Angelo Galatola – Super-fluo
Rosa Didonna, Art Director della galleria Globalart, definisce l’arte di Angelo Galatola un’arte di ogni tempo dove fanno da tramite colori e forme geometriche, come nelle opere di Piet Mondrian, Josef Albers e Mario Radice.
Comunicato stampa
Rosa Didonna, Art Director della galleria Globalart, definisce l’arte di Angelo Galatola un’arte di ogni tempo dove fanno da tramite colori e forme geometriche, come nelle opere di Piet Mondrian, Josef Albers e Mario Radice. L’artista, convinto assertore dell'immortalità dell'arte, vive una metempsicosi artistica. Il percorso della civiltà dell’uomo è stato da sempre parallelo al civile progredire, recependole lezioni della storia e annunciando nuove ere. Galatola fin dagli arbori degli anni sessanta, osservando il tedesco Josef Albers, comincia a rifiutare l'arte nella sua pratica tradizionale. Intensifica l'attività di rigetto da ogni forma figurativa, costruita secondo canoni razionali, rapportabili alla tradizione culturale precedente. Sviluppa opere di tendenza verso un nuovo modo di creare immagini, senza ricorrere alle forme riconoscibili, dando origine a opere estremamente diversificate, caratterizzate solo da densi strati di colore, quadrato nel quadrato e linee parallele finite nell’infinito . Il suo unico desiderio era quello di esprimere al meglio la sua libera creatività, permettendo al fruitore di entrare in contatto con un mondo diverso dalla realtà delle forme dominanti nella nostra amata Puglia degli anni ottanta. La sintesi espressiva la ottiene attraverso gli strumenti dell'ironia, dello spiazzamento e del rapporto dialettico tra i diversi linguaggi. L’artista propone una serie di ricerche concettuali, dove l'arte è intesa come pura analisi di ipotesi, proposizioni e teorie operanti . Sperimentatore irriverente di tecniche e materiali, Angelo Glatola è da oltre quarant’anni una delle figure più eccentriche e trasversali nel panorama dell’arte nel proprio territorio. Dopo un periodo informale emergono opere oggettuali da scarto come barattoli sott’olio extravergine d’oliva. Nei suoi numerosi viaggi degli anni '80 incontra, oltre l'americano Peter Halley, molti matematici e scienziati, coltivando così una nuova fase della sua arte, verso un concetto di tecnologia dove la materia sarà totalmente strumentalizzata all’idea. Dietro il vetro la realtà è distorta ed il mistero si rivela non per rispondere l’arcano, ma per arricchirlo di nuove suggestioni visive ed interiori, materiche e spirituali senza più scissioni tra il corpo e l’anima. La mostra alla GLOBALART dal 16 dicembre 2012 al 7 gennaio 2013 è una sorta di flashback degli anni '80 battezzata nella rinascita dell’artista nell’immortalità della sua arte. Nota critica di Rosa Didonna
Nota critica di Sabrina Delliturri - Angelo Galatola
La mostra di Angelo Galatola è divisa in due epoche: nel primo sistema l’artista propone una serie di tele risalenti ad una produzione degli anni ’80; nel secondo si ritrovano installazioni recenti e omaggianti.Il primo percorso punta alla geometrica e in casuale ricerca di colore circoscritta in spazi a-prospettici e piani, che schiacciano i parametri sintattici e identificano matematiche configurazioni di punti e linee. Una pitagorica interpretazione, ammettendo una sostanziale distanza dalle “postume” serie geometriche (si vedano i Frattali di Fibonacci), leggerebbe in quella precisione principi riconducibile ai principi di tutte le cose: questo è il “progredire”. L’arte derivante dalle scienze matematiche, gli essenzialismi e le semplificazioni, delle opere dell’artista non può prescindere dal suprematismo, corrente russa che si prefiggeva l’idea di guardare all’arte solo attraverso l’arte abbandonando i canoni estetici del realismo, e dal color field painting, dal quale Galatola attinge idealmente per le scelte di cromatismi primari e di forme. Questa prima serie parafrasa una schematicità e una sistematicità, di certo volute e rigorosamente ordinate; una lettura dogmatica e pragmatica ne rintraccerebbe delle volontà d’indagine di un ordine psichico, dettato da quella simmetria equilibrata, primo elemento che si presenta a chi si presta ad osservare le opere. Questa interpretazione, però, è parziale, poiché si fonda su analisi attente e vicine delle opere, ma, apportando un’osservazione distante e globale si ha una mutata chiave di lettera: l’osservatore percepisce sensazioni e stati detrattibili dalle illusioni della bidimensione. Il secondo percorso, parallelo ma potenzialmente scollegabile, si concentra su un numero di installazioni encomiasti che citano il lavoro di Piero Manzoni”Merda d’artista” trasformandolo in “Merda d’artista elettronica “. Si tratta di una serie recente, falsamente datata per far emergere l’intento dell’immortalità dell’opera e del concetto,che abbatte la barriera della riconducibilità all’epoca. Il lavoro di Galatola consiste principalmente nella contestualizzazione socio-economica del nostro millennio, senza togliere una certa spiccata ironia che era propria del Manzoni stesso. L’intento dell’artista è quello di cristallizzare il volto di una società consumista, difatti il fruitore moderno legge come un “fossile” quella che in realtà può essere la raffigurazione di se stesso, rispecchiandosi con distanza in quell’oggetto di uso comune. Il discorso, che resta inconcluso, permette di trovare un nesso fra le due macro-tematiche dell’intera esposizione: l’artista è un osservatore della modernità, quella società che ha canalizzato gli individui, tutti rappresentati da numeri e codici, esseri virtuali “quadrati”.