Andrea Kvas – Campo
Kvas interverrà nello spazio del Sacello del Museo. Lo occuperà con una serie inedita di lavori, composti da elementi in poliuretano espanso e legno, rielaborati in situ e quindi “in progress” fino al giorno dell’inaugurazione. Campo è la sua prima personale in un museo italiano.
Comunicato stampa
EARLY ONE MORNING, programma espositivo annuale del Museo Marino Marini, ideato dal direttore artistico Alberto Salvadori, prosegue con Campo, progetto, realizzato per l’occasione, dell’artista triestino Andrea Kvas, a cura di Barbara Casavecchia, che si inaugura venerdì 8 febbraio 2013.
Kvas interverrà nello spazio del Sacello del Museo. Lo occuperà con una serie inedita di lavori, composti da elementi in poliuretano espanso e legno, rielaborati in situ e quindi “in progress” fino al giorno dell’inaugurazione. Campo è la sua prima personale in un museo italiano.
“Campo rimanda a uno spazio d’azione, a un’orizzontalità che mi è vicina. Si lega a un immaginario semplice. A volte penso al lavoro come alla cura di un giardino - scrive Andrea Kvas -. Un sistema vivo, dove c’è solo un costante modificare, se stessi e il giardino. Non si parla di risultati, ma di effetti, ripercussioni, evoluzioni, mutazioni, cicli. Campo mi fa pensare anche a un “accampamento”, alla tappa di qualcosa che è in movimento, che arriva, si ferma per un periodo e poi riparte. Al gioco, ma anche alle battaglie. E’ uno spazio convenzionale adibito a una cosa, come d’altra parte è uno spazio d’arte. A volte ci si dimentica che gli spazi espositivi sono artificiali, convenzionalmente adibiti a mostrare il lavoro degli artisti. Una mostra non coincide col lavoro dell’artista, ne è solo la messa in scena, la possibilità di un incontro ravvicinato in un contesto “neutro”. Anche in questo senso, la parola campo mi piace. E' una parola italiana elementare, familiare. Non intimorisce e tutti ne padroneggiano i molteplici significati, senza sentirsi in soggezione o in dovere di capire qualcosa che va oltre quello che c’è. E questa è l’attitudine con la quale vorrei venissero avvicinati anche i miei lavori.”
Per Kvas, il lavoro è un processo che nasce dalla tensione del “campo” nel quale prende forma: lo studio, così come lo spazio espositivo, che l’artista occupa spesso per lunghi periodi prima delle mostre, per farne uno spazio funzionale, non più intonso, da sfruttare. In Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più), David Foster Wallace descrive l’esercizio col quale i tennisti si lanciano palle da un angolo all’altro, incrociando i rovesci e formando il diagramma di una farfalla, in loop. Così l’azione va in automatica e permette ai giocatori di “lasciare il pianeta”. L’esercizio ripetuto della tecnica la rende ininfluente. “I procedimenti fisici del mio lavoro sono semplici e ripetitivi. Sto in uno spazio per il tempo necessario a dimenticarmi che ha qualcosa che potrebbe bloccarmi, come un paio di scarpe nuove che ricordi di avere ai piedi solo i primi giorni, per poi ignorarle”.
Kvas lavora contemporaneamente con un’infinità di materiali, senza gerarchie: acrilici, idropitture, smalti, asfalto, pigmenti naturali e sintetici, resine acriliche, colle, farina, polvere di marmo, gommalacca, lattice sintetico, poliuretano, peraluman, ferro zincato, acciaio inox, aluzinc, ferro preverniciato, legno, cotone, lino, silicone acrilico, elastomero bituminoso, lineoleum, pavimenti, pareti... Li modifica e ibrida a più riprese. E spesso interviene sugli stessi lavori a distanza di tempo per evitare di concentrare la propria pratica su un singolo oggetto e sviluppare una ‘postura’ fluida.
Campo rimarrà aperta fino al 6 aprile 2013.
L’artista
Andrea Kvas è nato a Trieste nel 1986. Nel 2009 ha partecipato a La Meglio Gioventù: Ipotesi sul Contemporaneo in Regione, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Monfalcone, e vinto una residenza presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Dal 2010 (insieme a Vittorio Cavallini, Davide Daninos, Nicola Martini, Jacopo Menzani, Attila Faravelli, Jonatah Manno, Luigi Presicce, Fabrizio Prevedello e Maurizio Vierucci), partecipa all’esperienza collettiva di Laboratorio, con progetti presso Brown Project Space di Milano (2010-11) e il MACRO di Roma (2012). Tra le personali recenti, si ricordano: Sisyphe, Cripta 747, Torino (2011); Ogni cosa a suo tempo (con Adrian Paci), Basilica di Santa Maria Maggiore, Bergamo. Tra le collettive: Del povero B.B., Gum Studio, Carrara (2011); segalega, ZERO…, Milano (2011); Festa Mobile, Bologna (2011); I’ll explain you everythiinnngggg, Chert, Berlino (2012).