Giorgia Oldano – Born to be wild
Le opere di Giorgia rappresentano un mondo che comunica attraverso i suoi colori, i suoi versi, i suoi suoni, non ha bisogno della voce per far avvertire la propria presenza ed in alcuni casi non è necessario vederne le lacrime per percepirne il pianto.
Comunicato stampa
Una celebre frase di Mark Twain recita: “L'uomo è l'unico animale che arrossisce, ma è anche l'unico che ne ha bisogno”. Forse è anche l’unico essere in grado di dimostrare la propria vergogna ma non di ammetterla.
Spesso siamo portatori sani di stupidità, convinti della nostra superiorità sul mondo e sicuri di poterla esercitare solo in nome di un’intelligenza propagandata immotivatamente. Ma non è l’intelletto a dettare legge sul mondo, è la presunzione a dominare noi ogniqualvolta maltrattiamo, torturiamo e imprigioniamo altri esseri viventi.
È vero, gli esseri diversi dall’uomo non sanno comunicare attraverso le parole, ma non è possibile esprimere affetto anche senza descriverlo? Non sono in grado di manifestare la propria felicità con un sorriso, ma questo basta per dire che non possono provarla? Perché distinguere il regno degli animali da quello degli uomini, se entrambi condividono respiri, palpiti, gioie e dolori?
La risposte a queste domande sono state minuziosamente dipinte sulla tela da Giorgia Oldano. I ritratti della giovane artista torinese vanno ben oltre la descrizione, lo spettatore non si trova di fronte ad una fotografia di stampo documentarista, ma entra in stretto contatto con l’intimità dei soggetti.
Non è possibile incrociare i loro sguardi e non attribuirvi sentimenti autentici e sinceri. Non è possibile ammirarne la maestosità e non rimanere folgorati dalla grandezza di una natura, selvaggia, crudele, meravigliosa, ma sopratutto viva.
Le opere di Giorgia rappresentano un mondo che comunica attraverso i suoi colori, i suoi versi, i suoi suoni, non ha bisogno della voce per far avvertire la propria presenza ed in alcuni casi non è necessario vederne le lacrime per percepirne il pianto.
Non si può negare di intravedere in qualche modo una frammento di noi stessi, di riscoprirci come parte integrante di quell’universo. Altresì non possiamo negare di provare una certa amarezza nel vedere il ritratto di un mondo che lentamente sta scomparendo a causa di un insensato attacco alla vita.
Il lavoro della Oldano è un invito alla riflessione: ciò che l’olio, l’acquerello, o la grafite riproducono potrebbe diventare un miraggio, qualcosa che c’è stato, che ci è sembrato reale, ma che non potrà tornare mai più.
Lo scrittore irlandese George Bernard Shaw ha scritto: “Quando un uomo vuole ammazzare una tigre, lo chiama sport; quando è la tigre a volerlo ammazzare, la chiama ferocia”. Purtroppo l’uguaglianza è un concetto che si fatica a pensare sussista realmente, l’equilibrio esiste in maniera al quanto vaga tra simili, perciò è difficile concepire che ci sia un modo per sottrarsi alla crudeltà degli uomini.
Ma mi piace pensare che la libertà esista e che una tigre nata in gabbia sappia che quel posto non le appartiene. Se dovesse capitarvi di incrociare il suo sguardo e di vedere il vostro riflesso nei suoi occhi, immaginate di essere al di là delle sbarre solo per un istante: non reclamereste il vostro posto nel mondo per il resto dei giorni?