MenAtWork

Informazioni Evento

Luogo
CONCEPT STORE DA A
Via Solimena, 83a , Napoli, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal lunedì al sabato 10:30-13:30 e 16:30-20:00

Vernissage
30/05/2013

ore 19

Contatti
Email: comunicati@mflcomunicazione.it
Generi
arte contemporanea, doppia personale

Una mostra sul lavoro, sul silenzio del lavoro e sulla sua fatica. Parla di sudore, di caldo e di freddo, di terra e di cielo, di rughe arse e di muscoli tesi.

Comunicato stampa

MENATWORK è una mostra sul lavoro, sul silenzio del lavoro e sulla sua fatica. Parla di sudore, di caldo e di freddo, di terra e di cielo, di rughe arse e di muscoli tesi: GIOVEDI 30 MAGGIO 2013 [dalle ore 19.00] gli spazi del concept store "DA A" [Via Solimena | quart. Vomero | Napoli] ospiteranno il vernissage della mostra dei due artisti Marco Puzzo e Luigi Tirino, in programma sino al prossimo 20 giugno 2013.

MENATWORK è una mostra di fotografie: racconta di un iPhone e del mondo che vi si osserva, dal suo piccolo schermo. Foto di scarpe, di mani, di schiene, di fatica e sudore. Ogni foto è un attimo di silenzio, spesso di movimento. Ce ne sono tante e diverse, ma in ciascuna si lascia al lavoro, qualsiasi lavoro, il suo racconto, senza forzare la posa, senza indicare la strada. Alcuni scatti sono rubati, così semplicemente, e in essi è rubato così un attimo di vita altrui. Marco Puzzo - architetto e designer - è l’autore delle foto e racconta questa storia: “non sono un fotografo e non aspiro a diventarlo, da grande. Non sono nemmeno uno scrittore, anche se in realtà ho scritto qualcosa e qualcuno poi lo ha anche letto. In MENATWORK ho solo messo insieme queste mie passioni: ho raccontato una storia, una di quelle serie, usando, come parole, le immagini”.

MENATWORK è una mostra di scultura: tre grossi oggetti prendono forma e appaiono al centro della sala. Sono di ferro, materiale che c’entra per forza con il lavoro, c’entra con la fatica che serve per reggerne il peso. Le sculture parlano della fatica che occorre per modellare la materia, che nasce e si trasforma per volontà dell’uomo. Il processo è descritto, la metamorfosi si compie. La materia, prima grezza, si affina, cede alla forza e si plasma, divenendo lucida, leggera. E l’uomo comprende che la sua realizzazione si compie in questa metamorfosi. Luigi Tirino, artista e artigiano, realizza le sculture e ne racconta un’altra, di storia: “ho realizzato le opere di MENATWORK per lo stesso motivo che mi spinge a migliorare, giorno dopo giorno, nel mio lavoro: la possibilità di creare, dalla materia grezza, un oggetto che sia interessante e che racconti qualcosa, soprattutto a me stesso, ma che inoltre rappresenti il lavoro, l'impegno e la ricerca. Ciò che mi affascina in questa fase della mia vita è la sperimentazione, la fusione di metalli differenti e l'utilizzo della chimica per indagare nuove possibilità di espressione. Il costante impegno, è infine il motore che mi permette ed insistere fino al raggiungimento dell'obiettivo”.

MENATWORK è anche rumore: quello che si accompagna al lavoro, del quale è colonna sonora. Chi visita la mostra viene accolto dal rumore delle macchine, dal suono acuto degli arnesi, dei martelli contro i muri, degli scalpelli e delle pietre. Viene accolto dalla musica della fatica, e del sudore.
Marco e Luigi entrambi musicisti, sanno parlare col suono e col rumore, vanno nelle fabbriche e sui cantieri, per le strade e nei mercati, per rubare le voci del lavoro, miscelarle, montarle ed arricchirle per poi riproporle, raccontando così una nuova storia.

MENATWORK è una speranza: non descrive e mostra solo il lavoro che esiste, quello reale, vissuto: se è vero che il nostro Paese si fonda sul Lavoro, e la sua costituzione lo sancisce e ne fa fondamenta per tutto un popolo, è necessario riprendere tale concetto fondamentale e seminarlo, innaffiarlo e farlo ri-germogliare come un prato che si rinnova nella stagione calda, come un campo di fiori multicolori che si possono cogliere, portare a casa, con i quali decorare angoli e tavoli del nostro quotidiano.
I fiori sbocciati sono esili elementi in ferro, con una salda base, uno stelo e una lettera/fiore. Non sono pochi, ma nemmeno tanti. Sono giusto 48, tanti quante sono le lettere che compongono la prima parte del 1° articolo della nostra Costituzione, che pone il lavoro come fondamenta del nostro Paese.
Un giardino, un campo di fiori: piccoli totem che formano un tutto con un valore simbolico elevatissimo, che va ben al di là della somma dei singoli. Ogni fiore è pezzo unico, legato all’evento e come tale è opera con una volontà d’arte ben definita, che possiede una carta di identità che lo identifica come singolo/parte/di/un/tutto che lo accompagna se un visitatore lo sceglie, lo prende e lo porta via.
I 48 fiori, simbolo del lavoro e della realizzazione dell’uomo in esso, si divideranno al termine della mostra e fioriranno in 48 altri e diversi luoghi, portatori di un messaggio di speranza e di riscatto.
Il giardino racconta l’ultima storia, quella più solenne e impalpabile, che contiene nel suo grembo il germoglio di tutte le altre.