“Lo spazio è il pezzo di carta che uso per raccontare la mia storia”. Con Nedko Solakov (Cherven Briag, 1957) le pareti della Galleria Civica di Trento si trasformano nelle pagine di un’autobiografia. Si parte dall’anno della laurea, il 1981: entrata ufficiale nel mondo dell’arte in un Paese a quel tempo comunista come la Bulgaria. All in (My) Order, with Exceptions è una narrazione intima e allo stesso tempo politica. È la vita personale che si intreccia con il destino collettivo, che si complica nella ricerca di un senso. È una favola che contiene altre favole. L’artista ha la possibilità di raccontarsi in una sorta di Salon des Refusès, scegliendo lui stesso quali lavori esporre tra quelli “scartati” o meglio “non scelti” dai tre musei europei (l’Ikon Gallery, lo S.M.A.K. e il Museu Serralves). Dopo aver indagato i diversi ruoli all’interno del sistema dell’arte, Solakov tenta con questo ambizioso progetto di aggirare la logica curatoriale, confinata entro limiti da lui imposti: selezionare un’opera per ogni anno, costringendo a rinunce, a volte, dolorose. Tutto ciò che non entra nella selezione trova comunque un posto nei Folders, un archivio personale di progetti e documentazioni.
Si ha l’impressione che il visitatore, muovendosi attraverso lo spazio, sia chiamato a leggere la storia dell’artista, che si fa contenitore per ulteriori piccoli racconti. La lettura, di fatto, non giunge mai alla fine, allo stesso tempo sembra impossibile poter veder tutto. Dagli anni socialisti fino alla democrazia, le diverse tappe della storia vengono legate tra loro dalle scritte dell’artista, che invadono tutto lo spazio espositivo. Rileggendo momenti come quello rappresentato nel disegno iniziale, una donna che fruga nei cassonetti dell’immondizia durante il periodo comunista, alla luce del passaggio alla democrazia capitalista: “ora in tempi democratici ex professori universitari rovistano nei bidoni.”
Del periodo compreso tra il 1989 e il 1991 sono le opere legate alla messa in dubbio di tutti i valori convenzionali con cui l’artista era cresciuto sotto il comunismo. Lo si vede nelle Fairy Tale, in cui utilizza la favola esibendone la crudeltà il più delle volte repressa ed omessa. Così Hansel e Gretel finiscono col rinchiudere i genitori in un ospedale psichiatrico. Le favole creano l’illusione di cambiare il mondo, ma allo stesso tempo ricorrono a una semplificazione e a una normalizzazione della vita che l’artista sembra rifiutare.
Attraversare questa lunga narrazione significa infine capovolgere il mondo. Osservarlo dalla parte del verme, della lumaca o della talpa. Uscire ed entrare fuori da sé stessi ripetutamente. Passando tra quelle che sono le paure, gli istinti più bassi e i desideri più alti. Compaiono dunque piccoli vermi e grandi cataclismi naturali. Sublime e infimo. A essere narrati sono inoltre i cambiamenti avvenuti durante messa a punto della mostra: la presenza di The Lava Man, inizialmente “tra i lavori buoni” ma poi perfetto per Trento. Oppure l’invito a sputare sulla parete gialla, dapprima pensato bilingue, poi solo in italiano. Anche la storia della mostra finisce, dunque, nella storia personale di Solakov.
Antonella Palladino
Trento // fino al 5 febbraio 2012
Nedko Solakov – All in (My) Order, with Exceptions
a cura di Andrea Viliani con Giulia Corradi
FONDAZIONE GALLERIA CIVICA
Via Cavour 19
0461 985511
[email protected]
www.fondazionegalleriacivica.tn.it
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