Danimarca, Vietnam e Grecia in salsa partenopea
Delicato e pulito il palinsesto di opere proposto, fino al 10 giugno, da Henrick Olesen e Danh Vo per gli spazi della Fondazione Morra Greco, assieme al progetto di Yorgos Sapountzis. Un circuito riflessivo sulle dinamiche di una società in cui coraggio intellettuale e indipendenza culturale si pongono come luoghi scomodi, spazi di disturbo, generatori di pensiero fluido e di vita activa. Da vedere nel cuore intricato di Napoli.
Sempre più incandescenti. I progetti presentati dalla Fondazione Morra Greco aprono mondi dallo stile assolutamente originale, alterato, differente, irregolare, anomalo. E costruiscono, inoltre, un perpetuo e costante allarme. L’allarme di una traumatica e inquieta libertà che ha dettato – e detta – l’agenda dei temi intellettuali e politici sempre più spinti sul presente, sulla vita quotidiana. Linee-guida, queste, che grazie ai recenti lavori di Henrick Olesen, Danh Vo e Yorgos Sapountzis ritornano a battezzare una metodologia visiva e riflessiva decisamente unica e preziosa.
Se da una parte Henrik Olesen (Esbjerg, 1967; vive a Berlino) propone un palinsesto di opere – Cast 1, Cast 2, Cast 3, Cast 4 e Cast 5 – che ridefinisce il rapporto di potere tra servo e padrone (tra vittima e carnefice e, in generale, tra schiavitù e liberà) mediante il calco in resina di un cavo elettrico strappato metaforicamente alle pareti e riproposto nei cinque vani della Fondazione per indicare un legame (la restrizione), un’allacciatura violenta che toglie il respiro alla democrazia e spinge verso una riflessione in cui lo schiavo ma anche creatore del mondo, dall’altra Danh Vo (Ba Ria, 1975; vive a Berlino e Bangkok) mette in campo un progetto – in termini di vita activa – sulla condizione dell’esistenza umana.
Con Say It With Flowers, Come To Where The Flavors Are, We Live To Deliver, Gives You Wings e The Best A Man Can Get (tutte del 2011), 5 ori su cianografia 70×105 che ripropongono e documentano con precisione il processo di costruzione della Statua della Libertà – un lavoro che precede, tra l’altro, la ricostruzione della statua in scala 1:1 – Danh Vo schiude un discorso che, assieme a The Deadh of of a moth, Diary of Patrick Breen e 02.02.1861 – tre lettere scritte a mano da Phung Vo, padre dell’artista – si pone come un work in progress (e contemporaneamente un work experience) che troverà conclusione con la realizzazione della nuova “Statua” e, d’altro canto, con la morte di Phung Vo.
Nel basement della Fondazione, a chiudere il palinsesto di opere e progetti, Yorgos Sapountzis (Atene, 1976; vive a Berlino) mette in moto un discorso in cui la scultura si fa territorio dialogico, apertura, sguardo e visione, rilevazione visiva di un rapporto coesistenziale in cui corpi e cose si rivelano per ritrovare un nesso, un legame, una relazione, un racconto. Apparère – questo il titolo del progetto curato da Francesca Boenzi (un progetto realizzato durante la residenza dell’artista presso la Fondazione Morra Greco) – è dunque territorio di multiloquio, di necessaria diversità. Ma anche spazio – “fare spazio è libera interpretazione di luoghi”, ha detto qualcuno – in cui l’opera d’arte si fa azione teatrale, necessario segno rituale, performance plurale.
Antonello Tolve
dal 1° aprile al 10 giugno 2011
Henrik Olesen / Danh Vo
Yorgos Sapountzis
a cura di Francesca Boenzi
Fondazione Morra Greco
Largo Avellino, 17 – 80138 Napoli
Info: tel. +39 081210690; [email protected]; www.fondazionemorragreco.com
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