Simona Bramati – I pensieri regolari mi distruggono
Immagini di donne abbozzate ed esili su cui il tempo si ferma e rivela come l’anima sia fatta di pensieri, di domande come: “Perché in tutte le cose c’è un inizio e una fine?” I tratti delicati dei disegni della Bramati sembrano chiedere questo allo spettatore. Domande sulla morte, e sulla vita, su come le si affronta.
Comunicato stampa
I pensieri regolari mi distruggono
Immagini di donne abbozzate ed esili su cui il tempo si ferma e rivela come l’anima sia fatta di pensieri, di domande come: “Perché in tutte le cose c'è un inizio e una fine?” I tratti delicati dei disegni della Bramati sembrano chiedere questo allo spettatore. Domande sulla morte, e sulla vita, su come le si affronta. Il tema della morte è alla base di molti topoi (immagini ricorrenti in più opere artistiche e letterarie). Ogni uomo - ed ogni artista - si misura inevitabilmente con questo concetto, il momento estremo di ogni esperienza umana. Diverse sono le prospettive e gli ambiti in rapporto ai quali tale concetto può assumere significato. In questi disegni la morte non è però vissuta non come una prova estrema da affrontare con coraggio e con spirito di sacrificio, come un ‘pensiero regolare’, insomma, bensì come la fine di un ciclo e l'inizio di uno nuovo le cui condizioni sono tutte da scoprire, da sperimentare. Se la morte di un essere umano fosse qualcosa di assolutamente sconvolgente le sue conseguenze sarebbero irreparabili. Invece la vita continua. Ma "La vita continua" è un'espressione metafisica, che va al di là dell'apparenza. La vita “continua per tutto" - così andrebbe interpretata. La vita diventa cioè un concetto che include la morte e che caratterizza l'intero universo. La morte, dunque, è solo trasformazione necessaria per un universo che deve rinnovarsi e continuare a esistere attimo dopo attimo nell’immane processo di trasformazione di cui noi non vediamo né l'inizio né la fine.
La consapevolezza di questo dovrebbe portarci a relativizzare le questioni personali, i limiti soggettivi, la stessa paura della morte. Dovrebbe aiutarci a uscire dal “pensiero regolare” e suggerirci che l’unica cosa di cui aver paura è proprio l’incapacità a vivere con naturalezza i limiti della propria umanità
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