Margherita Ragno – Aberratio ictus

Informazioni Evento

Luogo
COART GALLERY
Vico San Francesco 4/6 , Corato , Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

tutti i giorni 10.00/12.00 - 18.00/22.00

Vernissage
08/09/2012

ore 20

Artisti
Margherita Ragno
Curatori
Alexander Larrarte
Generi
arte contemporanea, personale

La selezione delle opere in mostra prevede tre lavori editi e due lavori inediti con l’intento di scandagliare le passioni delle umane genti con “nuda realtà dei corpi” lì dove la resa realistica provoca un cortocircuito e l’immagine, il corpo, il “grasso” non è più celato ma si svela agli occhi dell’osservatore.

Comunicato stampa

Sabato 8 settembre 2012, alle ore 20.00, presso la CoArt gallery di Corato, si inaugura "Aberratio ictus", mostra personale di Margherita Ragno, a cura di Alexander Larrarte con note critiche di Giuliana Schiavone e Lorenzo Madaro.

Derivata dal campo del diritto penale, la locuzione latina "aberratio ictus" indica la seguente fattispecie di reato: "offesa di persona diversa da quella a cui l'offesa era riferita".
Nella dimensione comunicativa artistica, che implica costantemente la partecipazione percettiva di più parti, l'azione del soggetto che crea, diretta sul medium artistico può generare personaggi che attivano nello sguardo di chi guarda una reazione di coinvolgimento emotivo diretto, di slittamento critico o della colpa. Si tratta di un fenomeno in cui l'osservatore si sente direttamente coinvolto, leso nella morale abitudinaria e condivisa, o in qualche modo chiamato in causa dalle stesse figure, tanto cariche di realismo da sfiorare la soglia dell'offesa, che non rifuggono dal pubblico ma l'osservano, scrutano, traboccanti di tutti i loro difetti, colpe e fisicità, sino a farlo sentire quasi colpevole di "normalità".

La selezione delle opere in mostra prevede tre lavori editi e due lavori inediti con l'intento di scandagliare le passioni delle umane genti con “nuda realtà dei corpi” lì dove la resa realistica provoca un cortocircuito e l'immagine, il corpo, il “grasso” non è più celato ma si svela agli occhi dell'osservatore.

“Sottratta ai processi culturali di oggettivazione, la forma corporea si riappropria della sua integrale consistenza, recuperando quei dettagli rappresentativi che il pensiero visivo comune relega normalmente nel sottobosco concettuale del non-lecito. Un autentico e radicale naturalismo che alla resa accurata della verità fisica fa corrispondere quella della dimensione interiore. L'arbitrio creativo dell'artista isola e registra le personalità multiple e aberranti della commedia umana del contemporaneo, e in tale operazione narrativa, kore disinvolte, dalla carnalità morbida e pronunciata ostentano i segni del tempo, ridondanti di cedimenti cutanei e difetti, in un racconto autobiografico che destabilizza e al contempo seduce lo spettatore. Tale meccanismo mette in luce il conflitto esistente tra ideale e reale, rivelando l'inconsistenza dei paradigmi estetici dominanti, obbligandoci a prendere coscienza del ruolo della carnalità all'interno dell'esistenza umana. Dal momento in cui, poi, non è solo la presenza dell'elemento sessuale ad agire come fattore straniante, ma la stessa modalità rappresentativa, tesa ad "an-estetizzare" il corpo, privandolo d'ogni valore esornativo, siamo spinti a interrogarci criticamente sulla relazione vigente tra forma mentis/forma corporis, e sulla possibilità che un'onesta rappresentazione realistica, sia ancora passibile ad essere percepita, come insidia visiva e morale. Nella felice e febbricitante epoca del libero mercato delle immagini.”

Giuliana Schiavone.

“I capelli cotonati rievocano certa filmografia americana degli anni Cinquanta e Sessanta, in cui le madri di famiglia indossano lunghi vestiti e l’unico eccesso vezzoso consiste nel gonfiore ipocrita ed estremo della chioma fluente. Naturalmente di un biondo che vira al giallo paglierino. Le donne di Margherita Ragno hanno talvolta capigliature cotonate, ma non sono le tranquille signore casalinghe di cui sopra, o forse non lo sono più. Hanno tolto gli abiti borghesi per indossare i seni plastificati delle pin-up del nostro tempo e con spudorata sensualità tentano pose seducenti, che quasi stridono con quelle finte acconciature d’antan. Tentano di sfilarsi le mutandine per farle quasi infrangere sulla pelle grassa delle gambe. Oppure affondano la mano nella pancia, con il loro smalto appena ripassato sulle unghie (chiari, ma non esaustivi per la lettura di queste opere, i riferimenti iconografici che strizzano l’occhio a Jenny Saville). Desiderano estasiare sguardi smaliziati. Si siedono e sbarrano le cosce, dilatano la vagina e poi guardano lo spettatore con un gesto che alle volte ha del patetico. Grandi fogli di carta diventano così il territorio di desideri ricusati di anonime donne. L’uso ricercato del pastello palesa una conoscenza approfondita delle regole del disegno e dell’anatomia, volutamente deformata per ribadire le connotazioni di signore senza età alla ricerca di una provocazione e di un frivolo piacere. O minacce inattese che deviano lo sguardo verso un immaginario tragicomico.”

Lorenzo Madaro.