Antonio De Pietro – Memoria
L’arte di Antonio De Pietro nasce dall’incontro tra le materie e una tecnica pittorica antica, le velature, che gli consentono di creare una pittura materica, stratificata eppure liscia come vetro.
Comunicato stampa
Si inaugura giovedì 17 gennaio alle ore 18 ai Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali, la personale di Antonio De Pietro dal titolo Memoria (18 gennaio – 10 marzo 2013) promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina, con i patrocini della Regione Calabria, della Provincia di Cosenza, del Comune di Diamante, della Società Dante Alighieri, dell’Ordine degli Architetti di Roma e dell’Accademia di Belle Arti di Roma.
IL CONCEPT DELLA MOSTRA: La ragione di questa personale di Antonio De Pietro (e della sua prestigiosa collocazione presso la struttura dei Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali), sta proprio nel titolo: Memoria. La memoria infatti è il fulcro della ricerca di questo pittore che ha raggiunto la sua piena maturità artistica. Memoria delle sue origini e della sua terra, la Calabria (Diamante), con i suoi simboli: le ciotole (Acquasanta e Caldo mediterraneo), le sedie (Assoluto silenzio), le chiavi (Chiave), le porte dei marinai (Porte della memoria), i cancelli (Solo all’alba), le catene (Memore), le lettere d’amore (Lettere d’amore) che sono protagonisti della sua arte. Simboli individuali che si fanno universali nell’opera di De Pietro, tenendo viva nella mente un’Italia che sta velocemente scomparendo. E il luogo che ospita la mostra, i Mercati di Traiano, è la quintessenza della memoria. Non solo perché monumento, e dunque memento mori, ma soprattutto perché memoria viva e visibile di un passato archeologico che è la nostra storia. Qui i simboli della pittura di De Pietro trovano una sponda naturale, nonché una cassa di risonanza, che dà voce a un dialogo inedito tra antico e contemporaneo.
In mostra 41 opere (40 su tavola e una su tela), 7 installazioni e 16 disegni.
LE OPERE E I MERCATI DI TRAIANO: De Pietro ha creato le opere perché dialogassero con i Mercati, con il laterizio che innalza le maestose arcate, con il travertino delle tabernae o il marmo dei reperti esposti nelle aule. Sono anche le grandi dimensioni delle opere di De Pietro a rendere unico questo “dialogo aperto” con i Mercati. Un percorso di forte impatto visivo che si apre con sfrontatezza nella Grande Aula con le otto opere 225x137 cm montate a coppie, in costante dialogo con la ricomposizione di parte dell’attico dei portici del Foro di Augusto, e prosegue come brace nelle aule del pian terreno. Qui gli otto quadri 165x135 cm, appesi ai muri, instaurano un dialogo silenzioso, empatico con i reperti archeologici. Come pure le opere più piccole che si ricavano spazi vitali tra le partiture murarie. L’avorio del marmo della testa imperiale di Costantino, squadrata, possente, parla attraverso le piccole Lettere d’amore. Il colorismo della Chiave si esalta sul mattone del partito murario mentre ai piedi del pannello della ricomposizione dell’attico dei portici del Foro di Nerva le sedie in fila di Assoluto silenzio (100x60 cm) dilagano in un tempo passato, prefigurando un’attesa senza fine. E ancora il porfido rosso egiziano del labrum (la vasca) del Tempio della Pace, spezzato, ritrova in Acquasanta l’idea della forma primigenia. Salendo al piano dei matronei l’esposizione si rarefà. Qui gli otto simboli vengono declinati in dimensioni più piccole (120x80 cm), che si specchiano nelle proporzioni meno maestose e più raccolte di questo livello. Gli intradossi degli archi sono lo spartito su cui De Pietro accorda la sua arte. Dopo i grandi quadri del piano terra, qui – insieme a queste tavole – vengono esposti alcuni piccoli studi, opere non meno riuscite delle altre. Anzi in qualche caso delle miniature di grande pregio che ancora una volta testimoniano della sintonia tra la materia di De Pietro e quella dei Mercati. La mostra si conclude con 7 installazioni che traducono i soggetti pittorici in realtà: una materializzazione di quel Sud che De Pietro indaga con la sua arte.
Scrive il critico Antonio Del Guercio: In realtà la figura-chiave del ricordo persiste attivamente nelle poetiche dell’arte moderno-contemporanea dando ai giorni nostri frutti intensi. Basti pensare a due personalità come quelle di Christian Boltanski e di Anselm Kiefer. A me sembra che Antonio De Pietro si collochi in questa larga e diramata corrente in uno dei punti nei quali il ricordo oggettivato da materiali che vorrei definire di quotidiana prossimità in qualche modo accoglie il consumo del tempo.
L’ARTE DI DE PIETRO: L’arte di Antonio De Pietro nasce dall’incontro tra la materia (anzi le materie) e una tecnica pittorica antica, le velature, che gli consentono di creare una pittura materica, stratificata eppure liscia come vetro. Lentamente, strato dopo strato, il tessuto pittorico si ispessisce. Sono le velature che fanno delle opere di Antonio De Pietro un unicum. Quadri sui quali si incontrano e scontrano i più diversi materiali, resi omogenei da questa antica tecnica. L’artista (e faber) costruisce letteralmente ogni singolo pezzo dell’opera: monta il telaio, raccoglie legni, ferri, li lavora, li assembla e vi crea attorno il dipinto, in cui colle e sabbie hanno altrettanta importanza della pittura. Il lirismo delle opere di De Pietro riaccende una luce nuova nell’antico percorso dell’arte contemporanea che dai sacchi di Alberto Burri arriva allo sfinimento informale delle materie dello spagnolo Antoni Tàpies.
Scrive la curatrice della mostra Diana Alessandrini nel catalogo (Memoria. Personale di Antonio De Pietro ai Mercati di Traiano, 96 pagg., Palombi Editori, 19 euro, foto di Moreno Maggi, progetto grafico Diego Maggi): Ferro. Legno. Bitume. Biacca. Sabbia. Ruggine. Colla. Colori neutri. Colori della terra. Bianchi, ocra, grigi, neri. Muri scrostati. Vi spuntano fili di ferro. Vi sono appese chiavi arrugginite, catene. Vi si appoggiano, in fila, sedie vuote che aspettano. Vi si aprono finestre come feritoie. Vi riposano ciotole dal profilo essenziale, contenitori semplici di cibi poveri: pane, riso, acqua. Palizzate di legno mangiato dal mare, sporche di vernici residue. Colori di barche e di pescatori, vissuti dal sole e dal sale, anno dopo anno più saggi, densi di ricordi. Porte della memoria, transito nella vita, attraverso le epoche. Cancelli di ferro incardinati sul tempo, in un’aria d’alba che nasce da profondità interiori e rimanda a solitudini ataviche. Alba dell’uomo, della storia, di luoghi che dal passato entrano e conducono nel futuro. Su grandi pale di legno e piccole tavole, rivivono ciotole, sedie, cancelli, chiavi, porte, simboli di una terra, la Calabria, e di radici che sono comuni e diventano, appunto, universali: il tempo, la memoria, il silenzio, la solitudine, riti tanto religiosi quanto laici.
Scrive nel catalogo il critico Claudio Strinati: De Pietro ci parla di ciò che veramente conosce e ama, e filtra tutta la realtà intorno a sé attraverso questa griglia mentale. In tal senso si può parlare per lui, uomo della Magna Grecia intriso di pensieri reconditi, di una sorta di classicità imperitura fissa nella sua immaginazione e generatrice di immagini e di evocazioni. La tecnica, a questo punto, è inevitabilmente un misto inestricabile di echi dall’antico e di fabbricazioni attuali. Vuole fissare quel mondo che è ancora lì anche se sempre più dimenticato da coloro i quali ancora vi abitano. Il criterio artistico di De Pietro è, dunque, quello di combinare attitudini tecniche antiche alle novità che la vita contemporanea vorrebbe imporgli e che egli accetta ma nei limiti dei riferimenti al suo passato.
L’ARTE DI DE PIETRO E L’ARCHITETTURA: Scrive l’architetto, e docente, Luciano Cupelloni nel catalogo: La particolare materia della pittura di Antonio De Pietro sembra rimandare alla materialità dell’architettura traianea. Per i significati, ovviamente, ma in qualche caso perfino per i toni e la grana porosa del colore. La relazione tra il materiale nudo – senza infingimenti né decori – dell’architettura dei Mercati e la materia pittorica – spesso vera materia – dell’opera di De Pietro è limpida e forte. Costituito, artigianalmente fatto di terre, legno o ferro ogni quadro rimanda con odierna empatia ad un tempo trascorso. Ogni pezzo è ordinato, pazientemente disposto, insieme ad un colore spesso. Una stratificazione costruttiva che evoca nostalgie realizzando una sorta di patina del tempo che tramite gli oggetti dice dei luoghi, di donne e uomini.
E se, come penso, l’opera di De Pietro – quale espressione artistica autentica – è ricerca e concreta sperimentazione, ma anche vera necessità, di nuovo la relazione con l’architettura che la accoglie è coerente e significativa.
L’OFFERTA DIDATTICA La tematica della memoria, affrontata dalla pittura di De Pietro, si presta a una riflessione approfondita. La declinazione dei suoi significati e ambiti ha permesso di dar vita a un progetto didattico piuttosto articolato. Memoria artistica, archeologica, architettonica, storica, letteraria i filoni che attraverso conferenze di esperti vengono indagati. Inoltre il Maestro De Pietro ha offerto la sua disponibilità per dei laboratori sulla memoria della materia. L'offerta didattica coinvolgerà alcune classi di una scuola secondaria, gli allievi dell'Accademia di Belle Arti di Roma, gli studenti della scuola per illustratori Officina B5.