Stefano Abbiati – Il terzo
Il terzo è l’elemento invisibile. L’elemento emotivo che ci lasciamo alle spalle dopo una partenza e ritroviamo all’arrivo quando ci immergiamo senza inganni nel “viaggio”. In questo nuovo progetto Stefano Abbiati attraverso la sua raffinata ricerca pittorica ci mostra le mappe che ha tracciato durante questo percorso.
Comunicato stampa
Il terzo è l'elemento invisibile. L'elemento emotivo che ci lasciamo alle spalle dopo una partenza e ritroviamo all'arrivo quando ci immergiamo senza inganni nel "viaggio". In questo nuovo progetto Stefano Abbiati attraverso la sua raffinata ricerca pittorica ci mostra le mappe che ha tracciato durante questo percorso. Attraverso la pittura, sulle curve delle setole che trascinano materia sulla tavola, ad ogni suo gesto e ad ogni nostro sguardo si ricompone un panorama emotivo che ci ricongiunge al prima e al dopo nel "terzo" presente.
La mostra si articola nei due spazi espositivi della Romberg in una sequenza di 30 lavori, alcuni solo apparentemente grigi altri costruiti su pochi essenziali colori, vibrano di riflessi accesi e si sciolgono in trasparenze languide in una sorta di mantra visivo si ripetono nel percorso espositivo e nell'occhio, fino ad accendere un caleidoscopio emotivo in cui il "terzo" promesso prenderà sostanza e si svelerà nella suaapparente inafferrabilità.
Raramente oggi la pittura si muove su terreni così incerti, Abbiati recupera il coraggio del saper fare e ci mostra, grazie a una sapiente stratificazione materica, lo stato della pittura. A una prima stesura figurativa su tavola sovrappone a distanza un elemento traslucido in plexiglas abraso, dipinto e inciso con astrazioni monocromatiche che ridisegna l'architettura dell'opera dando corpo a dei parallelepipedi che impongono la loro presenza nello spazio fisico oltre che inquello visivo. Con questo procedimento Abbiati innesca un'oscillazione che ci costringe a rielaborare continuamente il piano di messa a fuoco concettuale dell'opera, fino all'inevitabile deflagrazione del "TERZO".
Questa duplice operazione colloca il lavoro di Abbiati al limite dell'arte concettuale e restituisce alla pittura i mezzi per decodificare il contemporaneo.
Il terzo ricorda il mito della caverna, rielabora l'ombra della pittura e ci parla con una schiettezza concettuale rara.