Francesco Mola – Abstract syn taxis
Mola fervente ritrattista si distacca dagli arbori figurativo per catapultarsi in un modo nuovo, in un universo di linee, macchie, blots in cui la gestualità è l’impronta del sentimento personale che arde e dal quale si libera dalla riproduzione mimetica e dalle schematizzazioni sociali che cristallizzano la realtà.
Comunicato stampa
Rosa Didonna, in qualità di art director della galleria Globalart, definisce l’artista un“anthropos”. Egli dal 2 al 16 febbraio 2013 ci rende partecipi di un lento e progressivo processo di ricerche letterarie, filosofiche, pittoriche, dove le dimensioni del sovraumano e della realtà celeste è narrata in un itinerario dell’universo senza tempo, mirando attraverso la sua arte a rendere visibile "l'invisibile", svuotamento, regressione, smaterializzazione che giunge fino alle strutture essenziali del linguaggio visivo che sono alla base dell’astrattismo.
Le sue opere rispondono a una sua profonda tipologia creativa, supportata da una chiara conoscenza tecnica ispirata nel rispetto del “fuori”, dello”altro”, del “nuovo”, tratti forti che uniscono il movimento della percezione - processo psichico, considerato come somma di più stimoli legati in modo diretto al substrato fisiologico degli apparati sensoriali del fruitore che prende coscienza della realtà, processo naturale di selezione che consente di costruire una propria percettività fra il mondo fisico e il mondo psichico. Mola fervente ritrattista si distacca dagli arbori figurativo per catapultarsi in un modo nuovo, in un universo di linee, macchie, blots in cui la gestualità è l’impronta del sentimento personale che arde e dal quale si libera dalla riproduzione mimetica e dalle schematizzazioni sociali che cristallizzano la realtà.
Nel suo operato artistico, esemplificazione dell’espressionismo astratto, vi sono una pluralità di azioni, di gesti da cui traspare il respiro dell’artista, l’essenza interore che eleva l’arte ad una dimensione ultraterrena: sottrarre, raschiare, strisciare, gettare, sgocciolare , energici che sembra vogliono sfuggire a un pudore intimo e rispettoso, quasi a voler nascondere la grande emozione impegnata nella manifestazione di orizzonti spirituali, offerti dalla Grazia di Dio, attraversati dall’animo dell’artista che rinasce e vive il momento nella luce divina fidente per la propria creazione.
E’ chiaro come le opere siano il frutto di un “intuizione primordiale” già esistente prima ancora di essere realizzata, concetto espresso dall’estetica crociana che riconosce la libertà del linguaggio artistico ed è fruibile come “l’intuizione” dell’artista si esprima attraverso la vivacità dei colori: “Il colore è il tasto, l’occhio è il martello, l’anima è un pianoforte con molte corde”, metafora dell’armonia musicale di Kandinsky che spiega come il colore possa suscitare effetti e sensazioni momentanee fino a toccare le corde dell’animo dei fruitore.
Per Francesco Mola l’arte diviene un rifugio, un momento di raccoglimento, occasione per esprimere la sua carica emotiva e perciò con l’ausilio di strumenti decontestualizzati, sottratti dalla funzione abituale (spatole, spugne, raschietti, rulli, gelatina, palloni da gioco..) scaglia con forza il colore che da solo si fa spazio tra la trama delle sue tele. “Abstrac Syn-Taxists” crea per l’artista la giusta atmosfera per raccontarsi, rivelarsi al pubblico, conducendolo inevitabilmente ad interrogarsi insieme ad esso sui misteri celati tra le corde del proprio inconscio caratterizzandosi per la precisione dei dettagli, per la minuziosità dell’informazione, per la scorrevolezza del linguaggio, nonostante la sua scientificità, strumento per un ulteriore approfondimento dell’opera pittorica e da essa inscindibile.
ABSTRACT SYN-TAXIS di Francesco Mola. Testo critico di Mirella Casamassima
…Immagina di poter prendere l’uomo e di rovesciarlo come un guanto. Non rimarrebbe così come lo vediamo ora: si espanderebbe fino a diventare Universo. (Rudolf Steiner) Le parole del “padre” della teosofia, Steiner ci aiutano a comprendere quel processo di smaterializzazione e di riduzione e azzeramento che è alla base dell’astrattismo.
L’arte liberandosi dalla riproduzione mimetica del reale inizia un percorso di svuotamento della materia (ab-strahere, togliere da) arrivando alle strutture essenziali del linguaggio visivo e, cioè, al suo alfabeto, alla sua grammatica, alla sua sintassi. Il corpo, di cui parla Steiner, non è più visto dall’esterno, nelle sue parvenze esteriori e superficiali, bensì svuotato dall’interno e, quindi, non più terreno e limitato, ma in sintonia con l’universale.
Ma perché astrarre? Perché l’arte, diceva Kandinsky ha una missione da compiere: liberare l’uomo dalle pastoie del basso materialismo e elevarlo ad una dimensione superiore, l’arte deve far vibrare le corde dell’interiorità. Così scrive nel 1912, in Lo spirituale nell’arte, e le sue parole, ancora oggi, sembrano più che attuali:…in siffatte epoche ,mute e cieche, gli uomini attribuiscono particolare ed esclusivo valore al successo esteriore, si preoccupano unicamente di beni materiali e salutano come una grande impresa ogni progresso tecnico, che giova e può giovare soltanto al corpo. Le forze puramente spirituali vengono nel migliore dei casi svalutate o addirittura dimenticate….
Le rare anime, però, che non possono restare avvolte nel sonno e sentono un oscuro bisogno di vita spirituale, di sapere e di progresso, suonano come voci sconsolate…
Per questo l’artista deve “aprire l’occhio interno”, deve vedere “chiudendo gli occhi”, deve “rendere visibile l’invisibile”, citando espressioni da Friedrich a Klee.
Dalla copia mimetica del reale si estraggono i segni significanti, forme e colori, valori essenziali, elementari che, in quanto tali, non sono gravati da alcun significato, ma lo ricevono.
In questo modo, l’arte si libera dalla sudditanza al mondo e inizia a costruire, per sottrazione, il proprio mondo: un universo di linee, macchie, blots che si inscrivono nella categoria dell’informe (dalle macchie sui muri descritte da Leonardo, a Cozens a Turner) come stadio di una nuova consapevolezza.
E’ su questa linea di ricerca che si muove la pittura di Francesco Mola. La sua Abstract Syn-taxis è vero lavoro di lenta sottrazione e analisi grammaticale degli strumenti e dei segni del visivo.
Ha iniziato con lo sguardo rivolto alla storia dell’arte, sguardo non solo alla teoria, ma al fare. Ritrattista, figurativo, ha anche riprodotto opere storiche con precisione e studio filologico, analizzandone i singoli tratti e riproponendone addirittura la struttura cromatica antica, con attenti studi sui ricettari cromatici del tempo. Perché la copia è un vero lavoro di destrutturazione (e comprensione) sintattica dell’opera e poi di ristrutturazione, quanto più fedele all’originale, nei materiali e nella forma.
La sintassi, infatti, è sempre all’origine del metodo di Francesco Mola: se la parola, syn=con /taxis=ordine, allude alle relazioni grammaticali tra le parole o tra i segni, in pittura si traduce in analisi di quel processo gestaltico che da un punto conduce verso la formazione di una immagine percettivamente compiuta, punto, linea, superficie.
I primi dipinti, della serie Floreale, Natura, hanno in sé tracce impressioniste, taches: e una sottile linea d’orizzonte, se conserva ancora debiti figurativi e prospettici, è già pronta ad allontanarsi da quell’unico punto di fuga dell’antica prospettiva che rendeva l’opera lontana e icastica per l’osservatore. La linea d’orizzonte si alza sempre più perché ad uno spazio cartesiano ed euclideo della lontananza si va a sostituire uno spazio curvo e della vicinanza che porta lo spettatore al centro del quadro, all over, senza un unico centro, carico di forze centripete e centrifughe, che abbracciano e coinvolgono sensorialmente chi guarda.
Echi e suggestioni da Kandinsky e Delaunay risuonano nella serie Abstract che coniuga il rigore della sintassi astratta con il simbolismo orfico della luce: contrasti di segni e taches cromatiche, movimento, simultaneità e luce.
Il colore si espande nello spazio e invade di luce l’ambiente: sembrano ancora vive le parole di Robert Delaunay nel suo famoso saggio La lumière, tradotto in tedesco, nel 1913, da Klee…La luce in natura crea il movimento dei colori. Il movimento è dato da una profondità (noi vediamo fino alle stelle) e diviene dunque simultaneità ritmica. La simultaneità nella luce è l’armonia, il ritmo dei colori che crea la visione dell’uomo…Gli occhi sono finestre dell’anima e vedono la luce..La voce della luce non è il disegno, cioè la linea? E quando la luce si esprime pienamente, tutto si colora…
Tutto si colora: ecco, il colore e la luce ci invadono, le opere Abstract, quasi FarbKammer,stanze cromatiche di Steiner, ci portano verso mondi altri, il divino, l’universo, ma anche verso viaggi interplanetari, alla scoperta di altre esistenze, altre forme di vita.
Ma se luce e colore traggono qui origine dalla prima stagione dell’Astrattismo, i concetti di materia cromatica, vuoto e orizzontalità, presenti nell’opera di Mola, sono eredi della lezione Informale.
L’artista lavora sulla orizzontalità del supporto, su cui viene stesa la materia pittorica, non con il pennello, ma con i più disparati strumenti, sottratti alle funzioni della vita quotidiana, quasi ready made, spatole, spugne, raschietti, rulli da cucina, gelatine e spume per capelli, palloni da gioco, compassi appositamente costruiti, aerografi.
Sovrapporre i colori, acrilici, stendere, raschiare, strisciare, togliere. Tecniche diverse si intrecciano, gestualità, dripping, grattage, aerografia, per dar vita all’immagine, farne emergere la texture, scavare nella materia per estrarne la forma nascosta, perché essa è lì e emerge dal vuoto, per sottrazione di materia e grazie al gesto dell’artista, secondo la migliore tradizione Informale.
Mola, fin da bambino, scopre il fascino della forma nascosta che emerge dal vuoto, frequentando il lavoro di sverniciamento delle auto, in una carrozzeria, come negli strati di affreschi, quando il tempo fa cadere la pellicola pittorica e fa vedere le più antiche stesure pittoriche. Quasi uno scavo archeologico..quasi sempre il pensiero rivolto a Leonardo allorché si raccomandava di osservare le macchie sui muri e scoprire in esse immagini nuove.Così, psicologia della forma, cromatologia, storia dell’arte, teosofia e antroposofia, gestualità performativa, si coniugano nel lavoro di Mola, in una sintesi di contaminazione fluida che rende le sue opere quasi frame di quella modernità liquida (Z.Bauman) in cui viviamo, immersi nella rete, connessi con il mondo, in un fluire virtuale e digitale...Il colore mi possiede; non ho bisogno di andarmene in cerca. Mi ha per sempre ed io lo so. Questo è il senso dell’ora felice: io e il colore siamo una cosa sola. Sono pittore. (P.Klee, 1914)