Matteo Galvano – Quando la Ragione incontra la Biro
L’arte di Matteo Galvano acquisisce la sua più splendida forma grazie alla meticolosità nell’uso della Biro. Proprio da questo pensiero nasce l’idea di accostare, al nuovo codice a barre bidimensionale Quick Read Barcode, che fa da logo, parole chiave aventi come iniziali le stesse dell’acronimo QRB.
Comunicato stampa
L’arte di Matteo Galvano acquisisce la sua più splendida forma grazie alla meticolosità nell’uso della Biro. Proprio da questo pensiero nasce l’idea di accostare, al nuovo codice a barre bidimensionale Quick Read Barcode, che fa da logo, parole chiave aventi come iniziali le stesse dell’acronimo QRB.
Così prende vita il titolo della tanto attesa mostra personale, che vorremmo rendere itinerante: Quando la Ragione incontra la Biro, che porta dentro sé il vero e proprio metodo artistico del protagonista. Galvano, prima di iniziare qualunque tipo di rappresentazione architettonica, getta le fondamenta e ne idealizza una planimetria con il solo uso della ragione, per poi permettere all’inchiostro di distribuirsi sul foglio, con differenti intensità, tramite l’azione di rotolamento della sfera posta all’interno della biro guidata dalla sua abile mano.
Inizialmente la penna biro non la si associa all’arte, bensì più al lavoro d’ufficio, ai tempi della scuola, alla routine quotidiana: essa è onnipresente nella società odierna specialmente ai fini della scrittura o della tracciatura di disegni geometrici e schizzi.
Personalmente ritengo opportuno definire con il termine Arte, non solo il risultato finale delle sue opere ma, anche e soprattutto la scelta di adottare una nuova tecnica pittorica capace di donare, ad esse, effetti chiaro-scurali superiori a quelli normalmente raggiungibili con l’uso dei tradizionali e da sempre citati strumenti.
Così come dall’unione di filamenti di seta si ottengono tessuti pregiati ed unici nella brillantezza dei colori cangianti, anche le opere di Galvano lasciano intravedere, a differenti esposizioni dei raggi solari, gli infiniti tratti di un colore nero non più nero.
L’artista non si è mai sentito a suo agio tra i colori, ma sembra che siano proprio loro a voler timidamente apparire, una volta terminata l’opera, volgendo il nero dell’inchiostro ad una colorazione cangiante e donando all’opera differenti ombreggiature capaci di solleticare l’esame visivo.
Protagoniste della mostra saranno le città più care all’artista. Alcune opere rivolgono l’attenzione alla città dalla quale ha tratto le prime ispirazioni durante un viaggio nel 2010: NEW YORK. Il grande continente d’oltreoceano non viene rappresentato dalle architetture più note, bensì da palazzi sconosciuti, presi da angolazioni inaspettate, che l’artista ha saputo rendere “vivi” sulla carta.
Altri quadri saranno dedicati a COMO, culla dell’artista. Un omaggio ai grandi nomi dell’architettura italiana e ad alcuni dei palazzi portatori di grandi memorie e simbolo della sua città. E’ presente anche un’architettura di MILANO nel suo volto meno noto ma certamente più moderno, che ci guida verso il futuro, l’Expo e la globalizzazione.
Soggetto comune a tutte le opere di Galvano è l’architettura, intesa come opera dell’ingegno umano, oltre che disciplina avente come scopo l’organizzazione dello spazio in cui l’essere umano vive la sua quotidianità. Dell’architettura egli evidenzia il mistero di ciò che contiene e la trasparenza di tutto ciò che la circonda, regalando a lui stesso e a chiunque decida di immergersi in un suo quadro, la piena libertà d’immaginazione circa qualsiasi cosa possa essere presente intorno a ciò che già è rappresentato, intorno a quelle misteriose architetture che sembrano dissolversi nella luce. Ecco che la luce si identifica nello spazio, che dà modo alle architetture di respirare e di sfumare, lasciando un senso d’infinito immaginario: lo spazio è concepito come aspetto complesso dell’esperienza umana, aspetto non riducibile al solo senso della vista, poiché i termini Ammirare e Visitare rimandano ad esperienze del tutto differenti a seconda della situazione, dell’ora del giorno e della stagione.
Così l’architettura diventa una meta raggiungibile, in alcune delle sue opere, grazie ad elementi del quotidiano che fanno da guida, in cui l’uomo trova riparo e ripone fiducia: semafori e cartelli stradali non sono, secondo il pensiero di Galvano, ostacoli né tantomeno elementi di disturbo durante il suo momento di maggiore ispirazione, bensì li ricerca. Ognuno di essi sta ad indicare una direzione ordinata verso un luogo preciso, un punto di incontro e di ritrovo, un luogo in cui sentirsi sicuri in situazioni di emergenza.
Da guida, dunque, possono fare sia cose che persone. Sarà proprio una guida a seguire i soci dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – sezione Provinciale di Como - in un’attività di visita culturale all’interno di un museo o di un’esposizione artistica, con la metà di quanto raccolto dalla vendita dei cataloghi: quanto devoluto sarà, infatti, destinato al pagamento del compenso a favore di essa. Tra tanti Enti Benefici si è scelto proprio questo poiché l’artista affronta, in ogni sua opera, il tema della luce come elemento di serenità e del buio come portatore di paure e timori. Coloro i quali quotidianamente convivono con l’impossibilità di godere della semplice luce del Sole e dei colori della natura, meritano di condividere con lui determinate sensazioni e potranno godere di ogni opera che renderemo anche per loro fruibile.
Della palla che, rotolando in una pozzanghera, continuò il suo tragitto lasciandone i segni sul terreno, un non vedente avrebbe colto il suono del suo balzo nell’acqua, mentre László Jósef Biró nel 1938 ha dato importanza a questo, seppur così consueto momento, prendendone spunto per la realizzazione della prima Biro.
Un uomo e la sua Biro firmata PaperMate sono, dunque, protagonisti indiscussi di questa mostra personale e ricordano, per la loro stretta convivenza, una tra le più appassionate parafrasi di Roberto Benigni “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con la biro, l’uomo con la pistola è un uomo morto, perché la biro dà l’eternità”, rivista dall’originaria frase del film “Per un pugno di dollari” diretto da Sergio Leone ed interpretato da Clint Eastwood.
Con questo auguro all’uomo con la biro, di diventare un grande uomo e maestro nell’uso del nuovo strumento vincente, per far sì che di ogni grande idea rimanga il segno su ogni sua opera e nella mente umana, che lo contemplerà sempre.
Testo a cura di
Dott.ssa ROBERTA MACCHIA
Info: ARTISTA: http://www.matteogalvano.it/
GALLERISTA: http://www.estensearte.com/
CURATRICE: [email protected]
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BIOGRAFIA DELL’ARTISTA
Matteo Galvano, nasce a Como il 3 gennaio 1983, e si diploma a Cantù presso l’Istituto d’Arte, dove dedicò i suoi studi alla teoria e alla pratica delle più conosciute tecniche artistiche arrivando ad approfondire l’interesse verso il sorprendente uso di uno strumento quotidiano: la penna biro, creata da László József Bíró nel 1938, anno che, per una buona casualità, contiene le medesime cifre presenti nella sua stessa data di nascita.
Dal 2002 sino ad oggi la sua ricerca artistica evolve di pari passo con la sua abilità nell’uso della biro: tecnica dall’altissimo livello di difficoltà che richiede estrema precisione nel tracciare a mano libera gli innumerevoli segni e tratti, ora più intensi, ora più leggeri, sapendo domare magistralmente l’inchiostro che scivola veloce sulla carta cotone bianca, solo dopo un’attenta e studiata elaborazione dell’idea progettuale. La biro è mossa dalla sapiente mano dell’artista in perfetta sintonia con lui ed ha il compito di tradurre graficamente, con grande calore e d’istinto, tutto ciò che poco prima non era altro che un progetto astratto, senza poter commettere il minimo errore: pena la perdita dell’opera.
Nel 2010 Galvano si reca a New York ed è questo viaggio che imprime una svolta decisiva alla sua ricerca artistica, già maturata anni prima nei suoi studi sulle architetture presenti nel territorio lariano: architetture di estremo interesse che fanno da testimoni ad una delle più alte forme dell’ intelligenza umana e, allo stesso tempo, conservano all’interno le proprie storie e sfumature, lasciando al di fuori di esse un’illimitata libertà d’immaginazione.
L’artista ha ricevuto interessanti recensioni da critici d’arte, giornalisti di quotidiani e riviste specializzate.
Dal 2010 collabora con la Galleria Estense Arte di Cernobbio, che accoglie le sue opere in esposizione permanente.
Dopo aver partecipato ad alcune mostre collettive in Italia e all’estero, i tempi sono maturi per la sua mostra personale che il talentuoso artista vorrebbe rendere itinerante.
Matteo vive e lavora a Como.
Testo a cura di
Dott.ssa Roberta Macchia