Navid Azimi Sajadi – XX Crossing Over
Palazzo Bevilacqua Ariosti, tra i pochi Palazzi storici privati Bolognesi a far parte del circuito Art City White Night 2013, ospita il progetto site specific “XX Crossing Over” di Navid Azimi Sajadi a cura di Eli Sassoli de’ Bianchi ed Olivia Spatola.
Comunicato stampa
Da giovedì 24 gennaio 2013, in anteprima assoluta, Palazzo Bevilacqua Ariosti, tra i pochi Palazzi storici privati Bolognesi a far parte del circuito Art City White Night 2013, ospita il progetto site specific “XX Crossing Over” di Navid Azimi Sajadi a cura di Eli Sassoli de’ Bianchi ed Olivia Spatola.
Navid Azimi Sajadi elabora le proprie esperienze di uomo (iraniano d’origine ma occidentale d’adozione) prima che di artista, per dare vita ad un linguaggio artistico a lui peculiare capace di trovare una soluzione stilisticamente armonica alla dicotomia: “Oriente-Occidente”, tramite la realizzazione di opere e di installazioni ove i riferimenti alla tradizione islamica pongono radici profonde dalle quali fioriscono liane di raccordo per ri-collegarsi concettualmente ad un “Occidente” raffigurato attraverso l’elaborazione di una simbologia che guarda anzitutto al mondo greco-romano come modello di eccellenza estetica e formale al quale fare riferimento.
Nelle intenzioni dell’artista c’è la volontà di creare un metalinguaggio trasversale tra opere esistenti riconoscibili storicamente a cui conferire una nuova collocazione semantica che porti il fruitore ad una rilettura delle medesime in una chiave differente. C’è qualcosa di postmoderno, nell’idea di una storia ciclica che si riavvolge rivedendo il passato in una nuova visione ed aprendo nuove direzioni interpretative per un’analisi dell’oggi.
Nell’appropriarsi dell’iconografia classica e nel rimetterla in scena, l’artista crea una teatralizzazione immobile, un frame postmoderno che di quest’ultimo forza i limiti.
Questi assunti concettuali trovano piena espressione formale nelle installazioni appositamente concepite dall’artista per Palazzo Bevilacqua Ariosti. Nel chiostro cinquecentesco Navid realizzerà un’opera ambientale intorno al pozzo sormontato dalla scultura di un leone che l’artista andrà a collegare mediante otto liane di colore verde ad una struttura in mattoni (simbolo della Madre Terra) avente la forma di una stella ad otto punte a guisa di stella matriarcale, simbolo della santità femminile.
Sullo scalone principale, un’opera scultorea raffigurante la Maddalena giacente, recentemente attribuita al Maestro veneto Antonio Canova[1], è mirabilmente inserita in una struttura di reminiscenza islamica cosiddetta “Muqarnas”[2] che la “contiene” concettualmente e stilisticamente al pari di un tempio-dimora ove la Maddalena giacente trova rifugio e conforto alla propria sofferenza.
All’interno del Salone del Concilio, ove si tennero alcune sessioni preparatorie del Concilio di Trento, due XX pulsanti, quali raffigurazione del cromosoma femminile, poggiano sulla Madre Terra (i mattoni); di fronte, su di un tappeto iraniano a cinque punte, quale metafora del giardino dell’Eden[3], un grande uovo dorato, maestoso nella sua perfezione; un uovo “cosmico”[4], simbolo della creazione dell’universo e messaggio di speranza per tutti i popoli. I segni calligrafici sulla sua superficie, che rimandano formalmente alla scrittura persiana ma anche all’immagine del filo spinato oltre che ad un intreccio di pensieri e di percorsi, paiono sublimati, attraverso l’accostamento alla perfezione dell’uovo, andando a perdere la connotazione violenta ed intrisa di sangue che il filo spinato richiamerebbe e che pure concettualmente persiste, per coloro che hanno occhi per vedere ed il cui cuore continua a sanguinare.
A chiusura del percorso, una Venere, di classica memoria, è sovrastata da un’aquila (simbolo del maschile[5]), la cui testa è capovolta e dunque la cui presenza, concettualmente prima che stilisticamente, è conseguente alla figura centrale (la Venere), simbolo al tempo stesso della forza, della bellezza ed armonia del femminile.
Un reticolo di filo spinato racchiude e circoscrive l’installazione ed assurge a nota di denuncia verso una realtà di violenza e di sopruso alla condizione femminile che Navid Azimi Sajadi percepisce come determinante nella costruzione di tutto il suo pensiero e, di conseguenza, nell’elaborazione del suo percorso artistico.
Attraverso questo inno alla vita (XX) e alla donna-Madre che dà la vita, Navid riesce nell’intento di riportare “il femminile” al centro, ridando alla donna il ruolo matriarcale che le è proprio, ed è nella presa di coscienza di una genesi comune che l’uomo trova la risposta alle proprie incertezze e ai propri dubbi. Attraverso la risoluzione pacifica ed armonica dei contrasti avviene il superamento delle barriere e cadono i confini e le sovrastrutture poste dall’uomo: la violenza cessa di esistere perchè resa vana da un gesto d’amore e lo sguardo si apre ad un futuro di luce, di pace e di armonia che ci riporta alle origini del nostro essere uomini.
[1] Antonio Canova, Possagno 1757 – Venezia 1822
[2] La Muqarnas è una soluzione decorativa propria dell'architettura musulmana, originata dalla suddivisione della superficie delle nicchie angolari raccordanti il piano d'imposta circolare della cupola con il quadrato o il poligono di base, in numerose nicchie più piccole.
[3] Il tappeto nella cultura persiana simboleggia il giardino; in questo caso si riferisce metaforicamente al giardino dell’Eden quale proiezione dell’aldilà sulla terra.
[4] L’uovo cosmico è un archetipo cosmogonico di cui si trovano i tratti strutturali (ma non il simbolo), per la prima volta, presso gli Assiro Babilionesi. L'uovo cosmico è stato spesso rappresentato in varie arti figurative: un celebre esempio può essere quello della Pala di Brera di Piero della Francesca.
[5] Navid Azimi Sajadi: “Nella tradizione islamica, ed in particolare per coloro che abbracciano il Sufismo, l’aquila simboleggia il “maschile” e la posizione capovolta è tradizionalmente riferita ai sacerdoti”.