Gianfranco Sergio – Pittura in Storyboard
La produzione ultima di Gianfranco Sergio vive – come sostiene in un suo testo Edoardo Di Mauro – fra realtà e allegoria “ispirata al senso archetipo del disegno infantile, alla fabulatoria comunicazione metropolitana dei più colti graffitisti americani quali Kenny Sharf e Ronnie Cutrone con dei richiami alla tradizione caricaturale italiana.”
Comunicato stampa
PITTURA IN STORYBOARD
La produzione ultima di Gianfranco Sergio vive – come sostiene in un suo testo Edoardo Di Mauro – fra realtà e allegoria “ispirata al senso archetipo del disegno infantile, alla fabulatoria comunicazione metropolitana dei più colti graffitisti americani quali Kenny Sharf e Ronnie Cutrone con dei richiami alla tradizione caricaturale italiana.” Orbene, queste parole sono “sante” visto che il suo operare oscilla fra il Pinocchio di Giorgio Scarato e il Signor Bonaventura di Sto (Sergio Tofano). Tutto ciò a riguardo del racconto che si snoda nei titoli delle sue tele: La semina, Coltivatori diretti, Hortus conclusus, Coltivatori d’armi, etc.. Titoli che, come nella imagerie surrealista, rimandano ad altro, all’al di là del titolo medesimo e quindi diretti all’opera. Opera essa stessa naif in quanto adotta stilemi da racconto fiabesco e quindi elementare, semplice seppur rivestita di quei gonfiori e arricciamenti barocchi tipici della imagerie popolare. Inoltre il racconto è il medesimo, pittoricamente sempre lo stesso, anche se la storyboard sembra cambiare da quadro a quadro, in verità non è che lo stesso racconto che si snoda all’interno della vita del pittore. La saturazione del colore, molto vivo, colpisce per la sua ritmiticità e diventa attrazione fieristica per l’occhio dello spettatore. La costruzione spaziale, per antonomasia, non ha mai riferimenti reali, o meglio realistici, così che diventa capitolo unico di un racconto atemporale che svolge tela su tela un suo racconto o il racconto della pittura “sergiana” che muove dal senso interiore. I riferimenti ai graffitisti americani sono pur veri, ma qui vi aleggia pure uno stile di certo Mattotti, e l’oscillazione caricaturale si muove dal dentro al fuori da un voler essere illustratore favolistico, da una parte, e dall’altra portare il dato visivo ad una uscita in sé sufficiente e quindi unitaria totalmente quale è l’opera d’arte di per sé: il quadro.
Boris Brollo