Ana Tzarev – Love & peace
Vengono esposti, nell’ambito della Biennale, gli ultimi lavori della pittrice croata, ma naturalizzata americana, che si caratterizza per una particolare attenzione verso i fiori, con pennellate precise e vivaci, tinte luminose che riscrivono profili, forme e contenuti di immagini materiali.
Comunicato stampa
Nelle sale del Museo Diocesano Sant’Apollonia a Venezia, presso il Ponte della Canonica, si inaugura il 29 maggio la mostra di Ana Tzarev “Love & peace - The life of flowers”. Vengono esposti, nell’ambito della Biennale, gli ultimi lavori della pittrice croata, ma naturalizzata americana, che si caratterizza per una particolare attenzione verso i fiori, con pennellate precise e vivaci, tinte luminose che riscrivono profili, forme e contenuti di immagini materiali. I soggetti della Tzarev si inseriscono in una tradizione che è possibile rintracciare nelle ninfee di Monet, nei fiori futuristi di Balla, in quelli intimisti di De Pisis, nei vasi di fiori di Buffet, in quelli secchi di Mafai o rigogliosi di O’Kleefe, fino a quelli carichi di morte di Warhol. Come ha scritto Edward Lucie-Smith, “Ana Tzarev è una pittrice dinamica e visionaria perché ha un costante desiderio di ricreare nelle sue opere, attraverso un particolare linguaggio dell’immagine, la realtà che la circonda”. I suoi fiori prendono forma quasi come su un palcoscenico, diventando gli attori protagonisti di una narrazione che è costituita da cambi di modulazione continui e da prospettive di luce che avvolgono le opere dal di dentro per poi condividerne il calore e la limpidezza. Nitide le scelte prospettiche, sereni gli spunti di osservazione, arricchiti da una materia densa che dà valore alle persone e alle cose.
Nata nel 1937 in Croazia, la Tzarev ha vissuto per molti anni in Nuova Zelanda ed è conosciuta per i suoi dipinti di grandi dimensioni, caratterizzati da colore puro e vibrante e da densità materica, con risultati assai riconoscibili quanto a impronta stilistica e potenza emotiva delle immagini in cui ha rievocato ritualità e vita quotidiana di villaggi fuori della storia, riflettendo nella propria pittura una notevole curiosità e conoscenza della vita e delle tradizioni culturali dei paesi che ha visitato. “I miei quadri – ci ha detto - raccontano storie ricche di diversità, i costumi e le tradizioni che la civiltà forma nel tempo. Ho documento la cultura di oggi per le generazioni future in modo che possano guardare indietro con orgoglio il proprio patrimonio e anche apprezzare le diverse culture che arricchiscono il mondo”.
Nella conoscenza di storia e antropologia culturale di terre diverse come l’Africa, il Giappone, le Hawaii, la Thailandia, la pittrice rimane quasi avvolta in una dimensione ineffabile, evasiva, impalpabile, tanto quanto carnali ed evidenti sono i suoi fiori; questa sua ossessione è un mezzo per arrivare ad una sorta di armonia universale. Le sue opere sono chiaramente riconoscibili per la loro vivacità di colori e l’abbondante uso di tonalità, come ha sottolineato il critico russo Alexander Borovsky descrivendone lo stile: “Ana Tzarev ha imparato come “catturare” le tecniche pittoriche molto rapidamente. Ha sviluppato uno stile potente e gestuale con una energia non dissimile da quella caratteristica dei post-impressionisti: un colore aperto, un tratto di pennello tridimensionale, o meglio, un fuoco di colpi alla deriva nello spazio ottico, un trionfo dell’approccio de-riflettente, spinto verso l’acquisizione e la padronanza di segnali della natura”. Quella che l’artista vuole affermare è dunque la capacità dei fiori di creare un linguaggio comune tra le diverse culture, ricreando sulla tela, con spesso e vivace cromatismo, una varietà di fiori provenienti da tutto il mondo, a testimonianza dell’importanza dell’arte come forza creatrice di positività e comunicazione interculturale. Ha scritto Marco Tonelli: “Più di fiori, ad essere onesti, questi fiori di grandi dimensioni notevoli assomigliano le fauci di animali selvatici minacciosi e desiderosi, e anche volti umani pieni di vita e di passioni e, infine, i sentimenti, gli eccessi del corpo e della psiche. Ecco allora la dimensione metaforica segue quello storico, in cui il fiore è anche un cliché della femminilità, di bellezza e fragilità, di ciò che è fugace, stagionale e deperibile, pulsante e impaziente”.
La mostra è realizzata in collaborazione con il Museo Diocesano di Venezia.