Volubilis
E proprio il concetto di “volubile” è il fulcro attorno a cui si sviluppa la collettiva attraverso visioni tra l’astrazione e la figurazione da parte di artisti di generazioni e background diversi.
Comunicato stampa
Il titolo della nuova mostra collettiva presentata da Effearte, Volubilis, riprende il nome di una antica città romana in Marocco, dedicata alla divinità di Venere Volubilis. Il nome stesso della città di Volubilis, tuttavia contrasta con il senso di stabilità e di geometria presente nell’architettura classica, per associarsi invece alle caratteristiche della passione e della mutevolezza tipiche della dea Venere.
E proprio il concetto di “volubile” è il fulcro attorno cui si sviluppa la collettiva attraverso visioni tra l’astrazione e la figurazione da parte di artisti di generazioni e background diversi: dalle linee multicolori di Ian Davenport, alle resine epossidiche di Peter Zimmerman, dai pannelli scultorei di Mika Tajima, ai dipinti di Arnold Dall’O, fino alle pitture sospese di Alessia Armeni.
Lo stesso percorso della mostra si svilupperà in maniera mutevole e sorprendente, come un “pensiero interrogante”, che osserva il mondo percepito anziché definirlo, dove gli elementi si fanno e si disfano tra geometrie e flussi di colore in una specie di slittamento percettivo.
In tal modo la mostra quasi suggerirà allo spettatore una domanda - Non è forse il fenomeno della volubilità insito nello stesso processo di formazione del pensiero e dunque della creazione?-
Volubile è infatti ciò che è instabile, mutevole, incostante, ma che si apre sempre a nuove ed interessanti prospettive.
Alessia Armeni (1975, Roma, vive e lavora a San Francisco) si è diplomata all’Accademia di Brera, Milano. I suoi dipinti sono studi sulla luce, considerata come elemento rivelatore e costruttore della realtà visibile e mentale. Di recente ha iniziato un progetto performativo, intitolato 24 h painting, in cui riproduce la luce e i suoi cambiamenti durante l’arco di una giornata in una stanza bianca.
Arnold Mario Dall’O (1960, Bolzano, vive e lavora a Merano) ha studiato all'Accademia di Belle Arti a Venezia da Emilio Vedova. Dipinge e crea oggetti lavorando sulla simbologia in senso trasversale: simboli, immagini, rimandi profondamente radicati nell'immaginario collettivo, dai simboli religiosi a quelli storici, dall'anatomia a riferimenti erotici, dai loghi delle più note griffe ad elementi nati dall'artigianato popolare vengono da lui rielaborati in modo originale. Collabora con diverse case editrici.
Ian Davenport (1966, Kent; vive e lavora a Londra), artista noto per la realizzazione di opere dalle linee multicolori. Lo smalto vitreo e la vernice, sgocciolando, tracciano controllate e precise verticali su supporti pesanti e di spessa densità quali l’alluminio.
Mika Tajima (1975, Los Angeles, vive e lavora a New York) crea sagomate forme spaziali, attraverso modulari pannelli che deformano e rendono illusoria e contaminata la riflessione nello specchio.
Peter Zimmermann (1956, Freiburg, vive e lavora a Colonia), artista famoso per le sue composite resine epossidiche, con cui si riappropria della superficie, in declinazioni magmatiche e digitali, inglobando continue forme in espansione.