi è riuscito a svelare, proprio tramite la presenza del mito – soprattutto quello di Ulisse, che sempre lo ha particolarmente affascinato - il meraviglioso mistero che comunque, in quanto vita, presenza, carnalità e pensiero, la anima. Il mito è immagine, è figura che senza posa si agita nella mente e nell’immaginario dell’uomo, e che s’incarna nelle immagini - nelle figure - create dall’arte: per questo ad Attardi non è bastata più la ricerca astrattista, alla quale si era dedicato come co-fondatore del gruppo Forma 1 (1947) e si è sentito irresistibilmente attratto verso la figurazione :
“Ho una visione delle cose del mondo possessiva e carnale, e non riuscivo a inverarla in atti e immagini di pura astrazione: sentivo la mancanza della sottile magia della finzione, la finzione propria della figurazione”. Un percorso, un viaggio, tormentato e affascinante, quello di Attardi, che questa mostra vuole documentare.
Il suo stile si potrebbe definire, con espressione ossimorica, ma proprio per questo carica di promesse e contraddizioni, realismo visionario: un’arte che certo non cancella i fantasmi del reale, l’eterna ossessione della referenzialità, e dell’illusione ottica, ma li immerge nel magma vibrante e inarginabile dell’immaginario individuale, di una visione che è sguardo rivolto al reale, ma è sempre anche sogno, immaginazione, allucinazione, luce calda e trasfigurante, o fredda e tagliente, comunque irreale, colore e materia scultorea sontuosi, sensuali, inquietanti.
La trasfigurazione onirica del dato sensibile è potente e sorprendente, e in certi lavori il pittore-scultore Attardi sembra “scorticare” le figure, in un empito che va addirittura oltre l’istanza espressionista, ricostruendone un involucro vivo e bruciante di colori incandescenti e di forme nervose e guizzanti, un fastoso miraggio.
Attardi stupisce e disturba, persuade e violenta, grazie alla sua potente retorica visiva. Chiama in gioco meraviglia, seduzione, provocazione: processi psicologici che violano il canone classico - pur così presente alla sua visione “mitologica” - per immergerlo nell’aura fosca di una grande estetica “barocca”. Essa va a contaminare, gioiosamente o dolorosamente, comunque sempre vitalisticamente, in una sintesi originale, i suoi soggetti “classici”: prima di tutto il corpo umano. Infatti i corpi dipinti sin dalla sua prima fase figurativa (dopo quella astratta di Forma 1) esprimono una sorta di immensa “nostalgia” per la scultura, di desiderio indomabile per la corporeità tangibile della terza dimensione. Un desiderio approdato infatti, nel 1967, alla realizzazione di opere scultoree : tra il ’69 e il ’71 lavora al grandioso Arrivo di Pizarro; degli anni '70 sono altri monumentali gruppi scultorei in legno, come quelli del ciclo Cortés e la bellezza dell’Occidente (1974-76) o Il ritorno di Cristóbal Colón (ca.1974-1980).
Incise con una precisione ossessiva e acuminata, le figure scolpite da Attardi sprigionano un “perturbante” (unheimlich…) senso di ansia e di angoscia. Con il passar del tempo, tuttavia, le loro forme febbrili vanno placandosi in una compagine più tradizionalmente “classica”, per quanto sempre tesa e vibrante, che sembra voler essere la misura ideale dei personaggi della mitologia e della letteratura classica che esse rappresentano, come il monumentale Ulisse del 1996, o l’Enea del 2003 (tra le ultime opere dell’artista).
Ma è il corpo femminile quello che in Attardi più colpisce e con più efficacia rappresenta la sua cifra espressiva e il paradigma della sua poetica. Dominanti, maestose e regali, feline e inquietanti, aggressive e languide – dalla Circe delle opere ispirate all’Odissea alle danzatrici delle Milonghe argentine, dall’altera e minacciosa Donna Cantante scolpita nel 1984, alla “regina” del quadro Mendicante implora Regina africana (1993) - le donne di Attardi incarnano la matrice stessa del mito originario, la sintesi tra il dolore e l’amore, tra la vita e la morte, tra il bello e l’osceno.
NOTA BIOGRAFICA
UGO ATTARDI (Sori, Genova, 1923 – Roma, 2006)
Nato presso Genova da genitori siciliani, all’età di un anno si trasferisce con loro a Palermo, dove il regime fascista li costringe a tornare, a causa dell’attività sindacale del padre. Fondamentale nel suo percorso d’artista l’approdo a Roma, nel 1945, dove frequenta lo studio di Guttuso, e già nel 1947 entra nel vivo del dibattito artistico partecipando (insieme ad Accardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato) alla fondazione di “Forma 1”, il primo gruppo astrattista italiano del secondo dopoguerra. Poco dopo avverte però un rinnovato impulso verso la figurazione, sia pure visionaria e problematica, e si allontana definitivamente dall’esperienza astratta, senza tuttavia dimenticarne alcune conquiste formali: dà vita a una personale poetica “classico-espressionista”, fondata su una drammatica compresenza degli opposti: bellezza “classica” e deformità, tenerezza e violenza, fisicità e onirismo.
A partire dagli anni Cinquanta partecipa più volte alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, e tiene grandi mostre personali nei più importanti spazi espositivi italiani. Nel 1961 aderisce al gruppo “Il Pro e il Contro”, accanto a Calabria, Farulli, Gianquinto, Guccione e Vespignani.
Scrive il romanzo L’erede selvaggio, pubblicato nel 1970, e per il quale ottiene nel 1971 il Premio Viareggio per la narrativa.
Nel 1967 avvia una fervida attività di scultore e nascono, dopo L' Addio Che Guevara del 1968, alcuni gruppi lignei tra cui L'Arrivo di Pizarro del 1969-71, e bronzi improntati a forte sensualità.
Sue sculture monumentali sono collocate nelle principali capitali europee e mondiali. Fra di esse Il Vascello della Rivoluzione (1988), a Roma, presso il Palazzo dello Sport; Nelle Americhe, del 1992, a Buenos Aires; il celebre Ulisse, del 1996, a New York; Enea (2004), presso il porto della Valletta (Malta). Il grande Cristo del 2002 è entrato a far parte delle collezioni dei Musei Vaticani.
Nel 2006 l’artista riceve dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi il titolo di Grand’Ufficiale della Repubblica, per i suoi meriti artistici e per aver saputo diffondere e valorizzare in tutto il mondo il genio e la creatività italiani.
Muore a Roma il 21 luglio dello stesso anno.