Jonathan Vivacqua – CR 549
In occasione dell’11a tappa del Giro d’Italia 2013, con arrivo a Erto (Vajont), Dolomiti Contemporanee propone CR 549, installazione ambientale di Jonathan Vivacqua.
Comunicato stampa
Tra la Diga del Vajont e il Nuovo Spazio di Casso, si trova la Falesia di Erto. Spettacolare anfiteatro strapiombante, questa palestra di roccia è luogo ben noto a chi si dedica all'arrampicata sportiva, declinazione contemporanea dell'alpinismo.
549 sono i metri d'aria che separano il centro dell'installazione dallo Spazio di Casso.
500 sono i metri di fettuccia da slackline utilizzata dall'artista, per misurare, questo spazio, ricodificandolo.
Il lavoro di Jonathan Vivacqua lega queste rocce.
Simile a certi incroci di corde da arrampicata, sulle pareti verticali, lungo le vie di salita.
Un'indagine geometrica. Il tentativo di trovare o stabilire le connessioni minime, elementari tra punti ed oggetti. Una misurazione dello spazio attraverso allineamenti, tensioni, traguardi, convergenze, nodi, fulcri. Il tentativo di creare un apparato spaziale sintetico, semplificando l'organizzazione naturale dei rapporti dimensionali, sovrapponendovi una visione al contempo geometrico-scientifica e organica. La volontà di individuare determinati centri di forza e baricentri, perlopiù aerei, per riportarli poi giù, ancorandoli al suolo, dando in questo modo forza plastica al pensiero misurativo.
Questo misurare lo spazio, trovando le connessioni recondite, è una pratica operativa di smascheramenteo della complessità apparente. Di semplificazione. Antilirica.
Immaginare linee, è una pratica esplorativa, che accomuna l'artista, che cerca un'immagine, allo scalatore, che cerca la via.
La slackline, è una delle pratiche più recenti introdotte nell'ambiente dell'arrampicata.
Per cercare l'equilibrio, i climber si esercitano, camminando su sottili fettucce, linee eleastiche tese tra due punti. Ma la slackline, nell'ambiente montano, non è solo un sistema d'allenamento. Similmente all'arrampicata, essa assume una fisionomia propria, diviene ricerca di un rapporto sintonico tra sé e l'ambiente. In questo senso l'highline è cosa ben diversa dalla trickline (l'una introspettiva e intima, l'altra ginnica e giocosa). E forse, l'installazione di Jonathan Vivacqua, depurata dell'elemento performativo, è il primo esempio di rockline, dove l'uomo è interessato a determinare la linea, percorrendola con la mente, e non con il corpo.
Le slack, gli spit, gli ancoraggi, come le corde, sono gli strumenti ordinari di chi arrampica.
Il lavoro installativo si compie, su quella stessa roccia abitualmente utilizzata da chi scala, attraverso questi stessi strumenti.
Il reticolo geometrico, connettendo una serie di punti, genera una figura, che l'artista prefigura e svela.
Le relazioni geometriche sono calcolo, disegno, intuizione, sintesi, progetto, ricerca, rapporto, contatto.
È uno sguardo verticale.
Dritto come sono linee, ripensate in una geometria dell'istinto.
Questa tensione artificiale non replica nulla, e nasce invece nel punto in cui le linee in tensione sono forze applicate (le idee sono sempre direzioni), che trovano il proprio centro complessivo d'equilibrio.
Il lavoro di Dolomiti Contemporanee non si interrompe. Anche quest'estate, per il terzo anno di fila, decine di artisti arriveranno nelle Dolomiti, da tutta Italia e dall'estero. Nel Nuovo Spazio di Casso, e in diverse altre location espositive, essi porteranno le proprie riflessioni, e visioni, di questo ambiente.
Le Dolomiti non sono fossili. Sono una palestra, intellettuale, dove si arrampica, con le mani, con la testa. Climbing attitudes.
Gianluca D'Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee, direttore del nuovo Spazio di Casso