Christian Zucconi – Peep-hole
Una vetrina completamente oscurata ad eccezione di una sottilissima fessura. Una riflessione sulla tendenza dell’uomo contemporaneo a porsi come spettatore piuttosto che agente. Un happening della durata di tre interi giorni in cui Christian Zucconi porta in strada meccanismi voyeuristici solitamente tenuti nascosti.
Comunicato stampa
Una vetrina completamente oscurata ad eccezione di una sottilissima fessura. Una riflessione sulla tendenza dell’uomo contemporaneo a porsi come spettatore piuttosto che agente. Un happening della durata di tre interi giorni in cui Christian Zucconi porta in strada meccanismi voyeuristici solitamente tenuti nascosti.
Sul “libretto”, interamente confezionato a mano, numerato e firmato dall’artista, Antonio Mancinelli presenta l’operazione partendo da un pensiero di Christoph Türcke: «Siamo passati dalla percezione più comune alla percezione dell’inconsueto per disegnare, da ultimo, l’inconsueto stesso». E prosegue con una lucida disamina della società contemporanea per arrivare all’idea portante dell’happening: «Viviamo in un flusso di immagini dove ogni gerarchia è sconvolta nell’appiattimento di ogni gerarchia e dove il sistema crea artificiosamente una frastornante gara che dall’informazione passa alla deformazione per finire all’inazione. Tg, reality show, siti di news online sono dispostivi congegnati per suscitare shock visivi che non devono trasformarsi in shock emotivi. Altrimenti verrebbe meno la norma prima de La società dello spettacolo preconizzata dall’omonimo saggio di Guy Debord del ‘67: si evita la rivoluzione quando il lavoratore è un consumatore. Oggi la metamorfosi è andata avanti: da consumatore a spettatore. Non siamo spronati solo a comprare più beni, ma ad assorbire passivamente un puro intrattenimento che non sovverte l’ordine costituito: lo difende e lo tutela. Assuefatti dalla riduzione a pura superficie del Tutto, siamo stati tramutati in vittime e carnefici di un sistema che genera un piano di controllo totale attraverso la totale visibilità. Christian Zucconi invita gli spettatori a consumare il gesto di acquisizione oculare – oculare come una testimonianza – in un luogo pubblico, dove riprodurre un gesto intimo, come guardare una scena di sesso da un peep-hole. Poiché l’azione si svolge all’aperto, esaspera simbolicamente la condizione alienata di noi osservatori osservati, di guardoni guardati, di spioni spiati: non solo da altri umani, ma dagli obiettivi delle banche, delle case, dei semafori, dei cellulari. Il potere non ci opprime più dai Palazzi: ne è fuoriuscito, invischiandoci tra le sue milizie. Chi è il miglior guardiano di un prigioniero, se non un altro prigioniero? L’artista riproduce questo cortocircuito nell’atto voyeuristico e masturbatorio di un vedere che non è un osservare. Ciò che intuiamo dallo spioncino non può essere compreso in altri modi se non indurre lo spettatore a riflettere su stesso. Christian Zucconi desidera che ci si ponga la domanda su una mutazione che, se non è genetica, è sicuramente culturale. Non sta a noi dichiarare cosa o chi vedrete al di là dell’apertura. Ma vorremmo tanto vi causasse uno shock emotivo. Intanto, a forza di scrutarci tra noi, da lassù gli dei non ci regalano uno sguardo da tempo. Troppo tempo».