Mirko Basaldella – Un viaggio nel tempo e nella materia
Oltre 130 opere tra pittura scultura e disegni a partire dagli anni Trenta fino agli anni Settanta, scandiscono un percorso che esplora diversi periodi della produzione artistica di Mirko, realizzate con tecniche diverse a rivelare l’abilità di un Maestro del Novecento.
Comunicato stampa
Oltre 130 opere, in mostra fino al 10 settembre, tra pittura scultura e disegni a partire dagli anni Trenta fino agli anni Settanta, scandiscono un percorso che esplora diversi periodi della produzione artistica di Mirko, realizzate con tecniche diverse a rivelare l’abilità di un Maestro del Novecento. Una raccolta unica, un ampio e ricercato campionario per comprendere l'arte dell’artista friulano, un vasto gruppo di opere, circa 70 dipinti accanto a 60 tra disegni e sculture, che restituiscono l’identità e la personalità del maestro, la sua maestria, le linee energetiche che compongono la sua opera, sia essa bidimensionale o tridimensionale.
Celebrato come scultore, e citato come tale nei testi di storia dell’arte, Mirko Basaldella era in realtà un abilissimo disegnatore. Era questa la sua più ampia capacità che emerge indiscutibilmente dalla raccolta in mostra, liberando l’artista dalla unicità della terza dimensione, conferendo alla sua personalità un più completo e sfaccettato ruolo artistico.
Mirko rappresenta il vuoto che assedia le forme e si occupa di tutti gli spazi che lo compongono attraverso le linee energetiche che lo formano, questa la sintesi sulla modalità di espressione di Basaldella, questo il filo conduttore facilmente riconoscibile attraverso la lettura delle opere esposte.
Un’antologica realizzata per raccontare il suo rapporto con la storia e con il quotidiano, con la religione e con il passato, affidato principalmente a quei dipinti (e a quei quindici disegni circa) che determinano la chiara conoscenza dei classici e la capacità di rileggerli in chiave moderna, per darne riferimento nelle forme degli oggetti ad uso comune (Caraffa con drago e belva, 1947 e Brocca con colomba, 1948). Infine un percorso per meglio identificare le tematiche a lui care, legate alla guerra, al concetto di sacralità oppure di mitologia (Scena di persecuzione, 1939, La dea della fertilità, 1967 Simboli sacrali, 1963, Regina di saba, Mosè, 1965, Cristo-via-verità e vita, 1966, Natura morta, 1934, Danzatore, 1954, Figure totemiche, 1956).
Mirko è il secondo genito dei fratelli Basalbella (il minore Afro è un pittore, il primogenito è lo scultore Dino), da subito ha le idee chiare sulla sua vocazione artistica. Allievo di Arturo Martini, la cui lezione resterà indelebile in tutta la sua arte, percorre tutte le tappe dell’arte italiana, frequenta al scuola Romana alla fine degli anni Trenta, conosce Corrado Cagli, a cui rimarrà legato (non solo per motivi famigliari visto che ne sposa la sorella Serena, ma per affinità intellettive), e tutti gli esponenti artistici che frequentavano la capitale di in quegli anni.
Il suo percorso non persegue solo il senso della ricerca formale, dell'espressività e della manipolazione plastica, ma principalmente si dirige verso una dimensione poetica e mitopoietica, come liberazione di energia, costante tensione a uscire “fuori tempo” presente, cioè dalla contingenza degli eventi, per toccare davvero l’essere e la memoria profonda dell'intimo. Ricerca che traspone anche in pittura.
Si dirà di lui: “Mirko è uno degli artisti che per conoscersi hanno da percorrere le infinite età che dentro si portano venendo alla luce della terra” (Libero De Libero).
In un’opera come Simboli sacrali (1963) si constata chiaramente che la composizione è pensata come una delle splendide sculture in lamiera tagliata, che in quegli anni Mirko elaborava dimostrando una inventiva generosa e felicissima, supportata da una maturità che gli permetteva di manipolare molti materiali e di sfruttare qualunque tecnica. Ciò proprio perché egli aveva una precisa consapevolezza della sua memoria artistica al cui servizio poteva chiamare a raccolta ogni stimolo, suggerimento, ipotesi che provenisse dall’esterno. Il radicato principio formativo che lo guidava nelle sue invenzioni, era sempre in grado di volgere ai propri fini gli elementi scaturiti da un contesto, che fosse in questa o quella corrente artistica. Come si intuì presto, e come è facile dedurre attraverso la sua opera vista a distanza, Basaldella cercò nell'intero mondo delle immagini creato dalla storia degli uomini con un profondo rispetto.
La mostra curata da Silvana Costa e dal Commendatore Francesco Muzzi in collaborazione con l’Archivo Cagli, è realizzata grazie al contributo di: AGENZIA RITMO, BONCIANI-GRUPPO-ACMAR, CIRO MENOTTI, CLUB DEL SOLE, CONSAR-GRAR, COPURA, FIAT-S.V.A., IDROEXPERT, MOVITER STRADE CERVIA, NADEP, PENTAGRAMMA ROMAGNA, UNIPOL-ASSICOOP, S.P.M. CONSULTING.
Cenni di biografia
Mirko Basaldella (Udine, 28 settembre 1910 – Cambridge, 24 settembre 1969) studia al Liceo artistico di Venezia, all'Accademia di Firenze e alla Scuola dell'arte di Monza. Lavora nello studio di Arturo Martini come allievo fino al 1933, quindi si trasferisce a Roma. Qui conosce gli artisti della scuola romana quali: Scipione, Corrado Cagli (di cui sposò la sorella), Antonietta Raphaël, Fazzini, Mazzacurati, Leoncillo. Tiene la sua prima mostra nel 1935 alla galleria La Cometa. Un viaggio a Parigi, compiuto nel 1937 assieme al fratello pittore Afro, lo indirizza ad una visione più completa dell'arte uscendo dai confini della cultura mediterranea, assorbendo quella europea. Nel 1939 si stabilisce a Roma ed entra nel gruppo milanese di Corrente. Tra il 1949 ed il 1951 realizza i tre cancelli delle Fosse Ardeatine, imponente scultura in bronzo. Questa significativa esperienza indirizza l’artista verso la ricerca di un nuovo modo di fare scultura, con strutture e materiali diversi da quelli tradizionalmente usati, tra cui: cemento, reti metalliche, fili di ferro, materie plastiche. Negli anni successivi ci furono molte visitazioni della cultura orientale, dell'iconologia mitica, dei totem, dei reperti assiri, mesopotamici, ebraici e precolombiani. Dal 1953 al 1960 utilizza lamine di rame e di ottone ritagliate. Di quel periodo sono la serie dei Leoni di Damasco e delle Chimere. Nel 1957 è chiamato a dirigere il Design work shop al Visual Art Carpenter Centre della Harvard University di Cambridge nel Massachussets, da qui la sua scultura viene orientata verso direzioni tecnologiche, meccanicistiche e verso stimolazioni fantastiche dell'artigianato sacrale, tra l’altro, dei pellerossa. Nella seconda metà degli anni sessanta si dedica ad una nuova serie di legni dipinti, gli ultimi bronzi e bronzetti nascono dalla capacità dello scultore di plasmare ogni tipo di materia, dai materiali di scarto ai mattoni, ai residui dei materiali d'incarto industriale. Infine ricompaiono anche i temi dichiaratamente figurativi ispirati alla tematica biblica degli anni trenta, carichi di raffinate memorie culturali.