Modigliani Soutine e gli artisti maledetti
“Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter”, a cura di Marc Restellini: una mostra sulla ricca collezione che, da oltre settant’anni, non viene esposta al grande pubblico. Più di 120 le opere in mostra per ricostruire il percorso di questi artisti che vissero in un periodo affascinante della storia dell’arte nel quartiere di Montparnasse agli inizi del ‘900: Modigliani, Soutine, Utrillo, Suzanne Valadon, Kisling e molti altri.
Comunicato stampa
“Queste opere non sono state mostrate al pubblico da più di settant’anni, e oggi ricompaiono come per magia, come uscite da un altro mondo”. Con queste parole Marc Restellini, curatore della mostra “Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter” dà il senso all’esposizione che si apre il 21 febbraio nelle sale di Palazzo Reale di Milano promossa dall’Assessorato alla Cultura, Moda e Design del Comune di Milano, Palazzo Reale, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE.
Più di 120 le opere in mostra per ricostruire il percorso di questi artisti che vissero in un periodo affascinante della storia dell’arte nel quartiere di Montparnasse agli inizi del ‘900: Modigliani, Soutine, Utrillo, Suzanne Valadon, Kisling e molti altri.
Modigliani era sbarcato a Parigi nel 1906 sentendo che quello era il posto dove avrebbe potuto “salvare il suo sogno”. Va a vivere a Montparnasse che, in quegli anni, diventa il quartiere degli artisti; non solo pittori, ma anche scrittori, come Hemingway e Miller, intellettuali come Jarry e Cocteau, rifugiati politici come Lenin e Trockij.
I luoghi di incontro sono le trattorie a buon mercato e le bettole-cantine in cui si tira tardi parlando di arte e politica e non di rado le discussioni terminano in risse. Le condizioni di vita sono per tutti assai misere, ma è il fuoco sacro dell’arte, la consapevolezza che le loro opere stanno cambiando per sempre i canoni estetici, a dare la forza a Modigliani e compagni di andare avanti.
Se l’Impressionismo, pur avendo apportato una rivoluzione nel modo di dipingere, non usciva in fondo dai canoni del naturalismo, con i lavori di Modigliani, di Soutine, di Utrillo, l’arte diventa autonoma dal soggetto ritratto e dalle tradizioni culturali e artistiche dei paesi di provenienza dei singoli artisti, generando la prima vera rivoluzione nel mondo dell’arte e il ribaltamento dei canoni sino ad allora conosciuti.
È in questo contesto - che di lì a poco verrà definito bohémien - che, come scrive il curatore Marc Restellini: “Questi spiriti tormentati si esprimono in una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva, la loro arte non è polacca, bulgara, russa, italiana o francese, ma assolutamente originale; semplicemente, è a Parigi che tutti hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la visione, la sensualità e i sogni propri a ciascuno di loro”.
E ancora: “Quegli anni corrispondono a un periodo d’emancipazione e di fermento che ha pochi eguali nella storia dell’arte. Ovunque in Europa era in corso una rivoluzione estetica, preludio a un’evoluzione dei costumi; ed è a Parigi, ‘l’unico luogo al mondo in cui la rivolta ha il diritto di cittadinanza’, prima a Montmartre e poi a Montparnasse, che quegli artisti – tutti ebrei – si sono ritrovati per tentare la sorte”.
Ed ebreo era anche Jonas Netter, una figura importantissima per gli artisti in mostra, senza il quale molti tra loro non avrebbero avuto di che vivere e sostentarsi: il percorso espositivo, articolato in sei sezioni, mette a confronto i capolavori acquistati nell’arco della sua vita da Jonas Netter, che, affascinato dall’arte e dalla pittura, diventa un amateur illuminato e acuto riconoscitore di talenti, grazie all’incontro col mercante d’arte e poeta polacco Léopold Zborowski, anche egli ebreo.
Netter conosce Modigliani, Soutine, Utrillo ed entra in contatto con Valadon, Kisling, Krémègne, Kikoïne, Hayden, Ébiche, Antcher e Fournier. La loro produzione lo affascina e lo spinge a sostenerli generosamente e a comprare dal mercante i loro lavori: egli diventa quasi un “mecenate”, ispirato e geniale insieme tanto che, quando Modigliani è costretto a trasferirsi in Costa Azzurra a causa di problemi di salute, compra dal giovane italiano abbastanza tele da permettergli di affrontare il viaggio, durante il quale poi l’artista lavorerà intensamente.
Di Modigliani Netter ammira l’originalità del genio creativo, ama profondamente i suoi volti femminili stilizzati su lunghi colli affusolati, come Elvire au col blanc (Elvire à la collerette) del 1917-18 e Fillette en robe jaune (Portrait de jeune femme à la collerette) del 1917, entrambi esposti insieme a Portrait de Zborowski del 1916 e Portrait de Soutine, anch’esso realizzato nel 1916 dopo l’incontro tra i due artisti che stringono una solida amicizia, al punto che è proprio Modigliani a presentare a Netter Soutine. Di Chaim Soutine sono esposti in mostra oltre venti olii – una vera e propria mostra dentro la mostra – tra cui L’Homme au chapeau, L’Escalier rouge à Cagnes e La Folle.
Allo stesso modo Netter scopre i quadri del cosiddetto periodo bianco di Utrillo, soprattutto vedute, tra le quali in mostra Place de l'église à Montmagny, Église de banlieu e Rue Muller à Montmartre. Netter decide di proteggere questo eterno fanciullo disincantato, preda sin dall’adolescenza dei fumi dell’alcool, innamorato della madre, Suzanne Valadon, valente e originale pittrice, anche ella presente con le sue opere in mostra, come Ketty nue s'étirant o Église de Neyron.
Se oggi noi ammiriamo questi lavori come capolavori assoluti dell’arte, non dobbiamo dimenticare tuttavia che all’epoca in cui videro la luce venivano considerati veri e propri obbrobri. È per questo che l’intuizione di Netter appare una vera e propria profezia, oltre che un atto coraggioso e spesso disinteressato. Poco si sapeva di quest’uomo tale era la sua discrezione. Oggi, grazie al lavoro di ricostruzione di Restellini, possiamo farci un’idea del suo volto grazie al ritratto che gli fece, riconosciuto da vecchie fotografie familiari, Kisling, anch’esso in mostra.
E la leggenda vuole che sia stato proprio Modigliani a presentare Kisling a Netter.
A causa del suo atteggiamento così discreto, di Jonas Netter non rimane nulla di personale. Tranne le opere che amò e collezionò e che anche noi oggi possiamo contemplare.