Franco Marrocco – La Foresta Pietrificata
La mostra presenta oltre settanta dipinti che documentano le esperienze di quest’ultimo decennio, testimoniando un momento di grande attenzione dell’artista ai temi delle spiritualità.
Comunicato stampa
Il 4 agosto 2012 alle ore 18,00 ad Alatri nei suggestivi spazi del Chiostro di San Francesco si apre al pubblico la mostra-evento di Franco Marrocco “La Foresta Pietrificata”, a cura di Luigi Fiorletta, Massimo Bignardi e Loredana Rea.
L’esposizione, promossa dalla Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio, dal Comune di Alatri e dalla NEWART2000 eventi & comunicazione che hanno creduto e sostenuto fortemente questo importantissimo evento, proiettando ulteriormente il nostro territorio sulla scena del dibattito dell’arte nazionale, grazie anche all’apporto puntuale della Provincia di Frosinone, della Camera di Commercio di Frosinone e di Innova – Azienda Speciale della CCIAA di Frosinone, presenta oltre settanta dipinti che documentano le esperienze di quest’ultimo decennio, testimoniando un momento di grande attenzione dell’artista ai temi delle spiritualità: un percorso espositivo che dal dipinto Brace parole mute, del 2004 va all’ampia serie delle Tracce, realizzata tra il 2009 e il 2011, ad Alito e Costato trittico esposto lo scorso anno nella mostra allestita al Museo Diocesano di Milano. Al centro della poetica che accende i registri dell’esperienza pittorica di Franco Marrocco vi è una sensazione percettiva che, di recente, ha chiamato in causa direttamente la dimensione intima e spirituale. Sensazione – è quanto evidenzia Massimo Bignardi nel saggio al volume monografico – che accompagna e connota la quotidiana pratica della pittura, mettendo in essere una varietà luminosa del colore che s’impone ai nostri occhi in modo puramente istintivo.
Questo è quanto si può riscontrare, oramai da un decennio, nelle grandi tele che l’artista realizza nello studio di Saronno, dalle quali appare evidente il tendere verso una maggiore definizione degli elementi del colore e del segno, proposti come processi in atto, ovvero quali ‘sensazioni immaginarie’ capaci di far transitare nel corpo terreno della superficie pittorica, il pensiero, tale da far si che esso si sveli ai nostri occhi nella sua entità, nella sua vita. È uno spostamento che se per gli aspetti dell’esercizio figurativo può apparire chiaro, diversamente sarà per le esperienze astratte e in particolare per quelle che si richiamano ad una astrazione lirica entro il cui ambito si pone la vicenda di Marrocco.
Inclinazione che, se affidata alla induzione persuasiva dell’immagine, potrebbe farci scivolare verso i territori dello ‘spirituale’, con il rischio di disconoscere l’esistenza della pittura nella sua dimensione terrena di liberazione, cioè, rinuncia delle convenzioni e apertura dello sguardo interiore al proprio tempo.”
Marrocco nelle opere recenti, come testimoniano le grandi tele proposte in mostra, “condensa nell’impasto della sua pittura – rileva ancora Bignardi – un’esperienza che lo accosta per sfiorare, appena, la realtà delle cose, degli oggetti e si fa, per prima sotto gli occhi dello stesso artista, eccellenza del pensiero.
”Concludendo che sono lavori che traducono“ nuove sollecitazioni emotive, incontri casuali originati da segni, da colori o, semplicemente, da luminosità cosmiche, com’è per Dialogo, appena avvertibili sulla nostra retina. Di contro […] v’è lo scivolare nel corpo di un magma terreno incandescente, infuocato da continue lingue di rosso e di nero che l’artista controlla attraverso una tecnica, di memoria rothkiana che insiste sulla trasparenza di un colore diluito nell’infinita scala dei toni, tale da acquisire la forza di una vibrante spazialità.